La programmazione e il curricolo
La programmazione, oltre a essere un indispensabile strumento di lavoro, rappresenta un luogo privilegiato di scelte, educative e didattiche, e di condivisione. Non si tratta di un atto burocratico dovuto, ma di un importante momento operativo in cui il docente pianifica il lavoro didattico sulla base dei tempi, degli spazi e delle risorse che ha a disposizione; stabilisce gli obiettivi formativi e le relative modalità operative e ha l’opportunità di individuare degli spazi di condivisione in cui interagire e cooperare con gli altri colleghi del Consiglio di classe, nella proposta educativa e didattica alla classe, con unitarietà di intenti. Essa ha finalità ben precise: facilitare l’apprendimento degli alunni e rendere il lavoro del docente più efficace, conferendogli organicità; individuare i collegamenti disciplinari, le metodologie e gli strumenti con cui conseguire gli obiettivi prefissati. Le fasi della programmazione possono essere così definite:
- Analisi della situazione di partenza e definizione dei livelli
- Accertamento dei prerequisiti tramite prove di ingresso
- Definizione degli obiettivi e delle competenze
- Scansione in unità didattiche dei contenuti
- Definizione dei metodi
- Strumenti
- Verifica e valutazione
- Recupero
Da alcuni anni accanto al termine «programmazione» è comparso il termine «curricolo». Spesso confusi e erroneamente ritenuti quasi sinonimi, i due termini indicano, invece, attività e piani di lavoro diversi, ma strettamente collegati. Fondamentalmente, il curricolo è una sintesi della progettazione della scuola all’interno della quale si sviluppano le singole programmazioni disciplinari. Il curricolo nasce quindi per superare la logica della programmazione individuale e di classe e far sì che tutta la scuola operi in modo unitario, nel rispetto delle Indicazioni Nazionali, e in un’ottica di apprendimento permanente. Il focus del curricolo non è la disciplina da insegnare con i suoi obiettivi specifici, ma l’alunno e il suo processo di apprendimento. Per fare questo, la scuola deve identificare le competenze da sviluppare attraverso le discipline. Al termine dei tre anni della scuola secondaria di primo grado, è richiesta, infatti, proprio la certificazione delle competenze acquisite.
1. Analisi della situazione di partenza e definizione dei livelli
È il momento più importante perché da questa analisi scaturiscono gli obiettivi, i contenuti e i metodi. Trattandosi di una classe prima, il docente non conosce le effettive capacità e potenzialità degli alunni e quindi non è in grado, da subito, di poter definire la situazione culturale e relazionale della classe. In questa fase è bene non fidarsi solo delle proprie impressioni, ma individuare, per quanto possibile, le condizioni oggettive della classe, attraverso le prove di ingresso. Sulla base dei dati rilevati sarà possibile suddividere gli alunni in tre fasce di livello: livello basso (voti inferiori alla sufficienza), livello medio (voti dal 6 al 7), livello alto (voti dall’8 al 10).
2. Accertamento dei prerequisiti tramite prove di ingresso
Oggi, quasi tutti i manuali e le guide allegate ai libri di testo offrono per l’accertamento dei prerequisiti prove già strutturate oppure spunti per costruirle. Per una classe prima sarebbe utile somministrare almeno quattro prove:
- grammatica: la prova dovrà essere finalizzata ad accertare la correttezza ortografica e grammaticale. Consigliamo quindi di utilizzare soprattutto esercizi di correzione, per verificare quanto i nostri alunni siano in grado di individuare gli errori;
- comprensione del testo scritto: un brano narrativo con domande di comprensione, meglio se strutturata come prova Invalsi;
- produzione del testo: una prova di scrittura in cui si chiede, per esempio, di descrivere un determinato oggetto/persona/luogo in un determinato numero di righe. Dal nostro punto di vista sarebbe meglio evitare prove in cui i ragazzi devono raccontare, in quanto entrerebbero in gioco altre abilità che potrebbero compromettere la prova. Lo scopo è verificare la correttezza e l’organicità della scrittura non le abilità di invenzione e narrazione;
3. Definizione degli obiettivi e delle competenze
Perché gli obiettivi non restino sulla carta ma vengano comunicati, discussi e condivisi, devono essere formulati in modo chiaro, affinché l’alunno possa comprenderli. Ciascuno deve avere ben chiaro da subito qual è il punto di arrivo del proprio percorso educativo e didattico, quale meta deve raggiungere, in modo da essere consapevole il più possibile, del proprio apprendimento. Per questo motivo, sarebbe meglio formulare pochi obiettivi ma incisivi.
