Preadolescenti e Novecento: due mondi lontani?
La letteratura del Novecento è difficile. Ai ragazzi delle medie non piace la letteratura del Novecento. Due considerazioni vere entrambe. Apparentemente, preadolescenza e Novecento sono lontanissimi: tanto la letteratura del Novecento frammenta il mondo in una molteplicità di punti di vista, è introspettiva e piena di personaggi che riflettono più che agire, quanto i ragazzi di questa età prediligono l'azione, la narrazione e l'unità. Li ho visti non essere mai stanchi del viaggio di Dante, entrare senza remore nelle osterie di Cecco Angiolieri e appassionarsi di quello straordinario racconto biografico che è la Vita nova, ridere di gusto con Boccaccio e pendere dalle mie labbra con le avventure di Orlando o di Renzo; tutto questo con il Novecento si fa difficile perché più rare sono la componente di stupore e meraviglia, la possibilità di immedesimarsi e le storie raccontate ordinatamente con un antefatto, un fatto e una conclusione. La letteratura italiana del Novecento prevede la conoscenza di fatti storici che i ragazzi non acquisiscono più dai racconti di parenti che hanno combattuto, che sono stati testimoni di eccidi di guerra, che hanno vissuto o conosciuto la resistenza; quindi il docente deve aiutarli a ricostruire e comprendere categorie complesse come fascismo e nazismo, resistenza, comunismo e capitalismo.
Tuttavia, le opere del Novecento possono diventare una miniera d'oro per l'educazione linguistica e letteraria, per affrontare temi complessi e per aiutare i ragazzi a fare la stessa esperienza che vive Levi quando insegna il canto di Ulisse all'interno del campo di concentramento di Auschwitz «Fu come se lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento ho dimenticato chi sono e dove sono.»
Scegliere brani semplici o testi letterari?
Coi ragazzi della secondaria di primo grado possiamo permetterci il lusso di partire dal testo e provare a vedere "cosa ha da dirci", e rinviare a quando saranno più grandi, quando si saranno fatti le ossa, il tempo di introdurre la storia della letteratura. Ciò che ci interessa ora è che leggano, sappiano comprendere un testo, raccontarlo, esprimere un loro parere e possano sperimentarne le tecniche narrative. Solitamente le antologie dedicano una grande parte all'analisi testuale alla fine di ogni brano; la mia proposta è usare, all'interno dei laboratori di scrittura e lettura, i testi che vi proporrò come modelli di tecniche narrative e stilistiche, utilizzando esercizi di ricalco.
Alla obiezione che per affrontare certi temi o per insegnare a scrivere non sia necessario ricorrere a testi letterari, ma possano essere più funzionali brani semplici e a misura di ragazzo, rispondo che scelgo testi letterari invece che opere di consumo o documentarie perché ritengo un dovere imprescindibile della scuola aiutare i ragazzi a «rinunciare a un piacere facile per un'esperienza difficile, che ha però per noi in serbo un aiuto, in vista della comprensione autentica della realtà» (Massimo Onofri La ragione in contumacia, Roma, Donzelli 2007).
Ho provato coi romanzi…
Da anni cerco un romanzo del Novecento che possa essere letto con i miei ragazzi: ho provato con il Barone rampante di Calvino, che amai a 14 anni, ma è stato un disastro; lo stesso vale per Una questione privata di Fenoglio; è andata un po' meglio coi Sentieri dei nidi di ragno, perché Pin è un adolescente ribelle e come tale si comporta e cerca ciò che vuole ogni adolescente, essere amato.
Ad oggi sono due i romanzi che propongo per la lettura ad alta voce in classe: Il giorno della civetta di Sciascia e Cosma e i briganti di Moravia.
