È sufficiente guardare i dati?

Un’attività didattica sull’importante tema della lettura e dell’interpretazione dei dati statistici

Chi lo avrebbe mai detto? In conseguenza della pandemia, i numeri sono diventati i veri protagonisti dei media. Leggere i numeri richiede però una buona abilità di interpretazione che si può trasmettere grazie all’insegnamento della matematica. Una proposta di attività didattica da svolgere in classe con gli studenti dimostra come la matematica sia mai come in questo momento storico strumento per formare cittadini consapevoli e capaci di decifrare le informazioni che ricevono.

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27 gennaio 2021 - Corriere della sera:

«…i nuovi casi sono 15 204, +0,6% rispetto al giorno prima (ieri erano +10 593). I decessi odierni sono 467, +0,5% (ieri erano +541), per un totale di 86 889 vittime da febbraio 2020. Le persone guarite o dimesse sono 1 936 289 complessivamente: 19 172 quelle uscite oggi dall’incubo Covid, +1% (ieri erano +19 256). E gli attuali positivi - i soggetti che adesso hanno il virus - risultano essere in totale 477 969 …»

 

Numeri, numeri, numeri…
Chi lo avrebbe mai detto? I numeri sono diventati i veri protagonisti delle prime pagine dei quotidiani, dei titoli dei telegiornali, delle trasmissioni radio e dei programmi in TV, nonché le nuove star del web!
Non c’è giornale che non dedichi pagine intere a snocciolare cifre e percentuali con calcoli dettagliati di incrementi e fattori di crescita e non c’è programma televisivo in cui non sia apparso un esperto che spieghi modelli matematici e curve di tendenza.

Che si sia realizzato il sogno inconfessabile di tutti i professori di matematica? La scienza dei numeri è diventata di moda e tutti vorrebbero conoscerla meglio e avere confidenza con i suoi strumenti?

In realtà non credo, anzi… penso proprio che “stiamo dando i numeri”!

Perché i numeri non bastano. Non bastano a spiegare cosa stia realmente accadendo e mi accorgo che, dietro questa valanga di dati, mancano le informazioni vere.
In questo momento tragico anche le vittime della pandemia sembrano non essere più persone e volti cari, ma sono diventate numeri che vanno a riempire colonne fitte di cifre che ci confondono anziché chiarirci le idee.
Me ne accorgo discutendo con amici e colleghi.

Nella scuola in cui insegno c’è una bella aula docenti, accogliente e luminosa, in cui è piacevole fermarsi a scambiare due chiacchiere al termine delle lezioni ed è ormai all’ordine del giorno parlare di cosa accade nei Paesi vicini: Londra è in ginocchio, la Germania chiude le scuole, la Francia valuta un nuovo lock down, gli Stati Uniti tingono di rosso le mappe di diffusione del virus…
Per fortuna ora abbiamo i vaccini e possiamo cominciare a fare previsioni di ritorno alla normalità, sognando di rivedere i corridoi della scuola riempirsi di nuovo di studenti. Tutti abbiamo una gran voglia di tornare in classe.

Ma quando affermo che dovremmo valutare bene un rientro perché la situazione in Italia è grave, più grave che altrove, i miei interlocutori spesso mi guardano con aria stupita e mi chiedono se sto scherzando.
Ma io non sto scherzando. Basta guardare i dati.
Vedo occhi sgranati su di me e intuisco che si stanno chiedendo se è vero che insegno matematica, perché mi chiedono se ho presente com’è la situazione in America. «Perché è vero che in America c’è molta più gente, ma in percentuale si hanno molti più contagi. Qui in Italia, in confronto, sta andando tutto bene. Basta guardare i dati. »

Ma di che dati stiamo parlando? Davvero basta guardare i dati?

Così me ne torno a casa, un po’ arrabbiata e un po’ perplessa, domandandomi se i miei studenti abbiano sviluppato competenze sufficienti per leggere in maniera corretta tutti i numeri che vengono forniti quotidianamente dal Ministero della Salute.
Per me non è solo questione di insegnare loro la matematica: è l’ambizione di formare cittadini consapevoli e capaci di decifrare le informazioni che ricevono.

Sta di fatto che i miei studenti si sono trovati alle prese con il calcolo delle probabilità e con il monito di non dire a nessuno che sono la loro insegnante di matematica se non sanno leggere e interpretare i dati.

Ho cominciato col domandare loro in quale Paese, Italia o USA, è maggiore la probabilità di morire a causa del virus in base alle informazioni che hanno a disposizione.
Quasi tutti hanno risposto che la probabilità di morire di COVID è maggiore negli Stati Uniti.

