La Lettoscrittura al tempo dei DSA
Per inquadrare il tema
Le Linee Guida del Ministero dell’Università e della Ricerca sul diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento del 12 luglio 2011 hanno finalmente fatto chiarezza sulle caratteristiche dei disturbi e sulle esigenze didattiche dei soggetti. A pagina 10 troviamo forse il punto più importante per i soggetti con DSA, per le loro famiglie, per i loro insegnanti e terapisti. Il testo sottolinea infatti che: “[…] le metodologie didattiche adatte per i bambini con DSA sono valide per ogni bambino.” Quest’affermazione pone fine ad anni di polemiche e fraintendimenti su insegnanti di sostegno, attività differenziate, programmi da rispettare e bambini con DSA condotti fuori dalle classi per attività di recupero, rinforzo o ripasso. Una didattica meditata e razionale va bene tanto per il bambino normolettore quanto per il soggetto con dislessia. Saranno piuttosto la quantità di esercizi, i tempi di svolgimento o le modalità di fruizione dei contenuti a variare, non la didattica e i contenuti dell’apprendimento.
Fatta quest’importante premessa, il documento scende nella specificità dell’apprendimento/insegnamento della lettoscrittura e, condannato esplicitamente l’impiego del cosiddetto “metodo globale”, propone l’uso del metodo fono-sillabico, proposto attraverso la presentazione ai bambini di lettere la cui forma derivi da quella di un particolare oggetto che ha come lettera iniziale proprio la lettera proposta.
Un passo indietro
La lingua italiana è una delle più “trasparenti” dal punti di vista fonologico. Questo significa che si legge quasi esattamente come si scrive. Con poche eccezioni (si vedano per esempio i suoni /ʧ/ vs /k/ resi entrambi con il grafema “c”, /ʤ/ vs /g/ resi con il grafema “g”, il suono /kw/ reso con “qu” vs “cu”) l’italiano si può leggere semplicemente associando a ogni grafema il suono corrispondente. Lo stesso non accade in molte altre lingue: pensiamo ad esempio a quanto può differire la pronuncia di una parola dalla sua forma scritta nella lingua inglese. Nell’apprendimento della lettoscrittura, la trasparenza fonologica gioca un ruolo fondamentale: se la lingua studiata è trasparente, come si verifica per l’italiano, imparare a convertire ogni grafema nel fonema corrispondente è un’operazione fondamentale. Viceversa, se la lingua non è trasparente, non è tanto importante convertire i grafemi in fonemi, quanto leggere “globalmente” la parola. Per questo motivo il metodo globale trova applicazione nell’apprendimento delle lingue non trasparenti, ma è da evitare in italiano.
Il metodo fono-sillabico e il “doppio rinforzo”
Gli esercizi metafonologici proposti durante l’ultimo anno della scuola materna e all’inizio della scuola elementare hanno abituato il bambino a manipolare i “mattoncini” che compongono le parole, cioè le sillabe. Al momento di approcciare l’insegnamento della lingua scritta sarà utile partire da sillabe semplici (consonante vocale), cominciando da quelle che iniziano per consonanti continue, più facilmente riconoscibili rispetto alle occlusive per la durata maggiore.
Le consonanti saranno presentate con un’immagine che ricordi la loro forma in stampato maiuscolo e che cominci con il suono della consonante stessa. Ad esempio, in questo caso la lettera “M” non solo ha la forma dei “monti”, ma la parola “monti” comincia proprio con il suono /m/. In questo senso è pertinente parlare di “doppio rinforzo”, perché l’associazione fra grafema e fonema viene rinforzata sia dal punto di vista visivo (la forma della lettera e dell’immagine corrispondente) sia da quello uditivo (il suono iniziale della parola rappresentata).
Tale metodo è particolarmente adatto al sistema di pensiero del bambino all’inizio della scuola elementare, che in questa fase non è ancora in grado di elaborare concetti astratti, ma ricorre alla rappresentazione di immagini mentali. Inoltre, sfruttando entrambi i canali, uditivo e visivo, favorisce la memorizzazione, fornendo due diverse vie per reperire la nozione studiata.
Vale anche la pena ricordare che, come riportato dalle succitate linee guida, non si dovrebbe presentare al bambino una stessa lettera espressa graficamente in caratteri diversi (ad esempio stampato e corsivo) “fino a che l’alunno non abbia acquisito una sicura e stabile rappresentazione mentale della forma di quella lettera.” Con questi due semplici accorgimenti si favorirà e si renderà più stabile e sicuro non solo l’apprendimento dei bambini con DSA, ma anche quello dei loro compagni.