Che “razza” di parola
A margine di una polemica fatta di parole e non di cose
Grazie a Contini conosciamo l’origine etimologica della parola che non rimanda, come si pensava in passato, al termine nobile ratio, bensì ad haraz, il cui significato in francese antico era “mandria”, “branco di cavalli”…
La campagna elettorale ha innescato la polemica
Nel contesto del periodo di propaganda elettorale, abbiamo assistito al divampare e poi spegnersi di una polemica intorno all’uso, nel testo della Costituzione italiana, della parola razza.
Ha innescato la questione il candidato alla carica di presidente della regione Lombardia di uno dei maggiori schieramenti politici: in un’intervista a una radio, ha affermato a proposito del tema dell’immigrazione che “dobbiamo fare delle scelte: decidere se la nostra etnia, la nostra razza bianca, la nostra società deve continuare a esistere o la nostra società deve essere cancellata: è una scelta“. Il politico ha poi corretto la sua affermazione parlando di un “lapsus, di un errore espressivo” ma ormai la polemica si era scatenata (si può vedere, solo a titolo di esempio: “Attilio Fontana, candidato del centrodestra in Lombardia: ‘Troppi migranti, razza bianca a rischio’. Poi corregge il tiro: ‘È stato un lapsus’ “). La polemica ha avuto un ulteriore sviluppo, quando il medesimo esponente politico ha cercato di giustificare l’utilizzo del termine con il fatto che anche la Costituzione menziona la parola razza e questo ne consentirebbe l’uso nel dibattito pubblico, a meno di modificare appunto il testo della carta.
L’art. 3, comma 1, della Costituzione afferma infatti che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali“.
Il tema non è affatto nuovo ed era stato posto su ben altre basi che quelle della propaganda elettorale, nel 2014, in un documento redatto dagli antropologi dell’Istituto italiano di antropologia che chiedevano l’eliminazione dal testo della Costituzione di un termine che “veicola un’idea di strutturazione della diversità genetica umana che non ha base scientifica” (“Tre domande su Diversità umana e Costituzione italiana” ). Questo appello seguiva la pubblicazione del volume di Gianfranco Biondi e Olga Rickards (L’errore della razza, Carocci, 2011) e il loro appello alle più alte cariche dello stato per la revisione dell’articolo 3 della Costituzione.
Per tutta la questione legata alla mancanza di fondamento scientifico del concetto di razza e alle conseguenze di stampo razzista della persistenza dell’uso della parola si può vedere il numero di Scienza&Società, Addio alla razza. Una parola pericolosa che per la scienza non ha senso (a cura di Pietro Greco, n. 27/28, novembre 2016, Egea, Milano).
Va detto che il termine compare in documenti anche ben più recenti della nostra carta costituzionale, come ricorda Vittorio V. Alberti: “La parola razza compare non solo nella Costituzione del 1947, ma in altri documenti anche recentissimi come, per esempio, la Costituzione europea del 2004, poi respinta dai referendum francese e olandese, e poi il Trattato di Lisbona del 2007 nel quale si legge: '..l’Unione [europea] mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica... '” (Cancellare la parola "razza")
Ma perché i padri costituenti usarono il termine razza?
Il problema circa l’uso della parola nel testo della Costituzione era però ben presente anche ai padri costituenti; il dibattito è riportato dagli Atti dei lavori della Costituente. Vi furono proposte di sostituire la parola razza con il termine stirpe, ma alla fine prevalse la scelta di mantenerla per ragioni storiche “per dimostrare che si vuole ripudiare quella politica razziale che il fascismo aveva instaurato“ (Togliatti); “per il fatto che questo richiamo alla razza costituisce un richiamo ad un fatto storico realmente avvenuto e che noi vogliamo condannare, oggi in Italia, riteniamo che la parola razza debba essere mantenuta“ (Laconi) (si può vedere su questo l’articolo “Razza, quella «parola maledetta» inserita nella Costituzione“ di C. Melzi d’Eril e G.E. Vigevani) .
Il termine razza deriva haraz, che indicava un allevamento di cavalli
L’etimologia della parola è stata per lungo tempo errata, e la possiamo ricostruire grazie al documentato e preciso intervento di Lino Leonardi “Le parole hanno un peso. ’Razza’, sinonimo di identità non umana” nel gennaio 2018: fino agli anni cinquanta è prevalsa l’ipotesi che razza derivasse dal latino generatio o dal latino ratio, in un significato astratto che rimandava al concetto di “stirpe“ o di “ragione“, a qualcosa cioè che è proprio della natura umana.
Gianfranco Contini ha dato un impulso decisivo verso l’interpretazione corrente del termine: dimostrò come razza, che ha le sue prime attestazioni in italiano antico e poi si diffonde a tutte le lingue europee, sia originariamente una trasformazione medievale dell’antico francese haraz, che indica un allevamento di cavalli, una mandria, un branco. Cadeva così la nobile derivazione da ratio, ciò che contraddistingue l’umano in quanto tale, e si riconosceva invece «una nascita zoologica, veterinaria, equina» (Contini) della parola.
Francesco Sabatini, nel 1962, portò ulteriori elementi di prova della giustezza dell’intuizione continiana: si rintracciarono numerose testimonianze della forma aratia/arazza/razza, con il medesimo significato “animale” e con la stessa derivazione dal francese, nel tardo-latino e nel volgare della cancelleria di Napoli. L’anno seguente Gianfranco Folena precisava che “il traslato compare nel Cinquecento, con connotazione sia positiva («Perduta è la razza de li re»: Sannazzaro) sia negativa («la razza e progenie de’ tiranni»: Guicciardini)”.
Per comprendere e seguire l’evoluzione dei derivati della parola razza, l’aggettivo razziale, il termine razzismo e razzista, si può leggere utilmente anche la risposta di Paolo d’Achille a uno dei quesiti posti all’Accademia della Crusca (Razzismo: che brutta parola), che giustamente dice che non basta l’eliminazione della parola razza o la sua sostituzione con etnia per portare “all’eliminazione della cosa - cioè il razzismo - (pensiamo alla pulizia etnica, di cui si è parlato anche in epoca molto più recente, nei conflitti tra le repubbliche della ex Jugoslavia)”.
Tuttavia, la storia dell’etimologia della parola dovrebbe almeno tenerci lontani da “lapsus“ o “errori espressivi“. La parola razza, che ha contraddistinto la peggiore vergogna della storia del Novecento, deve essere letta e utilizzata tenendo conto del suo significato originario, solo per definire un’identità che non sia umana.
Referenze iconografiche: mertgundogdu/Shutterstock