Gli I.T.S.: opportunità presenti e sviluppi futuri
Percorsi professionali con competenze specialistiche costruite sul campo
Negli ultimi anni anche il nostro sistema di istruzione si è dotato di un percorso di formazione professionale di secondo livello, parallelo allo sbocco universitario e fortemente connesso con il mondo del lavoro. Si tratta degli Istituti Tecnici Superiori (ITS), che uniscono scuole, imprese e realtà del mondo dell’alta formazione in enti finalizzati, sostenuti dal Miur e dalle Regioni, in grado di offrire agli studenti diplomati un percorso privilegiato per inserirsi nel mondo del lavoro con competenze specialistiche costruite sul campo.
L’offerta formativa territoriale di ITS non è ancora capillare, ma sta prendendo piede e diverse scuole secondarie di secondo grado hanno attivato questa offerta formativa. Del resto si tratta di un’opportunità fondamentale per gli studenti con un’attitudine allo studio ma non al percorso accademico, in quanto il mondo del lavoro nel nostro Paese è pronto ad assumere personale specializzato di questo livello, nonostante le attuali difficoltà occupazionali.
Abbiamo quindi interpellato tre Dirigenti Scolastici che hanno vissuto o stanno vivendo questa esperienza con le proprie scuole per tracciare un primo bilancio e tentare un’analisi delle prospettive future. Si tratta di Renata Cumino dell’IIS Enzo Ferrari di Monza, Vincenzo Falco dell’IIS L. Cerebotani di Lonato del Garda (Bs) e Vincenzo Lifranchi dell’IIS San Benedetto di Latina.
Quali motivazioni hanno spinto il suo istituto ad attivare un ITS al proprio interno? Quali valutazioni avete fatto? Come ha risposto la realtà imprenditoriale del vostro territorio?
Cumino Quando, a giugno 2014, sono stata nominata Dirigente Scolastico dell’IIS Enzo Ferrari (allora semplicemente IPSIA), abbiamo avviato una seria analisi delle istanze del territorio, sia per gli studenti in entrata sia per quelli in uscita. Nel primo caso sono stati attivati l’indirizzo dell’Istituto Tecnico Grafica e Comunicazione (da lì la trasformazione in IIS) e quello delle Produzioni Meccaniche, estremamente richiesto dal tessuto produttivo della Brianza. Per quanto riguarda l’orientamento in uscita, in quanto aderenti alla Fondazione Green, che sviluppa le competenze professionali di secondo livello nell’energia, l’ambiente e nell’edilizia sostenibile, abbiamo voluto offrire ai nostri studenti dell’indirizzo Manutenzione e assistenza tecnica opzioni Mezzi di trasporto e Apparati civili e industriali la possibilità di accedere a un percorso formativo di alta specializzazione ITS sulle Energie Sostenibili.
Falco L'istituto è da molti anni un punto di riferimento per il tessuto economico del territorio, finalizzando la propria offerta formativa, oltre che alla crescita umana dei propri allievi, anche allo sviluppo di professionalità rispondenti alle richieste del mondo del lavoro. Così, nel corso degli anni, l'istituto è stato promotore di interessanti esperienze nella formazione duale post diploma, come corsi in apprendistato, corsi IFTS (corsi annuali con docenti provenienti dal mondo del lavoro, stage e tirocini, che rilasciano il IV livello del quadro EQF [n.d.r.]), organizzati nell’ambito del Polo Tecnico-Professionale di cui l'istituto era capofila, corsi di riqualificazione professionale. In questi anni, inoltre, ci siamo impegnati con successo a costituire una rete di aziende e scuole attorno al progetto di un Laboratorio territoriale per l’occupabilità (LTO). La risposta del territorio è risultata entusiasta e incoraggiante, per cui l’attivazione di un ITS (in ambito meccatronico) è stata un punto di arrivo naturale.
Lifranchi Quando si è deciso di attivare l’ITS, otto anni fa, si attraversava un momento in cui la crisi economica iniziava a mostrare i propri effetti sulle attività produttive del territorio pontino. Le chances lavorative a breve e medio termine per i nostri studenti si riducevano, non solo nel settore agricolo ma anche nel campo farmaceutico. L’idea di offrire un biennio di specializzazione tecnica superiore sembrava garantire tempi di formazione più brevi rispetto al percorso universitario e insieme una maggiore aderenza alla domanda del territorio produttivo. La minore domanda ha generato un’offerta gradualmente più specializzata. La Fondazione Biocampus, questo il nome dell’ITS di Latina, ha scelto di operare nell’area delle Nuove Tecnologie per il Made in Italy, applicate al settore agroalimentare. La realtà imprenditoriale del territorio ha risposto, da subito, con interesse crescente. Attualmente i partner produttivi sono più di dieci, tra cui aziende agroalimentari presenti sul territorio nazionale.
