John Williams, Stoner

Titolo: Stoner
Autrice: John William
Editore: Fazi editore (Roma 2012)
Temi: letteratura e vita, scrittura, senso della vita, amore, amicizia, lavoro
Destinazione: Scuola media secondaria di secondo grado, secondo biennio e quinto anno

«Il romanzo dimenticato di un uomo dimenticato»: così definisce Stoner l’editor della casa editrice Vintage Classics che nel 2003 lo ripubblica a quasi quarant’anni dalla sua prima e dimenticata apparizione. John Williams, l’autore, nel frattempo era morto (nel 1994), dopo una carriera di docente universitario di letteratura inglese a Denver, impreziosita da un importante premio letterario per Augustus, il suo quarto romanzo. Stoner, che nel 1965 aveva venduto 2000 copie, viene di nuovo pubblicato nel 2006 dalla New York Review of Books Classics e così riscoperto come un bel romanzo. Ma è la traduzione francese del 2011 a farlo apprezzare davvero e diventare un caso letterario, facendo arrivare le vendite a 200.000 copie in un anno, per esempio, nella sola Olanda. In Italia è uscito grazie a Fazi editore nel 2012 e si è imposto, attraverso il passaparola, come un vero e proprio successo.
«È una sorta di omaggio a un uomo la cui vita è, in un certo senso, del tutto normale, ma, in un altro senso, ricca come la vita di chiunque può essere», secondo le parole del direttore della New York Review of Books Classics, quando il romanzo viene riscoperto. In effetti nell’incipit del romanzo c’è già tutta l’ordinaria, dimenticabile e dimenticata, ma così interessante vita del protagonista:

William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato in Filosofia e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956. Non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido. Quando morì, i colleghi donarono alla biblioteca dell’università un manoscritto medievale, in segno di ricordo. Il manoscritto si trova ancora oggi nella sezione dei “Libri rari”, con la dedica: «Donato alla Biblioteca dell’Università del Missouri in memoria di William Stoner, dipartimento di Inglese. I suoi colleghi»

Eppure il racconto di questa esistenza oscura diventa appassionante, grazie a una narrazione precisa, pulita, sempre controllata, semplice, asciutta e affidabile. Semplice e asciutto, come dice il suo stesso cognome Stoner, da stone, “pietra”, è il protagonista (quasi sempre chiamato per cognome nel romanzo, solo la moglie e l’amante a volte lo chiameranno per nome) che, nato in una povera famiglia contadina del Missouri, si iscrive alla facoltà di Agraria dell'Università del Missouri, a Columbia, con la prospettiva di tornare ad aiutare i genitori nella conduzione della fattoria e di rilevarla un giorno. Ma l’incontro con il professor Archer Sloane e le sue lezioni su Shakespeare cambiano il corso già disegnato della sua esistenza. «Questo in me tu vedi, che fa il tuo amore più forte…»: il verso del sonetto 73 di Shakespeare, letto in classe da Sloane, colpisce Stoner. E quando il professore gli chiede cosa significhi questo testo, Stoner riesce solo a rispondere «significa», ma Sloane ha colto qualcosa in Stoner, qualcosa che lui stesso non ha ancora intuito: la decisione di dedicare la vita alla letteratura, allo studio dei testi, a un lavoro noioso, oscuro, ma bellissimo. Sloane ha capito che Stoner ha deciso di vivere con i grandi personaggi della storia letteraria:

Tristano e la dolce Isotta gli sfilavano sotto gli occhi; Paolo e Francesca vorticavano nel buio incandescente; Elena e il radioso Paride, amareggiati dalle conseguenze del loro gesto, spuntavano dal buio.

Stoner si laurea e, ancora una volta senza averlo previsto o veramente deciso, su invito di Sloane rimane all’università come docente, prima come lettore e poi con incarichi più impegnativi, senza mai arrivare, se non alla fine, a ricoprire il ruolo di ordinario. Conosce a una festa Edith, se ne innamora e la sposa, ma il loro matrimonio è da subito infelice, già nella prima notte della luna di miele.

E così, come succede a molti, la loro luna di miele fu un disastro; e tuttavia, non volevano ammetterlo a se stessi e non si resero conto della portata di quel disastro se non molto tempo dopo.

Nasce, qualche anno più tardi, una bambina, Grace, fonte di un’impagabile gioia per Stoner; ormai però il rapporto con la moglie è clamorosamente compromesso e Stoner si innamora di una giovane docente, Katherine Driscoll, con cui ha una relazione intensa, destinata tuttavia ad esaurirsi, perché nel chiuso e provinciale ambiente di Columbia, nel Missouri, il loro amore non è compreso e genera scandalo. Nonostante la sorda ma instancabile guerra interna all’università che gli viene mossa dal nuovo direttore del dipartimento di inglese, Lomax, Stoner prosegue la sua carriera, assistendo anche al fallimento della vita della figlia Grace che, costretta a un matrimonio riparatore (in cui lei in realtà vede la possibilità di sfuggire al cupo ambiente famigliare), dopo la morte del marito, come tanti scomparso nella seconda guerra mondiale, non riesce ad occuparsi del figlio per la sua dedizione all’alcool. La vita di Stoner prosegue in modo monotono fino alla morte, che lo coglie dopo una malattia incurabile a sessantacinque anni.