In seconda o in terza, all'interno di un percorso sulla legalità, il giallo e la mafia, leggiamo insieme Il giorno della civetta di Sciascia. È un percorso in cui inserisco altri tre romanzi contemporanei, scritti per i ragazzi: Per questo mi chiamo Giovanni di Luigi Garlando, Volevo nascere vento di Andrea Gentile, Io dentro gli spari di Silvana Gandolfi e la graphic novel Peppino Impastato un giullare contro la mafia.
Un testo ideale per i ragazzi, tutto incentrato com'è su trama e narrazione, è Cosma e i briganti di Moravia (a cura di Giuliana Nuvoli, Palermo, Sellerio 1997): si tratta di un romanzo breve, una novella d'avventura e di beffa costruita in modo tradizionale. Il testo racconta le peripezie cui va incontro il giovane Cosma, al quale il padre affida il compito di vendere i gioielli nella città vicina: attraverso una serie di rocambolesche vicende, Cosma riesce a salvare la sua vita e i gioielli da un tentativo di furto da parte del socio. Il racconto è pieno di colpi di scena e soluzioni inattese: la prima parte si chiude con la presunta uccisione di Cosma, la seconda si apre dal suo rinvenimento fino alla soluzione finale del racconto con la fuga della brigantessa Albina. I personaggi sono delineati in modo plastico, con abbondanza di particolari e un sapiente uso dell'aggettivazione: un'ottima occasione per far esercitare i ragazzi sulla presentazione e descrizione dei personaggi.
… ma preferisco i racconti
Ritengo però che, parlando di Novecento, sia il racconto il genere migliore da usare coi ragazzi. I racconti sopperiscono al grande limite dell'antologia scolastica costituito dalla necessità di presentare quasi sempre porzioni di testo: anche quando il taglio è ben fatto, anche quando lo si fa selezionando pagine in cui prevalga l'aspetto formale e stilistico, resta sempre nello studente il grande interrogativo su che cosa ci sia prima e dopo, la sensazione di leggere qualcosa di monco, di perdere il filo del racconto, aspetto fondamentale per chi si avvicina alla letteratura per la prima volta e deve poter godere della narrazione, prima che della lingua e dello stile. Un romanzo non è fatto per essere sezionato e, quantomeno i grandi testi, ne escono, spesso, mutilati. Il racconto, al contrario, è un testo chiuso, coerente e coeso e, proprio perché deve esaurirsi in uno spazio breve, pregnante, incisivo e folgorante.
Nella tabella allegata a fine articolo è presentata una serie di racconti classificati per temi e per tecnica narrativa: questa suddivisione permette di poterli utilizzare sia in percorsi tematici, sia come modelli stilistici e narrativi.
Qualche esempio d'uso dei racconti del Novecento: tra temi ed esercizi di scrittura
Qualche proposta per esercizi di scrittura
Nella classe prima si affronta la descrizione come tecnica narrativa: un ottimo mentor text in questo senso può essere È stato il vento di Piero Chiara (da Ora ti conto un fatto, a cura di Federico Roncoroni, Mondadori, Milano 1980). Il racconto si apre con la descrizione di un paese sul lago nelle morse del freddo: «nelle ore della notte il vento penetra ovunque e insinua il freddo dentro i muri, nei tronchi degli alberi, nel cuore dei sassi e fino al centro delle quattro palle di cannone che sostengono le catene, intorno al monumento dei caduti». Il freddo viene qui personificato e diventa l'autore di una vendetta nei confronti di un vecchio pensionato colpevole di lamentarsi del suo eccessivo rigore, ma il narratore prima ci offre il ritratto di una città di provincia, con le strade, le piazze, le scuole e le osterie. Dopo aver analizzato insieme ai ragazzi come procede la narrazione, il numero degli aggettivi usati, la scelta del lessico, lo sguardo da cui si muove la narrazione, sarà semplice chiedere loro di produrre una descrizione, raccontando ciò che vedono nel loro quartiere d'inverno.