Quale risposta avete raccolto da parte degli studenti? Gli studenti che vi aderiscono la considerano davvero come un’opportunità alternativa al percorso universitario?
Cumino Trattandosi di una novità assoluta (anche la Fondazione era alle prime esperienze nell’organizzazione e promozione di un ITS), gli studenti dell’indirizzo di Manutenzione e Assistenza tecnica non hanno subito compreso la validità del percorso, anche perché la maggior parte tendeva a trovare occupazione immediatamente dopo il Diploma. Ciò nonostante, si è riusciti ad avviare il percorso biennale interamente inserito, anche logisticamente, nella struttura e nell’organizzazione della scuola, con la quale ha condiviso aule, laboratori e tempi liberi. Ciò ha permesso agli studenti frequentanti le ultime classi di vivere a contatto con una realtà “nuova” e di inserire nel proprio percorso orientativo anche questa opportunità.
Falco Il nostro percorso, istituito con la Fondazione ITS Lombardo per le Nuove tecnologie Meccaniche e Meccatroniche, è partito con il biennio 2017-2019. La risposta è stata positiva soprattutto da parte di allievi che rientravano nel circuito formativo dopo esperienze deludenti nel mondo del lavoro, dopo aver interrotto precedenti studi universitari o che cercavano di riorientare la propria formazione. C’erano anche ragazzi lavoratori con contratti part-time, decisi a investire nella propria crescita professionale. Al momento il percorso resta meno appetibile per i neodiplomati (anche se quest’anno si rilevano segnali in controtendenza). Gli allievi del Cerebotani vengono raggiunti da proposte di lavoro ancor prima di diplomarsi, proposte, però, che quasi sempre riguardano mansioni di basso livello. Chi ha voglia di studiare, incoraggiato anche dalla famiglia, intraprende studi universitari.
Lifranchi I ragazzi che si iscrivono al percorso ITS non provengono esclusivamente dal percorso tecnico o professionale della scuola, anche se negli ultimi due anni si è registrata una crescita di studenti “interni”. A causa dell’interesse crescente, anche di carattere mediatico, verso il mondo delle produzioni e delle trasformazioni agroalimentari, abbiamo osservato un orientamento verso il nostro ITS da parte di studenti provenienti da altri percorsi tecnici, ma anche da licei del territorio. Gli studenti che aderiscono all’offerta formativa del Biocampus sono attratti dall’alto livello di occupabilità riscontrabile nei ragazzi dei tecnici superiori diplomatisi nel corso degli ultimi anni, ma anche dal carattere della formazione superiore che previlegia l’aspetto pratico all’interno di una cornice teorica di alto livello.
Quale impatto genera sull’offerta formativa della scuola il coinvolgimento di quest’ultima in un ITS? Si sviluppa nel corpo docente e nell’intera comunità scolastica una sinergia virtuosa? In che senso?
Cumino Sicuramente offrire all’interno della scuola la possibilità di frequentare un ITS inerente uno o più indirizzi presenti garantisce una filiera educativa che si conclude con l’acquisizione di competenze tecniche di alto valore. Sia gli studenti sia le famiglie hanno apprezzato la continuità realizzata tra la scuola, l’ente che promuove l’ITS e le aziende nelle quali si svolgono le ore di stage. Questo circuito è diventato talmente virtuoso ai fini occupazionali che abbiamo chiesto alle aziende di sottoscrivere un accordo nel quale queste si impegnano a non stipulare nessun contratto con gli stagisti prima della conclusione dell’ITS per evitare un’emorragia degli iscritti. Laddove è stato possibile coinvolgere gli insegnanti della scuola in attività di docenza nell’ITS - anche a livello di coordinamento e tutoraggio - si è creato un positivo e proficuo scambio di competenze ed esperienze.