Ho poi proposto loro di valutare questa probabilità utilizzando i dati a disposizione in Rete. Per questa attività abbiamo utilizzato il sito: lab24.ilsole24ore
(N.B. i dati vengono quotidianamente aggiornati, La tabella riportata è relativa al 27 gennaio 2021)

Portiamoci alla tabella “Il contagio nel mondo, paese per paese” in fondo alla pagina web per la nostra analisi.

Cominciamo con l’osservare che la tabella riporta gli Stati Uniti in cima al rank dei Paesi più contagiati, perché negli USA il numero assoluto di contagiati è il maggiore al mondo.

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Non vogliamo commentare questa scelta, ma osserviamo che i dati riportati nella colonna successiva sono certamente più significativi, dato che normalizzano i valori rapportando il numero dei contagi alla popolazione.
Concentriamoci dunque sulla percentuale di popolazione contagiata e osserviamo che in Italia è pari al 4,144%. mentre negli Stati Uniti è il 7,687%. Possiamo dunque affermare che in Italia abbiamo meno casi che negli USA (e non solo in valore assoluto).

Andiamo avanti e leggiamo il dato nell’ultima colonna; in Italia il tasso di mortalità è del 3,47% mentre negli Stati Uniti il tasso di mortalità è “solo” pari a 1,67%.

Dunque, riassumendo, in Italia ci si ammala di meno ma, una volta ammalati, si muore di più. Oppure, se preferiamo, negli Stati Uniti ci si ammala di più ma, se ammalati, si muore di meno.
La domanda, dunque, rimane: in quale dei due Paesi il virus miete più vittime?

Per rispondere e valutare correttamente i dati occorre tenere conto del fatto che si tratta di eventi condizionati tra loro (si muore di COVID-19 se ci si è ammalati di COVID-19). Dunque, per determinare che probabilità che una persona colpita dal COVID muoia, occorre utilizzare il teorema della probabilità composta:

La probabilità che si verifichino i due eventi A e B è il prodotto logico della probabilità che si verifichi A per la probabilità che si verifichi B, nell’ipotesi che A si sia verificato:

𝒑 (𝑨 𝒆 𝑩) = 𝒑 (𝑨) ∙ 𝒑(𝑩|𝑨)

Cominciamo con il calcolare la popolazione secondo il sito da cui abbiamo preso i dati. La si ottiene dividendo la percentuale di contagiati per il numero di casi totali:

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Per gli USA:

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(331 milioni di persone circa)

Per l'Italia:

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(un po’ più di 60 milioni di persone)

Bene, i dati tornano e cominciamo anche a pensare al dato %CONTAGIATI come alla probabilità che un individuo ha di ammalarsi:

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Calcoliamo ora il tasso di letalità, dividendo il numero dei morti per il numero dei malati:

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Per gli USA:

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(che corrisponde al valore 1,67 % riportato in tabella)

Per l'Italia:

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(che corrisponde al valore 3,47% riportato in tabella)

Il TASSO LETALITÀ dunque è effettivamente la probabilità di morire se ci si ammala.

Veniamo ora all’applicazione del teorema chiamato in causa per determinare la gravità della situazione:
la probabilità di morire a causa della malattia si ottiene dunque moltiplicando la probabilità di ammalarsi per la probabilità di morire, una volta ammalati:

Per gli USA:

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Per l'Italia ottengo:

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Per finire possiamo “controllare” la correttezza di questo risultato facendo il rapporto tra il numero di vittime e la popolazione (calcolata all’inizio):

Per gli USA:

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Per l'Italia:

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In conclusione, in Italia la probabilità di morire di COVID è maggiore che negli USA.

E a questo punto, tra i ragazzi, si è scatenata la discussione: «dipende dal numero di tamponi fatti, in Italia si muore di più perché siamo più vecchi, il sistema sanitario negli Stati Uniti è a pagamento, da noi è per tutti...»
E chi li fermava più!

Ma questa è un’altra storia…

Referenze iconografiche: sasirin pamai / Shutterstock

Cristina Arienti

si è laureata in Fisica presso l'Università degli Studi di Milano. Oggi insegna matematica e fisica al Liceo Scientifico "Einaudi" di Dalmine (BG). È autrice di numerosi progetti di divulgazione scientifica realizzati per Bergamoscienza e collabora con Casio Italia come formatrice sull’uso delle calcolatrici grafiche.