Valérie Zenatti, Una bottiglia nel mare di Gaza
Autrice: Valérie Zenatti
Editore: Giunti (Firenze 2009)
Temi: pace, Israele e Palestina, adolescenza, affettività, scrittura, comunicazione
Destinazione: Scuola secondaria di primo grado, terzo anno
Tal è una ragazza di diciassette anni che vive a Tel Aviv, suo fratello sta per partire per il servizio militare nella striscia di Gaza, i suoi genitori l’hanno educata a nutrire la speranza in una pace possibile tra israeliani e palestinesi. Tal è stanca di sentire le sirene delle autoambulanze, di vivere nel timore di udire un boato, di leggere di uomini e donne che muoiono; decide, perciò, di scrivere e di affidare il suo messaggio a una bottiglia, che il fratello Eytan getterà nel mare che bagna la striscia di Gaza. Il suo messaggio è destinato a una ragazza palestinese che come lei desideri una pace possibile per la loro terra. Nella lettera della bottiglia affidata al fratello, Tal fornisce un indirizzo mail (e un nickname, “Bakbouk”) a cui rispondere.
Una bottiglia nel mare di Gaza
A questo “messaggio nella bottiglia” qualcuno scrive effettivamente: non la ragazza che Tal si aspettava, bensì un ragazzo di vent’anni, che al momento si chiama Gazaman. Nonostante la sorpresa e una diffidenza iniziale da parte del ragazzo, prende avvio una corrispondenza elettronica che, con le difficoltà di chi vive in territori in cui ogni giorno può succedere qualcosa di catastrofico, si protrae per un anno. Il libro di Valérie Zenatti è una specie di romanzo epistolare, una specie perché di lettere vere e proprie non ce n’è neanche una, ma solo mail e chat: un romanzo epistolare 2.0, proprio dei nativi digitali, insomma.
Attraverso queste comunicazioni i due ragazzi scoprono la rispettiva identità e così Gazaman si rivela come Naim, un giovane palestinese della striscia di Gaza, papà infermiere e mamma maestra, un po’ scontroso e diffidente, che poco alla volta si lascia attrarre dalla semplice positività di Tal, “la rugiada del mattino” (questo è il significato del nome della ragazza in ebraico), fino a innamorarsene. Per Naim, Tal è la ragazza della speranza, quella che crede in un futuro di pace, che vede la bellezza in tutte le cose. Tal invia a Naim anche una sua immagine, una foto in cui sorride con la testa un po’ storta, e per Naim questo passo è fatale. Si scoprirà poi che il fratello Eytan non ha gettato quella bottiglia nel mare di fronte a Gaza, ma l’ha nascosta nella sabbia e l’ha controllata giorno dopo giorno, finché non l’ha trovata Naim, un ragazzo con un libro in mano, particolare decisivo per Eytan, per fidarsi del futuro “amico di penna” della sorella.
La corrispondenza tra i due ragazzi diventa via via più intima e aperta, ma gli attentati e le crisi diplomatiche tra israeliani e palestinesi la rendono difficoltosa; i lunghi silenzi di uno dei due fanno irrimediabilmente preoccupare l’altro. Ma una frase di Naim (“tra poco i miei genitori non dovranno più preoccuparsi di me”) e alcune allusioni oscure mettono in ansia Tal. Naim custodisce un segreto, un segreto che racchiude una speranza, una storia in cui c’entra un’altra Tal, un’altra “rugiada del mattino”.
Spunti per la riflessione in classe
La storia di Tal e Naim è legata a un grande tema, quello della questione israelo-palestinese, ma contiene altri spunti di riflessione, interessanti e profondi.
La pace possibile – Tal e Naim sperano in un futuro di pace per i loro popoli, le rispettive famiglie li hanno educati a credere possibile questa speranza, anche se la storia, quella più lontana e quella vicina, sembra volere deludere queste aspettative. Il libro offre la possibilità di affrontare una questione così complessa, quella dei rapporti tra il popolo palestinese e lo stato israeliano, in un modo adatto ai ragazzi della scuola media. Attraverso le parole di Tal e Naim ripercorriamo le tappe fondamentali di questa vicenda, dalla nascita dello stato di Israele, alle guerre seguite immediatamente, e poi vent’anni dopo, nel 1967; ancora, gli accordi di Oslo e la storica stretta di mano tra Yasser Arafat e Yitzhak Rabin, sotto gli occhi di Bill Clinton a Washington nel 1993; e solo due anni dopo, nel 1995, l’omicidio dello stesso Rabin, per mano di uno studente fanatico israeliano. Ma Tal e Naim sono convinti che se i giovani come loro sono ancora capaci di speranza e di sogni, la pace è possibile: sembra una follia, ma “la pace passa per i pazzi”.
