Euclid, una torcia nel buio
Con la missione di Euclid inizia una raccolta dati che potrebbe cambiare il corso della cosmologia

Euclid, il telescopio spaziale dell’ESA, è stato progettato per dare qualche risposta alle numerose domande che affollano la cosmologia. Il suo scopo è infatti dedurre la distribuzione e l’evoluzione della materia oscura e dell’energia oscura osservando miliardi di galassie a miliardi di anni luce di distanza.
Il suo viaggio è appena iniziato: lanciato a luglio 2023, il 19 marzo 2025 sono stati resi pubblici i primi dati. La missione continuerà a fornire informazioni per almeno sei anni e contribuirà in modo determinante al progresso della cosmologia.
“Per due punti distinti passa una e una sola retta.” Si tratta di un enunciato familiare. È uno dei cinque postulati fondamentali della geometria e fu formulato da Euclide, tra il quarto e il terzo secolo a.C.
Euclide visse ad Alessandria d’Egitto, alla Scuola dell’illuminato faraone Tolomeo I, e fu matematico e geometra. La sua opera più famosa, gli Elementi, è un testo fondante della matematica e definisce in maniera ordinata i concetti di geometria planare e solida e di aritmetica.
Duemilacinquecento anni dopo gli Elementi di Euclide, Einstein cercava di capire perché l’Universo, stando alle equazioni di Friedmann, si espandesse. Dato che Einstein non credeva all’ipotesi dell’espansione dell’Universo, decise di prendere quelle equazioni e, quasi per disperazione, inserire una costante, L. La aggiunse apposta per poter eliminare quel fastidioso meccanismo di espansione: non sapeva di aver dato i natali a quella che oggi si chiama costante cosmologica e di avere anche formalizzato il concetto di energia oscura. Oggi sappiamo che l’Universo si espande e ne abbiamo la certezza grazie a prove empiriche.
L’Universo si espande secondo un ritmo di dilatazione che possiamo spiegare presumendo che sia composto non solo di stelle e di gas, ossia di materia ‘luminosa’ che può brillare da sé o di riflesso, ma anche di qualcos’altro. Questo “qualcosa” è costituito in parte da materia oscura, ovvero una forma di particella che non interagisce con la luce in nessun modo ed è quindi invisibile, e in parte da energia oscura, che possiamo immaginare come una pressione negativa che dilata l’Universo e contrasta il collasso gravitazionale.
Per spiegare le caratteristiche dell’Universo come lo vediamo oggi, serve la giusta combinazione di componenti: la materia luminosa costituirebbe solo il 2% del budget energetico dell’Universo, la materia oscura il 23%, mentre l’energia oscura costituirebbe il rimanente 70%. È possibile che non sia la prima volta che sentite parlare di materia oscura ed energia oscura, e che leggete queste percentuali. Vorreste saperne di più? Mi spiace deludervi, nessuno sa molto più di questo. Finora queste componenti oscure dell’Universo non sono mai state osservate e forse non sono in alcun modo osservabili. L’aggettivo “oscure” in effetti, lo suggerisce.
La missione di Euclid
Esiste un modo per accendere un faro in questa oscurità e dare risposte alle numerose domande della cosmologia? A questo punto, dopo il filosofo greco, un altro Euclide corre in nostro soccorso: si tratta di Euclid[1], un telescopio spaziale dell’ESA (European Space Agency), lanciato nel luglio 2023, il cui scopo è “osservare” miliardi di galassie a miliardi di anni luce di distanza affinché ricercatrici e ricercatori possano dedurre la distribuzione e l’evoluzione della materia oscura e dell’energia oscura.
Euclid non è un telescopio studiato per guardare molto lontano (come invece è il James Webb Space Telescope della NASA, attualmente in orbita), ma per abbracciare il campo più ampio possibile e realizzare la mappa tridimensionale più dettagliata dell’Universo mai creata. Per farlo, Euclid porta con sé due strumenti: il primo si chiama VIS (Visible Imaging Channel) e servirà a creare immagini ad altissima risoluzione e, quindi, a esplorare le due coordinate celesti, cioè l’ascensione retta e la declinazione, che sono un po’ come latitudine e longitudine, ma sulla volta del cielo; il secondo si chiama NISP (Near Infrared Spectrometer and Photometer) e fornirà degli spettri, cioè dei profili di emissione di oggetti astrofisici che evidenziano quale tipo di luce viene emessa maggiormente. Questo tipo di dato aiuterà a determinare la distanza di quell’oggetto da noi osservatori, fornendo quindi la terza dimensione.