Falco La formazione tecnica può e deve passare attraverso un collegamento naturale tra formazione di base delle scuole secondarie e alta formazione degli ITS, trovando il giusto equilibrio tra istruzione, formazione e lavoro e permettendo un ingresso nel mondo del lavoro in anticipo, rispetto alle attuali tempistiche, e con un bagaglio di competenze di elevato livello di specializzazione. La sperimentazione dei percorsi quadriennali è, per il nostro istituto, una scommessa per esplorare “una via italiana” al sistema duale. Un percorso secondario “accorciato” potrebbe rendere più strutturale la presenza degli ITS nel sistema formativo. Quando l’impresa apre le porte a studenti e docenti, anche questi ultimi hanno occasione di crescita professionale: l’esigenza di essere al passo con le innovazioni tecnologiche obbligano a un aggiornamento continuo.
Lifranchi Senz’altro l’impatto che la presenza dell’ITS genera sull’offerta formativa è di alto livello. In sede di orientamento possiamo presentare un percorso davvero completo: sia che si scelga l’indirizzo agrario che quello alberghiero, per la nostra utenza c’è la possibilità concreta di permanere all’interno dell’Istituto per ulteriori due anni dopo il diploma, continuando ad affinare le competenze all’interno di laboratori e contesti di apprendimento familiari. Si sviluppa tra Istituto e ITS una sinergia virtuosa che si concretizza nell’osmosi di docenti e formatori, nella condivisione degli spazi formativi, dei laboratori, di alcuni ettari dell’Azienda agraria dell’Istituto. Significativa anche nella presenza sul territorio, dove allievi dell’Istituto e dell’ITS sono spesso assieme nel presentare i prodotti agroalimentari, esito delle lavorazioni e delle trasformazioni quotidiane.
Partendo dall’esperienza maturata sul campo, consiglierebbe a un collega di intraprendere il percorso per dar vita a un ITS? È davvero compatibile questo tipo di impegno con la gestione di un Istituto scolastico? Quali sono le prime mosse che suggerirebbe?
Cumino La prima condizione per ospitare un ITS è la possibilità di offrire gli spazi e le dotazioni adeguate - aule, laboratori ecc.: senza questa disponibilità non c’è modo di avviare tale percorso. In termini di gestione, occorre nominare una figura intermedia che tenga i legami tra le due realtà formative, che riesca a rispondere in tempi brevi alle istanze degli uni, contemperandole con le esigenze degli altri. Anche il controllo del fattore tempo si è dimostrato determinante, poiché il calendario scolastico e i tempi di lezione degli studenti degli istituti secondari di secondo grado sono molto diversi da quelli dell’ITS, che sono più flessibili e orientati alle esigenze degli allievi.
Falco Gli studenti degli ITS italiani sono quasi 12.000, una cifra incomparabile rispetto ai circa 900 mila studenti tedeschi. Eppure i super-tecnici che escono dagli ITS sono altamente specializzati e richiestissimi dal mercato del lavoro. Da una ricerca di Confindustria sul fabbisogno delle imprese nel triennio 2019-2021 in 6 settori chiave del made in Italy, saranno circa 200 mila i posti di lavoro a disposizione nel triennio 2019-2021. Innovazione e processi di digitalizzazione richiederanno in futuro sempre più tecnici con formazione specifica e di alto livello, non reperibili tra i diplomati di Scuola secondaria. In base a tali considerazioni i colleghi nell’Istruzione Tecnica hanno il dovere di verificare se esistono esigenze e condizioni per attivare un percorso ITS. Ovviamente il primo passo è ascoltare proattivamente gli stakeholder territoriali.
Lifranchi Dal punto di vista culturale e di vision scolastica non ho dubbi: l’ITS è un volano concreto verso l’alta formazione tecnica, sempre maggiormente richiesta da parte delle imprese. La prima risposta, pertanto, è un “sì” convinto. La gestione dell’ITS, essendo demandata a una complessa coesistenza di organi collegiali, ulteriori rispetto a quelli scolastici, richiede che vi sia reale sinergia da parte dei membri della costituenda fondazione di partecipazione, nella programmazione dei percorsi, nei rapporti con le aziende, con le amministrazioni di riferimento. La modificazione costante della normativa relativa, per esempio, agli approvvigionamenti finanziari (non ultima la Legge 107/2015) richiede molta attenzione istituzionale e presenza di spirito imprenditoriale, dimensioni che la scuola non può gestire in prima persona, a causa degli impegni di governance che già gravano in modo significativo sulla dirigenza scolastica. Come primo passo per la costituzione di un nuovo ITS sarebbe opportuno, dopo aver sviluppato una idea iniziale sul settore di riferimento, cercare alleanze nell’ente locale di riferimento convocando una conferenza di servizi a tema, coinvolgendo, oltre alla Provincia, la Camera di Commercio, le confederazioni professionali, le attività produttive più rappresentative del territorio.
