Sperimentazione MOF: una strategia per fare inclusione

Dalla Finlandia a Stornara è un attimo

In una realtà come Stornara, la scuola è il territorio. Nulla si può pensare se non in relazione al territorio stesso: la crescita della scuola, le azioni all’interno di essa, hanno effetto sull’intera comunità. La governance dell’inclusione ha il suo baricentro nella scuola e al tempo stesso la scuola ne è il fine.

La scuola è il territorio

La città di Stornara in provincia di Foggia è un piccolo borgo agricolo di 5900 abitanti, di cui circa 1200 sono stranieri immigrati per lo più irregolari. Il 46 per cento della popolazione scolastica è rappresentata da rom di etnia bulgara e rumena, tunisini, marocchini, nigeriani, molti di essi appartengono al mondo degli invisibili del lavoro agricolo stagionale, il bracciantato agricolo della Capitanata. Si tratta di alunni che non frequentano mai l’intero anno scolastico per molte ragioni: vanno e vengono dai paesi d’origine, la loro frequenza scolastica è legata alla possibilità di qualche parente di accompagnarli a scuola dalle lontane campagne o dagli insediamenti spontanei (ovvero ghetti) in cui vivono. Molti bambini inoltre si iscrivono a scuola durante l’anno, e non parlano una parola d’italiano. Nel paese c’è una sola scuola, l’IC Giovanni Paolo I, che è un vero e proprio fortilizio dell’educazione e della legalità, collocato ai margini del paese in mezzo a campi di grano. Nel paese non esisteva neppure una biblioteca fino al 2023, quando ne è stata creata una all’interno della scuola, ricavata da un grande magazzino e intitolata a BIanca e Hristo, bambini del ghetto morti durante un incendio nelle loro baracche quando avrebbero dovuto stare a scuola. Il Comune annaspa nei debiti e nel dissesto finanziario. Tuttavia il tessuto di questa piccola città, piena di buche e in più punti malandata, è ricco di un associazionismo significativo: esiste un albo delle associazioni e dal 2018 una di esse, Stornara Life Aps, si è inventata una occasione importante per il paese. Organizza nella prima settimana di agosto il Festival internazionale dei Murales, lo Stramurales. In quei giorni, tra bulgari in ciabatte che percorrono le strade del paese, nigeriani di ritorno dai campi, i bassi affollati di rom e tunisini, i garage trasformati in abitazioni di fortuna e stendipanni sui marciapiedi, decine di artisti - per lo più street artists internazionali - si incontrano per dipingere opere d’arte sulle case e sui palazzi, riempiendo di bellezza ciò che è oggettivamente brutto.

Perché è importante questa premessa di contesto? In una realtà come Stornara, la scuola è il territorio. Nulla si può pensare se non in relazione al territorio stesso: la crescita della scuola, le azioni all’interno di essa, hanno effetto sull’intera comunità. La governance dell’inclusione ha il suo baricentro nella scuola e al tempo stesso la scuola ne è il fine.

Sperimentazione MOF e il cerchio d’oro di Sinek

In un contesto così complesso e variegato, che deve affrontare l’integrazione razziale e culturale, la povertà materiale, le povertà educative, scegliere la direzione verso cui muovere la scuola significa scegliere la direzione verso cui si muoverà una intera comunità. Nella sua teoria del cerchio d’oro Simon Sinek ci spiega che nella guida di una organizzazione, affinché essa si vincente, ciò che conta non è ciò che si fa, ma perché lo si fa. Mutuando la sua teoria, possiamo affermare che nell’indirizzare la progettualità dell’intera scuola, in questo contesto il Dirigente deve individuare il perché si agisce: che è qualcosa in più della abusata vision, ma è un impegno sociale, etico e culturale. Poi si stabilirà come farlo e infine che cosa fare.