Allo stesso modo un lavoro interessante si può svolgere a partire dal racconto Altri di Goffredo Parise (da Opere, a cura di B. Callegher e M. Portello, vol. II Mondadori, Milano 1989): è il giorno di ferragosto del 1938 e un bambino di otto anni «con la testa molto rotonda ma fragile», lasciato solo dalla governante, incontra sulla spiaggia un uomo che gli chiede di tenergli gli abiti mentre fa il bagno. Non conosciamo nulla dei due protagonisti, possiamo ricavare che appartengono a due classi sociali del tutto diverse. La tecnica del ricalco qui proposta consiste nel continuare il racconto nel punto in cui si interrompe cercando di rispondere alle questioni lasciate aperte: cosa succede all'uomo? Chi è?
Il genere fantastico piace sempre
Discorso a parte merita il racconto fantastico, un genere molto apprezzato perché possiede caratteristiche in grado di affascinare i ragazzi: il mistero, la magia, la suspense. I racconti di Buzzati piacciono molto: il suo stile è paratattico, mai sciatto e banale, l'autore riesce a utilizzare le parole del linguaggio parlato, né ricercate, né artificiose; parole che ciascuno di noi usa nella vita di tutti i giorni, ma che sono cesellate in modo tale da concorrere a creare mondi nuovi e atmosfere oniriche e suggestive. Egli stesso afferma che più il soggetto è fantastico più il racconto deve essere nudo, semplice e stringato, una cronaca, insomma. Buzzati scrive "paura" quando si tratta di "paura", ma sa accostare l'aggettivo giusto, sa creare l'atmosfera di angoscia e l'ansia che ne deriva. È un cronista e come tale si muove: molti dei suoi racconti sembrano uscire dalle pagine di cronaca, imponendo al lettore il patto narrativo di verosimiglianza proprio di un giornale quotidiano (è vero c'è scritto sul giornale!), eppure dopo poche righe si viene immessi nel mondo del sogno, nell'assurdo nel surreale. La sua è una scrittura che affascina i ragazzi perché la capiscono senza difficoltà; spetta poi al docente mostrare la straordinaria bravura dell'autore che lavora in levare, come solo i grandi sanno fare. I singoli racconti permettono di affrontare temi universali: è il caso del Colombre (da Il Colombre, Mondadori, Milano 2013) che descrive, in modo allegorico, il concetto del desire, ciò che vogliamo e ciò di cui abbiamo bisogno, oppure de I giorni perduti (da 180 racconti, Mondadori, Milano 1982), malinconica e tragica interpretazione del carpe diem oraziano. Entrambi questi racconti sono perfetti per un percorso di orientamento o per un lavoro sull'autobiografia.
Qualche proposta su base tematica
Affrontando il tema attualissimo dei migranti, il racconto di Sciascia Il lungo viaggio (tratto da Il mare color del vino, Adelphi, Milano 1996) fornisce spunti sufficienti per indagare la situazione italiana e siciliana nel dopoguerra. Un anonimo gruppo di poveri siciliani «con le loro valigie di cartoni e i loro fagotti» si imbarca di notte sul piroscafo dell'ambiguo e avido signor Melfa, che per «duecentocinquantamilalire metà alla partenza metà all'arrivo» promette di portarli in America dopo 11 giorni: analogamente ai moderni migranti «avevano venduto tutto quello che avevano da vendere per racimolarli». L'America è un mito, un luogo di ricchezza e gioia, vissuto di riflesso al benessere intravisto e immaginato nei parenti emigrati, mentre la Sicilia è descritta con il suo entroterra arido, coi campi biondi di grano e con il mare minaccioso e aperto. Il finale tocca un tema caro all'autore: la speranza e l'illusione del cambiamento. Sbarcati dopo undici notti di promiscuità soffocante scoprono che l'America tanto agognata non è affatto diversa: le auto sono le stesse, pare di udire «un carrettiere nostro», le scritte sui cartelli sono in italiano; non resta loro che buttarsi «schiantati sull'orlo della cunetta: che non c'era fretta di portare agli altri la notizia che erano sbarcati in Sicilia».