Gli obiettivi specifici legati ai saperi disciplinari vengono individuati all’interno delle unità che si intendono affrontare in classe. Dopo aver stilato gli obiettivi (e ricordiamo che quelli indicati vogliono essere solo un esempio) e individuato i contenuti da proporre alla classe, la sfida sul piano progettuale è quella di finalizzare il tutto al raggiungimento delle competenze. La normativa ha fornito un’architettura precisa che il docente deve poi calare nella sua realtà, adattandola alle esigenze della sua classe. Per programmare per competenze diventa necessario progettare «unità di competenze», vale a dire unità di lavoro che prevedano il raggiungimento di competenze disciplinari o trasversali che potranno essere impiegate dall’alunno sia in contesto scolastico sia in contesto extrascolastico. Il docente quindi potrà scandire i contenuti della sua programmazione in unità didattiche, individuando le conoscenze e le abilità necessarie all’apprendimento di quel contenuto, per poi stilare l’unità per competenza.
4. Scansione in unità didattiche e di competenza
Gli argomenti da svolgere in classe vengono suddivisi dal docente in unità didattiche (U.D.) in base alle capacità e ai tempi di apprendimento degli alunni; all’interno dell’U.D. è necessario seguire un criterio di gradualità. Le unità didattiche qui presentate seguono l’ordine temporale con cui vengono proposte in classe. Generalmente ogni U.D. ha la durata di circa un mese. Le unità didattiche 6 e 7, rispettivamente dedicate all’epica e alla riflessione linguistica, invece, si sviluppano su più mesi se non per tutto l’anno, parallelamente allo svolgimento delle altre unità e quindi sono state posizionate in fondo, ma sarà il docente a decidere quando iniziare a svolgerle.
5. Definizione dei metodi
Solitamente, le scelte metodologiche generali appartengono alla collegialità, e ciascun docente le personalizzerà secondo il proprio stile di insegnamento. Le metodologie più significative sono:
- lezione frontale del docente, propedeutica, informativa, rielaborativa, anche con l’utilizzo di tecnologie multimediali;
- il brainstorming;
- discussioni guidate;
- lezioni interattive;
- gruppi di lavoro;
- attività cooperative e di laboratorio;
- attività di ricerca individuale e di gruppo;
- il problem solving.
6. Strumenti
In questa voce solitamente il docente descrive brevemente gli strumenti che ha a disposizione e di cui intende servirsi durante l’anno scolastico, come ad esempio:
- libri di testo;
- ricerche internet (mettere in grado i ragazzi di saper effettuare una ricerca attraverso le parole chiave e di saper
scegliere i siti adatti all’obiettivo della ricerca); - libri per ragazzi, a carattere sia narrativo sia divulgativo;
- vocabolario;
- materiali digitali.
7-8. Verifica, valutazione, recupero
Tutti gli alunni di uno stesso ordine di scuola dovrebbero essere giudicati sulla base di criteri comuni e con prove, se non uguali, almeno simili per complessità, in modo da avere uniformità di valutazione. Solitamente il collegio dei docenti stabilisce i criteri di valutazione, mentre, ai singoli docenti spetta scegliere le modalità della valutazione. Per garantire una certa attendibilità e uniformità i docenti della stessa disciplina, generalmente si accordano sul numero di prove scritte da effettuare e sulla tipologia delle stesse. Nel caso di una prima classe, si potrebbe pensare a circa 5 verifiche sommative a quadrimestre, escludendo il tema e le prove di produzione scritta. Le tipologie più adatte alla valutazione sommativa sono quelle che prevedono quesiti oggettivi e domande semistrutturate (domande aperte che necessitano sia di risposte articolate sia di risposte brevi) e devono essere elaborate prevedendo quesiti facili e accessibili anche ai ragazzi in difficoltà, e quesiti più difficili per stimolare quelli più competenti. Per quanto riguarda il recupero è difficile dare suggerimenti pratici avulsi dal contesto. In linea di massima, però, bisognerebbe pensare al recupero come “percorso” e non solo come “verifica”. Per fare questo sarebbe necessario, all’inizio dell’anno, in fase di programmazione, prevedere un percorso parallelo, individuando per ogni unità didattica obiettivi e contenuti minimi, strategie diversificate e verifiche ridotte e semplificate.
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