Grammatica valenziale? Sì grazie!

Una testimonianza diretta

La grammatica valenziale, come emerge dalla testimonianza di una maestra, è un modello di analisi della struttura della frase ancora poco diffuso nella scuola primaria ma senz’altro molto funzionale un lavoro di riflessione linguistica intuitivo, a misura di bambino, che permette al tempo stesso di lavorare in modo “ricco”, mettendo in connessione strutture e significati della nostra lingua.

La grammatica valenziale è un modello di analisi della frase alternativo all’analisi logica elaborato inizialmente dal linguista francese Lucien Tesnière (1893 – 1954); esso pone l’accento su aspetti di semantica, ovvero pone in connessione le funzioni delle diverse parti della frase con i loro significati. La compiutezza di significato della frase è legata alla presenza del verbo, elemento cruciale e vero e proprio baricentro della frase. Questo, con il suo significato, e in quanto dotato di numerose altre informazioni (persona, numero, tempo, modo, aspetto, diàtesi attiva, media, passiva e in alcuni casi anche genere), può esprimere un concetto compiuto da solo (nel caso dei verbi impersonali: piovere, nevicare, ecc.) o chiamando intorno a sé un numero limitato di elementi nominali (da 1 a 4) con i quali completa il concetto.

La proprietà del verbo di aggregare a sé elementi per esprimere un concetto compiuto si chiama valenza. Da qui il nome di questo modello grammaticale e la qualificazione dei singoli verbi come zerovalenti (impersonali), monovalenti, bivalenti, trivalenti, tetravalenti. Gli elementi che si possono aggregare al verbo (nomi o elementi equivalenti) sono chiamati argomenti, distinguibili in argomento soggetto e argomenti oggetto (diretto o indiretto).

Dopo anni di insegnamento, ero quasi certa dell’idea di avere poco da cambiare nel mio modo di stare in classe e di affrontare la sfida di un nuovo anno nell’insegnamento della lingua italiana in classe seconda, ma ecco che scopro un nuovo approccio all’insegnamento della grammatica, la così detta grammatica valenziale; così mi informo, leggo, cerco di capire in che cosa consista e quali siano gli aspetti positivi che possano rendere necessario il cambiamento rispetto alle mie consolidate strategie; mi incuriosisce e voglio capire come introdurre quella nuova idea nel mio modo di lavorare sulla lingua con i bambini, sostituendo la solita presentazione di nome, articolo, azione, qualità, che spesso risulta noiosa e artificiosa perché ciascuna parte del discorso viene considerata in modo analitico, a sé stante, distinta dal complesso della frase: il nuovo metodo promette una modalità intuitiva e logica.

La grammatica valenziale è costruita intorno al concetto di valenza. Secondo questo approccio il verbo è elemento cruciale del discorso e si relaziona con le altre parti secondo rapporti logici diversi; nella pratica didattica, secondo il nuovo approccio, i miei alunni alla fine del percorso devono comprendere che il verbo ha bisogno di essere completato da altri elementi; ciascun verbo ha un certo numero di “ganci” il cui numero costituisce la sua valenza:
Il verbo PIOVERE non ha ganci, è completo così.
Il verbo DARE ha tre ganci QUALCUNO, DÀ QUALCOSA, A QUALCUN ALTRO.
II verbo PORTARE ha due ganci CHI PORTA QUALCOSA, A CHI....