Altri racconti che trattano il tema della povertà dell'Italia sono Un paio di occhiali di Anna Maria Ortese (da Il mare non bagna Napoli, Einaudi, Torino 1953) e Viaggio di nozze di Corrado Alvaro (da Romanzi e racconti, a cura di G. Pampaloni, Bompiani, Milano 1990), Lo sgombero di Vasco Pratolini (da Diario sentimentale, Mondadori, Milano 1995) e Andare verso il popolo di Alberto Moravia (da Racconti, Bompiani, Milano 1954).
Un racconto d'amore sui generis che ha come sfondo le periferie degradate è Pronto Soccorso e Beauty case di Stefano Benni (da Il bar sotto il mare, Feltrinelli, Milano 1993) in cui l'autore usa l'ironia, il registro informale, il gusto per il gioco di parole e l'assurdo. Con uno stile semplice e paratattico ci racconta di come in una di quelle zone malfamate che potremmo trovare ai margini di una qualsiasi grande metropoli nasca una tenera storia d'amore tra un giovane ladro di motociclette, Pronto Soccorso, e una aspirante parrucchiera, Beauty case. I due protagonisti vengono presentati attraverso il loro mondo familiare e il quartiere, regno di delinquenza ma pieno di grande solidarietà. La loro storia d'amore è capace di trasformare i ladri e i malfattori di Manolenza in paladini pronti a soccorrere i due innamorati dai terribili blocchetti delle multe di Joe Blocchetto. Questo racconto è efficace per introdurre la scrittura ironica e comica, oppure per mostrare un modo non retorico e diverso di presentare l'amore.
Tralasciando molti altri percorsi possibili (la resistenza, il fascismo, le conseguenze psicologiche della guerra, la natura che si ribella all'uomo, la sfida di crescere) per concludere, presentiamo un racconto piuttosto complesso che è ideale per affrontare con i ragazzi la difficoltà del passaggio nell'età adulta: Il processo di Mary Dugan (da ll processo di Mary Dugan e altri racconti, Einaudi Torino 1972) di Romano Bilenchi, un grande narratore dell'adolescenza, descritta non come un periodo mitico ma un momento dolce amaro gravato da tutto il peso della metamorfosi verso l'età adulta. Scenario del racconto non è la città o il quartiere, ma la casa in cui, oltre allo scrittore, vivono il nonno e la madre: in questa casa si intrecciano affetti, gelosie, solidarietà e rancori tra il protagonista e i suoi amici. L'evento tragico che spezza il patto di amicizia è un semplice scherzo malriuscito da parte del protagonista al cugino Aldo, colpevole a suo dire di volergli rubare gli amici. Caratteristica dell'adolescenza è amplificare e ingigantire la portata degli eventi, così alla fine il protagonista, abbandonato dagli amici e deriso dai compagni del liceo racconta: «me ne stavo chiuso in camera: ne uscii solo un pomeriggio per salire in soffitta […] del resto non me ne importava, volevo soffrire a lungo».
Come gli adolescenti di ogni mondo e paese, si rintana in camera, «se ne sta chiuso»; il pronome ne è ripetuto poco dopo insieme a un verbo di significato opposto, cioè uscii, eppure è un uscire apparente, dal momento che sale e si ferma di nuovo in un ambiente chiuso. Il sintagma non me ne importava è gergale e proprio del linguaggio giovanile e tipico dell'età è il volere soffrire, il chiudersi in sé stessi.
Leggere racconti letterari è occasione per analizzare una lingua alta, bella e diversa dal neoitaliano che i ragazzi usano tutti i giorni e, per dirla come mi disse Marco, alla fine della lettura del brano sopracitato: «Prof. era esattamente quello che avrei voluto dire io, ma non avevo le parole».
Referenze iconografiche: Always Say YESS/Shutterstock