Il racconto della storia semplice e incolore di Stoner non poteva incontrare il gusto dei lettori degli anni sessanta, gli stessi lettori americani che avevano conosciuto a partire dal 1957 On the road di Kerouac e che assistevano all’esplosione della beat generation. Ma Stoner ci offre diversi spunti di riflessione che possono essere affrontati anche con lettori giovani, delle scuole superiori, in particolare degli ultimi anni.

1. Il senso della vita – Apparentemente l’esistenza di Stoner è incolore e monotona, non interessante, il protagonista stesso si interroga più volte sul significato di quello che sta vivendo:

dinanzi a sé non riusciva a vedere niente da desiderare, e dietro di sé aveva ben poco che gli importasse ricordare.

Ma al cuore del racconto c’è l’idea che la personalità di ciascuno ha un suo valore, un suo significato, e che una vita, per quanto piccola e insignificante sembri per chi la osserva dall’esterno, hai il suo valore.

2. L’importanza della letteratura – Stoner sceglie di vivere di libri, di dedicare tempo e fatica alla lettura, all’analisi dei testi, alla ricerca delle fonti, e questa scelta dà valore e senso a un’esistenza altrimenti insignificante, del tutto comune. Il libro di Williams è anche un libro sul potere che ha la letteratura di dare un senso alla vita di una persona, di illuminarla.

3. Il valore del lavoro – Il protagonista è capace di una dedizione radicale al lavoro: spesso nel romanzo il suo impegno viene definito «indefesso», con un misto di invidia e disprezzo, da parte dei colleghi: Stoner dimostra una grande onestà, una passione fedele e mai ostentata per il suo lavoro. In un’intervista a proposito di questo aspetto del suo personaggio, l’autore ebbe modo di dire che Stoner

Faceva ciò che desiderava fare, cui teneva, era in qualche modo convinto dell’importanza del lavoro che svolgeva… Per me, la cosa importante del romanzo è il significato che Stoner attribuiva al lavoro… il lavoro nel senso buono e onorevole del termine. Il lavoro gli dava un’identità particolare e lo rendeva ciò che era.

4. Il rapporto tra insegnante e studenti – In tutta la sua vita Stoner dimostra un’estrema dedizione verso i propri studenti: anche negli ultimi giorni prima dell’operazione e della malattia ha cura di finire di leggere le tesi e correggere i compiti dei suoi studenti. Stoner è capace di consigliare, sostenere, incoraggiare i suoi studenti, sa riconoscere l’intelligenza e la competenza della giovane Katherine, ma è anche inflessibile verso la scarsa applicazione e la superficialità di Walker, che cerca solo di nascondere dietro il fumo delle parole la mancanza di preparazione.

5. La scrittura – A un certo punto della sua vita Stoner scrive un saggio sulla letteratura inglese di età rinascimentale che ottiene un discreto apprezzamento nell’ambiente accademico. Negli ultimi istanti della sua vita, riprende in mano questo volume e capisce che quello che di lui resterà è quel libro, che lui si è veramente realizzato solo in quel libro. Sembra quasi che l’autore stesso abbia voluto lasciare un segnale, un indizio: “io sono questo libro”. La scrittura ha un’importanza notevole nella vita di docente e studioso di Stoner, come anche in quella dell’autore, pure lui docente e autore di romanzi e libri di poesia.

6. L’amore e l’amicizia – Il romanzo offre anche spunti di riflessione su questi due grandi temi: la storia del matrimonio di Stoner è triste e fallimentare, mentre il rapporto che lo lega alla giovane docente Katherine è totalmente coinvolgente e lo aiuta ad avvicinarsi a una più compiuta concezione dell’amore:

A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra.

Stoner ha due amici: uno di loro, Dave, trova la morte nella prima guerra mondiale; il secondo, Fitch, diventa economo dell’università e assiste e accompagna tutta la carriera di Stoner. Con nessuno dei due il protagonista arriva a una condivisione profonda, come a significare che gli amici in una vita non possono che essere pochissimi e anche con questi pochi l’intimità è difficile.

Chi voglia avere un’idea dei giudizi espressi da lettori autorevoli sul romanzo, e della fortuna che questo ha avuto in Italia negli ultimi anni, può collegarsi al blog di Stoner creato da Fazi editore.

Referenze iconografiche: Elena Krivorotova/Shutterstock

 

Massimiliano Singuaroli

È professore presso il Liceo scientifico Alessandro Volta di Milano.