Che cosa manca agli ITS di oggi per diventare un’esperienza diffusa quanto i percorsi equivalenti presenti in altri paesi industrializzati?
È realistico un secondo canale formativo post diploma in un sistema di istruzione come il nostro?
Cumino Certamente le esperienze degli ITS stanno diventando più significative, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Il fattore chiave che fa scattare nello studente la motivazione a seguire questo percorso è affidato alle aziende che richiedono figure professionali intermedie tra il diplomato e il laureato. Si tratta di figure in grado di risolvere complesse problematiche tecniche grazie a un’esperienza costruita su solide basi teoriche. Il vantaggio del percorso biennale, rispetto per esempio a quello annuale dell’IFTS, sta nella possibilità da parte dell’azienda di accogliere lo studente e, insieme all’equipe formativa che costruisce il progetto ITS, modellarne i saperi e le competenze in funzione della specifica figura professionale necessaria all’azienda stessa.
Falco È indubbio che gli ITS restano poco attrattivi. Occorre lavorare sulla comunicazione ai neodiplomati e alle loro famiglie per spiegare che cosa si fa in questi percorsi e quali sono le opportunità offerte. Contemporaneamente le aziende devono essere sensibilizzate sulla convenienza a investire nella formazione tecnica superiore e sul fatto che essa forma profili che possono e devono assumere ruoli di quadri intermedi: i supertecnici dovrebbero comparire nei contratti. Dalla scarsa informazione scaturisce la persistente percezione della laurea come traguardo socialmente più premiante: qualcuno suggerisce di utilizzare un nome diverso per valorizzare il percorso (per esempio “academy”). Gli ITS rappresentano la necessaria connessione tra la formazione e un mercato del lavoro in continua evoluzione. Hanno quindi bisogno di più attenzione, a tutti i livelli.
Lifranchi Gli ITS di oggi sono vittime di due “ingiustizie”: innanzitutto un acronimo ingannevole, che spesso ne genera la confusione o la sovrapposizione con i percorsi tecnici di Scuola secondaria di secondo grado, da parte della potenziale utenza. In secondo luogo la sostanziale difficoltà per gli atenei di quantificare o “tradurre” il biennio ITS in Crediti Formativi Universitari - data la difficile interazione tra i due sistemi formativi - che rischia di vincolarne la spendibilità nel mercato del lavoro. Il nostro sistema formativo è ciclicamente tacciato di eccessiva durata, a confronto con i sistemi europei che sembrano immettere forze fresche sul mercato del lavoro con maggiore velocità, per la più breve durata degli studi superiori. L’ITS può essere la risposta concreta alla necessità di fornire al mondo produttivo tecnici superiori giovani, formati e competenti. Alla scuola, in sinergia con gli enti locali e le aziende aderenti, è demandata la responsabilità sulla qualità dei percorsi e il costante monitoraggio circa la loro attinenza con la domanda territoriale. Una sfida assolutamente attuale e sì, più che realistica.
In conclusione possiamo individuare alcuni elementi ricorrenti nelle esperienze e nelle considerazioni di questi colleghi nel campo degli ITS. Innanzitutto la scelta di attivare questo percorso è scattata in un’ottica di rilancio dell’offerta formativa dei rispettivi istituti e di ampliamento delle opportunità di collocamento lavorativo per i propri studenti. In tutti i casi, però, non sono mancate le difficoltà: al Nord innanzitutto per la possibilità di inserirsi nel mercato del lavoro già con il diploma di Scuola secondaria di secondo grado; in tutti i casi per la difficoltà di far comprendere la peculiarità di questa proposta rispetto agli altri percorsi post diploma; non ultime, infine, le problematiche connesse alla complessità della gestione. È indubbio però che tutti gli studenti che si sono inseriti in questo percorso hanno avuto opportunità di lavoro significative, a riprova della validità dello strumento e la creazione di un ITS è un passo ulteriore sulla strada del radicamento territoriale delle scuole autonome, che in questo caso, una volta di più, sono chiamate a interagire con il tessuto sociale di riferimento, interpretandone i bisogni produttivi. La strada è quella giusta, anche se la sensazione è che il percorso da compiere sia ancora lungo.
Referenze iconografiche: Romolo Tavani/Shutterstock