Questa scuola ha scelto la via della sperimentazione MOF, che non esclude naturalmente anche altre sperimentazioni, per far integrare gli alunni stranieri nella comunità e gli stranieri tra di loro perché l’obiettivo è portarli a scuola e tenerli lì in maniera attiva e non passiva. Perché questi bambini, ragazzi che non parlano italiano, poveri, talvolta non accompagnati o con genitori che escono e vanno nei campi alle 4 del mattino e rientrano a tarda sera, dovrebbero venire e stare a scuola? Torna il perché del cerchio d’oro. Perché a scuola devono stare bene e imparare a essere felici. La scelta del Metodo Organizzativo Finlandese è stata una strada naturale, non tanto e non solo per la compattazione oraria (che non è il nucleo vero, il cuore della sperimentazione, a mio avviso) ma per il perché che lo sottende.

L’attenzione al benessere, i tempi lenti, la cooperazione, il rispetto e l’empatia – che si insegna e si impara – sono le parole chiave della sperimentazione MOF, che non dà ricette precostituite, ma si adatta flessibile, dinamica, alle diverse realtà, spingendo i docenti a una continua ricerca-azione, riscattandone il ruolo da semplici fonti di trasmissione di saperi a ricercatori in cammino con i loro alunni e con la comunità.

Una volta posto l’obiettivo e il perché, occorre trovare gli strumenti.

La scuola fuori e il tempo dell’anima

Nella nostra scuola abbiamo appreso a pieno la lezione della sperimentazione MOF: lettura silenziosa in biblioteca o letture guidate ad alta voce – pratica quest’ultima dimostratasi efficacissima per gli alunni stranieri NAI (Newly Arrived in Italy); l’utilizzo del quite time long con l’angolo del riposo creato nelle classi; l’utilizzo degli spazi esterni e le attività in outdoor nella pertinenza della scuola, attrezzata e allestita dagli stessi alunni con panchine dipinte dai ragazzi e da essi realizzate con i pallet di risulta donati dalla ferramenta del territorio, o con i vecchi copertoni. L’outdoor si espande anche all’esterno della scuola, nel paese: per esempio alcuni progetti curriculari ed extracurriculari sono in partenariato con l’associazione Stramurales - che si occupa dei murales -, per cui le lezioni di arte, italiano, inglese si svolgono presso i murales, dei quali gli alunni della Scuola primaria e della secondaria hanno realizzato le guide.

Abbiamo applicato, laddove possibile, la didattica per ambienti di apprendimento e ogni progetto curriculare è stato sempre rendicontato agli stakeholders, genitori, associazioni, comunità cittadina attraverso eventi pubblici, aperti a tutti nell’ottica di rafforzare reti sul territorio in nodi stretti tenendo sempre aperto il dialogo.

La sperimentazione MOF e la chiave performativa per il successo scolastico

La didattica laboratoriale è diventata pratica quotidiana di ogni insegnamento, dalla Scuola dell’infanzia alla secondaria. Lavoro sulle emozioni; yoga per il corpo, con sessioni per genitori e figli assieme, in palestra o nel giardino della scuola. Nella Scuola primaria arte, musica e poesia con lavoro sulla corporeità; attività con le marionette in classe prima, per dare voce a chi non ha voce, per sviluppare l’oralità e l’abitudine all’ascolto; la ninnananna cantata da mamme e figlie di diverse etnie; la creazione di fiabe digitali con lettura delle stesse. Alla Scuola secondaria abbiamo puntato sui laboratori opzionali curriculari a classi aperte, lavorando con la flessibilità oraria: le classi del tempo prolungato al pomeriggio sono diventate laboratori di arti performative, musica, fotografia e teatro; altri alunni hanno lavorato per un progetto di Urban Art per rendere bella la scuola e il paese, perché se la scuola è un contesto in cui stanno bene e possono godere della bellezza, è più facile che alunne e alunni vengano e ci restino volentieri.

La coerenza della progettazione d’istituto, declinata in trasversale e in verticale nei tre gradi di scuola, è il criterio unitario, che indirizza le scelte didattiche. Una grande Uda performativa anche in chiave STEAM è la spina dorsale di questa scuola, che negli input sperimentali del MOF ha trovato l’ispirazione per una ricerca-azione sul campo. Lo scopo sotteso è anche quello di creare competenze spendibili nella vita, consentendo di acquisire le soft skills utili per stare al mondo nel XXI secolo. Nel microcosmo degli alunni stranieri di Stornara il successo formativo e quello di cittadinanza passa attraverso l’aggancio forte con la scuola e nella scuola.

