Sviluppare competenze linguistiche e civiche con il debate
Diario di bordo di un anno particolare, 2
Nel mese di ottobre mi è capitato tra le mani l’articolo della rivista Internazionale Kids, cui la mia classe è abbonata, che riportava la notizia dell’opera di Banksy realizzata a luglio dentro un vagone della metropolitana londinese: una serie di topi in salvo grazie a mascherine usate come paracadute. Voleva essere un invito per tutti a usare le mascherine per proteggersi dal virus che sta circolando in questo faticoso 2020.
L’articolo pone il focus non tanto sull’opera in sé, quanto sul fatto che gli addetti alle pulizie della metropolitana londinese abbiano cancellato il graffito del famosissimo street artist poche ore dopo la sua realizzazione, perché si trattava di fatto di imbrattamento illegale di un mezzo pubblico. Rimane dunque solo un video, girato per conto dello stesso Banksy, che documenta il fatto accaduto una mattina di luglio in un vagone qualsiasi della Tube, sotto la pulsante Londra.
Seguendo il contributo nella rivista, che propone ai lettori una presa di posizione, ci siamo chiesti se fossimo più propensi a considerare l’atto di Banksy come un’opera di comunicazione artistica, in quanto tale da rispettare e preservare, o come atto di vandalismo, dunque da sanzionare e rimuovere. Partendo da Banksy, di cui nei giorni successivi siamo andati a scoprire sul web le opere più note e clamorose, il discorso è diventato più ampio e ha mosso posizioni molto differenti: è possibile distinguere, rispetto alle opere dei graffiters urbani, quando si tratta di arte e quando invece no? Un’opera artistica, realizzata illegalmente in spazi non destinati all’arte, ha il diritto di essere valorizzata e custodita? Come si distingue un atto di vandalismo da un’opera d’arte?
Successivamente, ispirandoci a un’attività presente nel volume Civicamente, siamo usciti dall’aula e abbiamo simulato un vero e proprio dibattito, trasformando lo spazio aperto in un grande misuratore di opinioni. Abbiamo sintetizzato il tema da discutere con una frase (L’arte deve essere libera e dunque è sempre da accogliere e difendere, anche se realizzata illegalmente su muri o spazi pubblici) e ai due estremi del nostro spazio abbiamo collocato un foglio con un grande Sì e uno con un grande No. Gli alunni hanno avuto modo di riflettere sulla frase e sono andati poi a posizionarsi accanto al sì, oppure al no, o anche in una zona centrale, per chi fosse dubbioso o ritenesse che non si possa decidere così, a priori. Altri alunni ancora si sono collocati in zone intermedie. È stato interessante fotografare l’effetto finale del posizionamento dei diversi alunni in base alle loro convinzioni. Gli alunni che si sono ritrovati dalla stessa parte hanno dovuto poi affrontare il compito di “difendere” e anzi “promuovere” la propria opinione argomentandola, portando cioè buone e convincenti ragioni per condividerla. Lo spazio ampio ha permesso ai bambini di confrontarsi in libertà, di mettere in atto libere esercitazioni di retorica, come accadeva all’epoca degli antichi romani, e rimodulare i propri argomenti, fino a raggiungere insieme il discorso ritenuto più strategico per convincere i compagni ancora dubbiosi.
In seguito, ogni gruppo ha nominato uno o più “oratori ufficiali” per declamare il proprio discorso in uno spazio che si è trasformato, per l’occasione, in una sorta di ampio tribunale delle idee. Di fronte a ogni discorso, le controparti erano chiamate all’ascolto sincero e rispettoso. Infine, la classe è stata invitata a riposizionarsi, alla luce delle convinzioni che i diversi gruppi avevano avuto modo di condividere.
È stato bello vedere come alcuni alunni dubbiosi si siano fisicamente avvicinati all’una o all’altra posizione, e che qualcuno abbia addirittura cambiato opinione dopo il dibattito, e sia andato a ricollocarsi senza sentirsi per questo debole o criticabile. È anzi segno di grande maturità saper cambiare idea se le motivazioni sono valide.
Ma che cosa caratterizza la pratica del debate, e perché è così di moda in ambito educativo?
Ogni gruppo si ritrova e analizza quali argomenti possono portare in modo inequivocabile a sostenere e condividere la posizione del gruppo stesso. Il lavoro di preparazione a quello che sarà il dibattito vero e proprio è il cuore della pratica, perché mette in gioco cooperazione e abilità comunicative tra pari, permette a tutti di esprimersi e contribuire. Nel trovare le motivazioni alla propria opinione e nel selezionare come comunicarla ai compagni di vedute opposte o scettici, si gioca un intenso lavoro di confronto, che coinvolge il livello dei valori, delle convinzioni, e al tempo stesso la sfera del linguaggio. Una pratica ricchissima, quindi, da riproporre con regolarità, magari a partire dalla lettura di quotidiani e notizie tratte da diversi media.
Il nostro lavoro è proseguito poi a livello interdisciplinare riprendendo e osservando attentamente una delle opere più famose di Banksy, Il lanciatore di fiori, e seguendo la proposta Costruire la pace: give peace a chance! del volume Civicamente abbiamo provato ad attualizzare questa icona di pacifismo chiedendoci: “Che cosa sarebbe utile lanciare oggi nel mondo?”, “Di quali elementi ha bisogno il nostro pianeta oggi per stare bene?”.
Gli alunni hanno pertanto lavorato con l’immagine provvedendo alla sostituzione del mazzo di fiori con altri elementi simbolici. È stato emozionante guardare a che cosa abbiano pensato di mettere in mano al manifestante più famoso del mondo: da mascherine anti-covid al tanto sospirato vaccino contro il virus, ad alberi per riparare i danni dell’inquinamento nel pianeta, a libri, perché la lettura dà benessere a tutti.
Più avanti ci siamo documentati sulla street art italiana e siamo andati via web a conoscere alcuni famosi graffiters nostrani, come Millo o Blu. Abbiamo analizzato le loro tecniche di lavoro, compreso come fanno a realizzare opere così grandi, e ci siamo cimentati con l’ingrandimento di una figura attraverso la tecnica del reticolo.
Abbiamo infine (ma il percorso potrebbe non finire mai!) studiato il progetto OrMe del quartiere Ortica di Milano, visionabile a questo sito OR.ME – ORTICA MEMORIA, testimonianza di un dialogo tra artisti di strada e istituzioni: ecco che laddove l’arte dei murales incontra l’apertura dei soggetti politici della città, si può rinnovare e valorizzare un quartiere altamente cementificato, ma ricco di storia, una storia tutta da raccontare attraverso il linguaggio universale delle immagini.
Appena sarà possibile, andremo a fare una passeggiata proprio lì.
Referenze iconografiche: Shutterstock/Shutterstock