Le persone e gli approcci per una scuola innovativa

Apprendere in modo unitario con mente e corpo

Una scuola innovativa non si riconosce dal numero di progetti attivati in essa o dalla quantità di contenuti riversati nelle menti degli alunni; piuttosto si distingue da come determinati progetti e contenuti vengono promossi, da quali strumenti e metodologie vengono utilizzati per veicolare e facilitare apprendimenti, dal clima che si riesce a favorire nel contesto classe. La testimonianza di chi insegna attraverso Unità di Apprendimento e attraverso percorsi ad alta laboratorialità.

La scuola ha il dovere di garantire una proposta educativa di qualità per tutti, in cui ognuno possa riconoscere e valorizzare le proprie capacità, potenzialità, i propri interessi e, come direbbe Howard Gardner[1], le proprie intelligenze.

Se pensiamo alla nostra esperienza di “scuola innovativa”, provando a enuclearne alcune caratteristiche, essa prevede: la compattazione oraria degli insegnamenti, ovvero la trasversalità del lavoro tra docenti, per cui chi subentra non cambia disciplina ma prosegue il lavoro del/la collega in modo da organizzare unità di lavoro complesse e complete, non frammentate; la personalizzazione degli interventi e l’utilizzo di attività laboratoriali, artistiche, motorie e manuali per rafforzare gli apprendimenti acquisiti.
Partiamo dal presupposto che il bambino, sin dal momento della sua nascita, conosca il mondo attraverso il corpo, attraverso i sensi. Agisce per prove ed errori e impara dalla sua esperienza diretta e dai feedback immediati che riceve, che gli permettono di riflettere su di essa.

L’intelligenza è quindi evidentemente in connessione diretta con la possibilità di fare esperienza.
Troppo spesso ancora a scuola si tendono a sviluppare negli alunni le sole facoltà mentali, considerate imprescindibili, sacrificando i sensi e la conoscenza corporea all’acquisizione sterile di soli contenuti astratti, che con il tempo andranno persi o diventeranno obsoleti.
Una buona organizzazione didattica dovrebbe tenere in considerazione, oltre che le singole personalità e i temperamenti degli alunni, un equo alternarsi di attività che impegnino mente e corpo.
Gli assetti laboratoriali, il lavoro manuale, l’espressione artistica e il gioco, utilizzati all’interno di una progettualità didattica, sono tutti approcci che richiedono tempo, ma permettono agli studenti di partecipare attivamente e imparare attraverso l’esperienza e si offrono come ottimi strumenti di rafforzo degli apprendimenti teorici.
In questi anni di pandemia, caratterizzati da stravolgimenti sociali e dunque anche nella scuola e nella didattica, la rincorsa nel recupero del tempo perduto ha messo in secondo piano, in diversi ambienti scolastici, la valenza di tali approcci.

Siamo certi che ruolo fondamentale della scuola e degli insegnanti sia quello di trasmettere ai propri alunni il desiderio e il piacere di “imparare ad imparare”, costruendo insieme a loro gli apprendimenti, senza forzarli, ma affiancando e sostenendo gli alunni al fine di renderli autonomi e competenti per affrontare la società di oggi in costante mutamento.
Nel nostro percorso professionale abbiamo potuto notare come le maggiori difficoltà riscontrate negli alunni riguardino l’incapacità di adeguarsi ad ambienti e contesti troppo rigidi. L’iperattività e la disattenzione, negli ultimi anni, sono in notevole aumento. Occorre interrogarsi e mettersi nei panni degli alunni. Non è possibile chiedere loro di stare per ore ed ore seduti, senza muoversi e perlopiù stare mentalmente attivi, mentre docenti e materie si alternano senza sosta per tutta la mattinata.

La stratificazione dei contenuti e la ripetizione prolungata di spiegazioni di tipo frontale potrà forse stimolare lo sviluppo della memoria a breve termine, e sicuramente permetterà agli alunni di ottenere ottimi risultati nelle verifiche periodiche, ma non favorirà il consolidamento dei saperi nella memoria a lungo termine e una loro rielaborazione perché diventino veri e propri apprendimenti.

Una delle affermazioni che troppo spesso ci capita di sentire da alunni, bambini e bambine, soprattutto gli ultimi mesi di scuola, quando magari si chiede loro di ricordare ciò che è stato fatto durante l’anno scolastico è: “ma maestro/a non posso ricordarlo, lo abbiamo studiato a inizio anno!”