La lezione della musica

Una delle evidenze che quest’anno abbiamo compreso nel lavoro quotidiano è che attraverso l’arte (gli antichi greci avevano introdotto il termine musikè comprendendo tutta l’arte ispirata alle Muse: non solo musica, dunque, ma anche poesia e danza, da essa inscindibili, considerandola naturale per l’essere umano) potevamo parlare una lingua universale e quindi includere. Le stesse “Indicazioni nazionali per l’insegnamento di strumento musicale nei percorsi a indirizzo musicale delle scuole secondarie di primo grado” individuano le specifiche funzioni formative dell’apprendimento della musica, per esempio. La funzione cognitivo-culturale evidenzia il legame tra la musica e il pensiero - che attraverso di essa si fa più flessibile, intuitivo, creativo - e anche il rapporto tra la musica e il modo di vita e i valori della comunità a cui fa riferimento.

La funzione linguistico-comunicativa esplica il valore del linguaggio musicale come opportunità di generare contesti comunicativi democratici, superando le barriere ideologiche, fisiche, di ruolo, attraverso una condivisione autentica e paritaria. In questo senso, la musica è sicuramente un potente strumento di inclusione. Mediante la funzione emotivo-affettiva, così come la funzione identitaria-interculturale, la musica potenzia la consapevolezza delle proprie emozioni e dell’appartenenza a una tradizione culturale di partenza che dialoga con quella di arrivo. La funzione relazionale e quella critico-estetica consentono l’una di migliorare le relazioni interpersonali e di gruppo, l’altra la sensibilità artistica e l’autonomia di giudizio: si comprende così come l’arte performativa sia davvero in grado di agire sull’autostima e sul livello di sicurezza personale oltre che di sviluppare abilità motorie, ritmiche e di linguaggio.

Da più parti (e soprattutto dalla pratica) è stato evidenziato non solo il valore catartico della musica e delle arti, ma anche la sua capacità di agire sulla componente motivazionale che non solo garantisce il successo ma ha rappresentato anche una valida chiave nella lotta all’abbandono e alla dispersione scolastica.

La rete col territorio è stata fondamentale, ma da qui siamo partiti per aprire altri percorsi verso reti più ampie, con la convenzione triennale con l’Accademia di Belle Arti di Foggia e con il Conservatorio musicale di Foggia, e verso orizzonti sempre più vasti.

Conclusioni

Quest’anno scolastico, grazie alla filosofia che ispira la sperimentazione MOF, abbiamo ridotto sensibilmente la dispersione scolastica che era tutta straniera; le attività laboratoriali curriculari ed extracurriculari sono state frequentate in maniera attiva da tutti gli alunni immigrati, che attraverso di esse hanno imparato la lingua di contatto e attraverso il peer to peer si sono inseriti nel contesto classe spesso da protagonisti. In conclusione, questo patrimonio umano e culturale della scuola di Stornara – fatto di azione, ricerca e sperimentazione – lontano dall’essere un punto di arrivo, è da intendersi piuttosto come un ancoraggio che trova la sua verifica nella pratica educativa quotidiana e aperta, come suggerisce il MOF.

Grazie a questa sperimentazione, abbiamo trasformato la criticità in punto di forza, lo svantaggio in risorsa, costruendo l’abito per ciascun alunno nell’ottica di una scuola su misura, costruita sul grande valore ideale dell‘inclusione vera: che è il nostro perché, la nostra visione.

 

Prof.ssa Matilde Iaccarino Dirigente scolastica IC Giovanni Paolo I di Stornara

 

 

Referenze iconografiche: AimPix/Shutterstock

Matilde Iaccarino

Classe 1973, è originaria di Pozzuoli: laureata in lettere e filosofia, ha maturato una lunga esperienza di insegnamento. Saggista e giornalista, è esperta di storia contemporanea. Dirigente scolastica dal 2018, da circa due anni esercita questo ruolo presso l’IC Giovanni Paolo I di Stornara (Foggia). Proprio per sua iniziativa, a partire dal 2021 il MOF è stato introdotto in provincia di Foggia.