Educazione Civica e Scienze in aula

Diario di bordo di un anno particolare, 1

In un anno ricco di fragilità e incertezze, è ancora più importante potenziare il valore delle esperienze nel percorso di apprendimento dei bambini, portando momenti di scuola “fuori”. Non si tratta di praticare una scuola “outdoor” in toto, o di trasferire all’esterno attività normalmente proposte al banco, ma di progettare – all’interno dei nostri percorsi curricolari – delle esperienze preziose di lavoro all’aperto, che possano arricchire lezioni in parte affrontate in aula e legittimare routines di cura molto semplici e al tempo stesso molto formative.

La letteratura di settore chiama la modalità di lavoro cui farò riferimento, curiosamente ma molto significativamente, dirty teaching.
L’espressione rimanda proprio a quello sporcarsi le mani laboratoriale, senza il pregiudizio ideologico che le esperienze all’aperto siano necessariamente più importanti o più facili, più efficaci o più pedagogicamente corrette, ma con la consapevolezza che “fuori” abbiamo un grande potenziale di apprendimento e che se siamo abituati a fare una didattica efficace in aula, possiamo fare spazio ad altrettanto efficaci esperienze fuori, fuori dalla classe e fuori dalle mura scolastiche.

Quest’anno insegno in classe quarta. A fine settembre, nel comune in cui lavoro, è stato organizzato un momento di confronto tra cittadini, gruppo di giovani dell’associazione Fridays For Future locale e istituzioni comunali per sensibilizzare alla difesa della biodiversità. Un’occasione che immediatamente ho riconosciuto come da non perdere per mostrare ai ragazzi che cosa significa esercitare la cittadinanza, dialogare con le realtà locali e avvicinarsi alle istituzioni, a cui quindi abbiamo partecipato con entusiasmo, rispettando i dovuti distanziamenti e le necessarie precauzioni.
Durante questa iniziativa sono state piantumate diverse specie di arbusti autoctoni nel parco comunale di fianco alla nostra scuola. Una volta rientrati a scuola è stato utilissimo proseguire nell’esplorazione del concetto di biodiversità. Che cosa significa questa parola? Da quando esiste? Perché è così presente nei discorsi degli ecologisti oggi?
Sono serviti dizionario etimologico e diverse fonti per capire con precisione il senso di questo vocabolo che non appartiene alla quotidianità dei bambini ma che molti di loro avevano già intercettato. Sono state però alcune attività svolte rispettivamente all’aperto, nel giardino della scuola, e poi in un tempo-spazio “tra casa e scuola” che maggiormente hanno permesso ai bambini di fare proprio il tema.

Sono dell’idea che senza “conoscere da vicino” difficilmente ci si possa appassionare di qualcuno o qualcosa. Così, come prima attività “sulla pelle”, all’aperto, in un momento in cui tra l’altro è sicuramente più sano stare fuori che dentro l’aula, siamo andati a caccia di biodiversità nel grande giardino della nostra scuola. Gli alunni avevano a disposizione un taccuino, una matita, e una cornice in cartoncino entro la quale “fotografare” con il loro sguardo una porzione di biodiversità.
Dentro la cornice, cioè, dovevano riuscire a vedere un piccolo angolo di biodiversità: un trifoglio che cresce accanto a una piantaggine? Una formica che risale lo stelo di un dente di leone? Una farfalla che si posa sulla corteccia di uno dei nostri grandi tigli, proprio accanto a un muschio verde smeraldo e a un lichene? A seconda di dove i bambini decidevano di puntare la propria cornice, avrebbero affinato lo sguardo e fatto considerazioni sulla presenza più o meno abbondante di biodiversità e ne avrebbero “fotografato” con attenzione i particolari sul proprio taccuino.
Ai nostri “scatti di biodiversità”, che abbiamo condiviso e presentato ai compagni, sono seguite ricerche e altri stimoli nelle settimane successive.

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Tra queste, la proposta presente nel volume Civicamente: La biodiversità: ricchezza di tutti.
Dopo aver visto su youtube il filmato (La nostra banca dati del cibo - science) suggerito nella scheda, relativo alla presenza di un santuario dei semi, una sorta di banca mondiale delle colture del pianeta, custodito alle isole Svalbard, in Norvegia, abbiamo pensato di creare anche noi il nostro archivio dei semi speciali. Li abbiamo catalogati e messi in un luogo in cui possano essere custoditi, accompagnati dalle informazioni che servono per ricordarci perché sono per noi così speciali.

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È stata un’occasione per lavorare collaborativamente e in un clima di grande condivisione, facendo squadra, pur rispettando l’impossibilità di manipolare strumenti e materiali.
I bambini si sono mobilitati molto volentieri. Nel giro di un paio di settimane abbiamo avuto tra le mani già una ventina di specie differenti di semi speciali, affettivamente preziosi per noi: i nostri semi, dalle Belle di notte del giardino di Giada ai semi di peperoncino piccante di Andrea, ai semi di zucca di Pietro, diversi da quelli della zucca di Gaia, al seme della mela mangiata a scuola da Sara, sono ormai buoni conoscenti e diventeranno presto amici grazie alle attività che potremo fare, come i giochi con flashcard fotografiche e le ricerche che ne scaturiranno

Evviva la biodiversità, parola amica, vicina di banco e di prato.

Referenze iconografiche: SewCream/Shutterstock

Laura Papetti

ha lavorato per anni come progettista editoriale nel settore scolastico. Da alcuni anni è docente di scuola primaria nella provincia di Monza e della Brianza e collabora con Sanoma Italia in qualità di autrice e consulente editoriale.