La guerra vista con gli occhi dei ragazzi – Tal ha diciassette anni e Naim venti, i loro occhi sono occhi giovani, di ragazzi, forse diversi dai ragazzi delle nostre classi; ma molti dei nostri alunni vengono da paesi in cui la situazione non è molto differente da quella della striscia di Gaza, e viceversa i ragazzi italiani non immaginano neppure cosa significhi vivere e crescere in quei luoghi. In posti in cui, come si dice nel romanzo, l’ottanta per cento dei bambini ha assistito a una strage, a un attentato, a una morte violenta, e cresce facendo i conti con questo trauma. Come capita a Tal, che si trova a riprendere con la sua videocamera proprio un attentato suicida.
La scrittura come medicina – “Deve essere per questo che ho deciso di scrivere: per evitare che quello che ho in testa spaventi gli altri e li convinca che sono pazza”. Dopo l’ennesimo attentato, l’abituale boato, i nuovi feriti e morti, Tal decide di scrivere, come Anna Frank, nel suo diario, e scrive tantissimo: “come se ci fosse un fiume di parole che deve uscire da me perché io possa vivere”. Il libro permette di riflettere anche su questo tema, sottile, ma intelligente, e spinge i nostri studenti a interrogarsi sul loro rapporto con la scrittura, che non sia quella dei compiti, sul potere “terapeutico” che la scrittura personale, creativa o autobiografica, può avere.
La lingua come veicolo di pace – “Faremo la pace con gli israeliani, è una buona ragione per imparare seriamente la lingua”, così dice il padre di Naim al figlio ed è per questo che il ragazzo dimostra di conoscere il significato del nome di Tal, particolare che apre su un’altra storia, una storia segreta di Naim. Due popoli che parlano due lingue diverse, che Naim però scopre essere abbastanza simili, e che chiamano le stesse cose con “nomi” diversi. “I nostri due popoli non sono mai andati d’accordo sulle parole”: per gli uni è Israele, per gli altri Palestina, per gli uni Gerusalemme, per gli altri Al Quds, ma sono la terra e la città in cui entrambi i popoli vivono. Per gli uni sono i terroristi che compiono gli attentati, per gli altri quelle stesse persone sono dei martiri. Altro tema intelligente di riflessione è costituito dall’importanza della conoscenza di una lingua per comprendere l’altro, un popolo, una persona, una cultura. A volte le nostre classi sono per la loro stessa composizione un laboratorio interessante per questa riflessione.
Sentimenti e affetti - Tal ha un ragazzo, Ouri, con il quale però le cose non vanno benissimo, Tal forse non è più contenta di quella relazione; Naim si innamora di Tal “a distanza”, anche se non vorrebbe. “Io ho paura delle ragazze”, “Le ragazze, quando ti entrano nel cuore, poi non riesci più a buttarle fuori”: Naim dice questo perché c’è stata un’altra Tal di cui si è innamorato nella sua vita, e che non ha più potuto frequentare per lo scoppio della seconda Intifada. Il romanzo di Valérie Zenatti può servire anche per una riflessione semplice su come ragazzi e ragazze affrontino in modo diverso i primi sentimenti e affetti che li spingono verso un’altra persona.
Altre letture
David Grossman, Qualcuno con cui correre. È un’altra storia di ragazzi e ragazze israeliani e palestinesi, una storia di scrittura e di affetti: un grande romanzo di ricerca e avventura che sfiora un tema delicatissimo come quello della dipendenza dalla droga.
Abraham Yehoshua, L’amante. Un altro Naim conosce una ragazza ebrea, Dafi, e la sua famiglia: il romanzo di Yehoshua, più impegnativo di quello di Valérie Zenatti, è anch’esso narrato a due voci.
Referenze iconografiche: Respiro/Shutterstock