Ho cominciato scegliendo frasi semplici e complete scritte alla lavagna, lette e rilette, aiutando gli alunni a comprendere qual era l’azione descritta, che hanno mimato, disegnato... poi ho posto questa domanda: che cosa significa tutto questo lavoro, perché lo facciamo?
I miei alunni mi hanno guardata come a chiedersi perché ponessi una domanda così semplice. Forse la maggioranza degli alunni avrebbe semplicemente voluto rispondere “Perché a scuola si fa, e basta!”. Poi è intervenuto un bambino dotato di particolare spirito di osservazione che ha risposto alla mia domanda dicendo: “Per vedere come in tutte le frasi che abbiamo scritto qualcuno fa qualche cosa!”
Ecco un’osservazione interessante per lavorare allo studio della lingua in modo “problematizzante”! Allora abbiamo cominciato a discutere su quale parola spiegava cosa Luca stesse facendo... Abbiamo riprovato con tante altre frasi e per ciascuna c’era sempre una parola che diceva sempre “che cosa” succedeva. Abbiamo scoperto che quelle parole indicavano l’azione e siamo arrivati alla conclusione che alcune azioni si possono rappresentare facilmente con gesti o immagini, altre no.
Esempio: Oggi piove; Gigi ama il calcio.

Poco alla volta gli alunni hanno familiarizzato con l’idea che tutte le frasi, per avere senso, devono avere un’azione, che può essere al presente, al passato o addirittura al futuro.
Poi è emersa una domanda: ma l’azione non sempre è ben spiegata dalla parola del verbo… dunque gli altri pezzi di frase che informazioni ci danno?
Si sono snodate varie ipotesi, tutte degne di attenzione e verifica. Nel corso di queste riflessioni collettive abbiamo rilevato anche che l’azione indica chi è il protagonista della frase. Abbiamo così cominciato a riflettere sul "signor protagonista" e formulato migliaia di frasi e tante discussioni.
Esempio: Il nonno legge il giornale.
Tutti d’accordo nell’individuare l’azione, ma il protagonista?
Siamo arrivati alla conclusione che il nonno è il protagonista perché fa qualcosa: legge!
Un altro passo era fatto! Da qui ci siamo divertiti a inventare frasi e a rappresentarne protagonista e azione: che cosa fa? Chi è?
Riconoscere che il CHI della frase poteva essere un ANIMALE, una PERSONA o una COSA; anche questo è stato un passaggio importante che ha dato il via a esercizi di riconoscimento e categorizzazione.

In un successivo momento è stato fatto un altro passo in avanti: abbiamo aggiunto al protagonista della frase delle qualità e dopo aver imparato che le qualità aggiungono qualche cosa, qualche informazione in più su quanto detto, abbiamo proceduto, sempre alla lavagna, con riflessioni e ipotesi; è stato facile individuare le qualità nelle frasi ma occorreva adesso guidare gli alunni a riconoscere che ci sono qualità che appartengono al protagonista della frase e qualità che appartengono ad altre parti della frase:
Esempio: Luca mangia una dolce ciliegia. (la dolcezza non appartiene a Luca ma alla ciliegia)
Esempio: Il bravo alunno studia la poesia. (la bravura non appartiene alla poesia, ma all’alunno)

Dopo vari esercizi e riflessioni, la classe ha concluso che ci sono qualità che appartengono al protagonista della frase e qualità che appartengono ad altre parti della stessa frase.
Contestualmente si sono invogliati gli alunni a individuare gli elementi di concordanza di genere e numero. Siamo riusciti senza sforzo e in modo logico a presentare, studiare la struttura semplice della frase per comprendere che essa non è un insieme di elementi casuali ma una è struttura armonica i cui elementi sono disposti secondo un ordine logico e tra di loro interdipendenti; questo obiettivo è stato raggiunto senza ricorrere a esercitazioni noiose e ripetitive, ma sviluppando e incentivando il processo logico di apprendimento, la collaborazione, l’ascolto reciproco.

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Referenze iconografiche: tockfour/Shutterstock

Patrizia Franchina

È docente di scuola primaria dall’anno scolastico 1983-84, attualmente insegna presso l’IC Don Milani di Vimercate. Appassionata di letteratura per l’infanzia, è autrice di diverse pubblicazioni per bambini, tra cui: La Zebra a pois e altre storie, ed. Erickson, e Ti racconto una storia, ed. Giovane Holden.