L’apprendimento nasce da una pluralità di fattori: dal soggetto che apprende, dalla sua motivazione, dai soggetti che facilitano gli apprendimenti, dal contesto in cui si è inseriti, dagli strumenti e dalle metodologie che vengono utilizzati. Non si educa solo con le parole e non per forza si apprende meglio stando seduti. Un’esposizione prolungata ad attività di insegnamento frontale non determina necessariamente progressi nell’apprendimento; studiare più ore non significa apprendere meglio.

Gli alunni devono poter affrontare un argomento, analizzarlo in tutte le sue sfaccettature multidisciplinari, fino a portarlo a compimento, secondo il loro grado di interesse e capacità, senza interruzioni e senza abbandonarlo prima di averlo fatto proprio.

L’interiorizzazione avviene quando un alunno ha in qualche modo collegato l’insegnamento a un’esperienza di vita personale. In questo modo difficilmente lo cancellerà completamente dalla memoria. In questo contesto l’organizzazione didattica per Unità di Apprendimento (UdA), offre un notevole contributo in termini di: tempo, completezza nell’esplicitazione di obiettivi, traguardi per lo sviluppo di competenze, strumenti, metodologie e criteri di verifica e valutazione.

L’UdA è uno strumento progettuale che permette di concretizzare in azioni precise e mirate uno specifico argomento didattico, guidando gli studenti a un approccio personale con l’apprendimento.
L’obiettivo è quello di far acquisire allo studente, passo dopo passo, la competenza prefissata all’inizio del progetto, attraverso una serie di compiti reali e quindi significativi, preventivamente pianificati.
Tale organizzazione didattica fa leva sulle conoscenze e abilità dell’allievo e nel contempo stimola e sviluppa in maniera armonica le sue capacità.

La strutturazione di una UdA prevede:

  • l’impostazione della tematica, argomento didattico, la quale servirà da “pretesto” e da stimolo nell’acquisizione delle competenze tramite l’accrescimento di abilità e di conoscenze;
  • la definizione degli obiettivi e dei traguardi di sviluppo delle competenze, che rappresentano la meta concreta di tutto il progetto;
  • l’esplicitazione degli strumenti e delle metodologie che verranno utilizzati;
  • la descrizione dei criteri di verifica e di valutazione delle attività in itinere e a fine percorso.

Gli ultimi due punti fanno riferimento al coinvolgimento di chi apprende nei processi che sostengono e favoriscono i propri apprendimenti. Più l’allievo è consapevole e ha una visione completa del percorso che affronta, più riuscirà a percepire il senso del percorso stesso e a esserne motivato.
La scuola innovativa, senza alcun dubbio, è quella scuola che stimola, affianca e contribuisce a sviluppare le personali potenzialità di ciascuno, in un clima stimolante e inclusivo, che garantisce benessere agli studenti ma al tempo stesso a docenti e famiglie coinvolti nel processo formativo.

BIBLIOGRAFIA

  • [1] Howard Gardner (USA 1943 - ): psicologo americano divenuto famoso per la sua Teoria delle Intelligenze Multiple.

Referenze iconografiche: © wavebreakmedia/Shutterstock

Andrea Brunelli e Stefania Giunta

Andrea Brunelli ha insegnato Matematica, Scienze ed Educazione motoria per 30 anni. Negli anni 2000 si è avvicinato ad alcune sperimentazioni ispirate alla scuola finlandese e dal 2017, in collaborazione con la collega Stefania Giunta, è impegnato nell’elaborazione di progetti didattici innovativi. Nel 2019 ha incontrato la sperimentazione MOF (Modello Organizzativo Finlandese) grazie alla dottoressa Accili, Dirigente scolastica dell'Istituto Omnicomprensivo Della Rovere a Urbania in provincia di Pesaro Urbino.

Stefania Giunta è insegnante di Scuola primaria nella provincia di Venezia. Ha approfondito negli anni le correnti di pensiero ispirate al sistema didattico finlandese, in particolar modo la sperimentazione MOF. Questo approccio l’ha portata a sperimentare, insieme al collega Andrea Brunelli, una didattica innovativa ed interdisciplinare, che vede gli alunni al centro dei processi di apprendimento.