NISP flight model at LAM - The completed flight hardware of the NISP instrument after wrapping |
![]() VIS Calibration Unit - VIS Calibration Unit, fully functional qualification model
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Conviene fare una digressione per capire meglio che cosa significa creare una mappa tridimensionale dell’Universo. Non è solo una questione di spazio, ma anche di tempo, dato che in Relatività Generale i due concetti sono collegati. In astrofisica, la distanza può avere varie unità di misura, a seconda di quanto è lontano l’oggetto che stiamo studiando. La distanza Sole-Terra, per esempio, è di 150 milioni di chilometri e prende il nome di Unità Astronomica. Ma non appena usciamo dal perimetro del Sistema solare i chilometri servono a poco: in effetti, non misureremmo mai un campo di calcio con un righello.
Gli astronomi in questi casi ricorrono a una misura diversa rifacendosi all’effetto Doppler, quello per cui il suono della sirena di un’ambulanza, quando questa ci sfreccia accanto, sembra deformarsi. Questo stesso effetto si osserva per la luce: il colore di un oggetto che si allontana da noi a grande velocità, subirà una modifica ai nostri occhi. Quindi, una galassia lontanissima, che si allontana da noi a velocità paragonabili a quelle della luce, emetterà un certo spettro, ma la nostra misura sarà di un colore diverso da quello originale. E se siamo abbastanza bravi da risalire allo spettro originale, possiamo usare quella differenza per dare un indicatore assoluto di distanza. Per esempio, sappiamo che una galassia ha un’emissione dominante di un certo colore. Chiamiamo l0 la lunghezza d’onda che marca quel colore, che sarà diversa dal colore l che invece noi osserviamo dalla Terra. Allora definiamo questo spostamento, indicato con il termine redshift, con la seguente relazione:
Questo rapporto è molto più facile da gestire di una distanza e identifica in modo assoluto dove si trova la nostra sorgente rispetto a un Universo in espansione: galassie vicine alla nostra avranno un redshift prossimo a 0, dato che questa distorsione del colore non è ancora significativa, ma per galassie via via più distanti osserveremo che z > 0, fino ad arrivare a quelle più lontane note oggi, che si trovano a z = 12.
A mano a mano che ci si sposta verso alti valori di redshift, gli strumenti ci offrono una visione dell’Universo molto particolare: più la luce parte da lontano, più tempo impiega a raggiungerci. In un certo senso, la luce di oggetti molto lontani arriva a noi come se fosse vecchia, ovvero ci mostra un’immagine di com’era quell’oggetto quando la sua luce è partita. Perciò, una mappatura tridimensionale dell’Universo è fondamentale non solo per comprendere il suo aspetto di oggi, ma anche per capire com’era un tempo.
Grazie alla luce delle galassie più lontane, Euclid consentirà di avere uno sguardo su come la struttura a larga scala dell’Universo è cambiata nel tempo, offrendo la possibilità di migliorare i nostri modelli matematici che cercano di descriverne l’evoluzione.
Struttura a larga scala della distribuzione di galassie, dall’Universo di oggi (a sinistra)
fino al suo aspetto 3 miliardi di anni fa (a destra), all’epoca della formazione delle prime galassie.
Si pensa che l’Universo in origine fosse quasi perfettamente omogeneo, senza granulosità, una ‘marmellata’ di materia omogeneamente distribuita. Da questo fluido primordiale, siamo arrivati all’Universo di oggi, in cui le galassie si riuniscono in ammassi come gli acini in grappoli d’uva e formano lunghi filamenti cosmologici che si alternano a giganteschi spazi vuoti. Com’è nata questa disomogeneità? Euclid ci aiuterà a scoprirlo.
Per i suoi scopi, la missione sfrutterà alcune delle conseguenze più interessanti della Relatività Generale. In sintesi, secondo Einstein la forza di gravità in sé non esisterebbe, ma ogni oggetto è capace di piegare lo spazio intorno a sé creando una specie di buca verso la quale gli altri oggetti sono attirati. Ma se davvero lo spazio intorno a un oggetto massiccio è fortemente piegato, allora anche la traiettoria di un elemento senza massa, come la luce, risulterà deformata.
Un’istruttiva visualizzazione della gravità secondo la relatività generale. |
Questo fenomeno si chiama lensing gravitazionale. È interessante perché è un effetto grazie a cui anche un oggetto invisibile (oscuro) può rivelarsi. Studiando i dati di Euclid, saremmo in grado di calcolare come l’immagine di galassie molto lontane viene deformata e piegata; quindi di capire quanti elementi di disturbo la luce ha incontrato sul suo tragitto, come questi sono fatti e quanti rispondono alla definizione di materia oscura: avremo un ritratto del cosmo completo di chiaroscuri, come non si è mai visto prima in cosmologia.
Per anni, materia oscura ed energia oscura sono state etichette per fenomeni che non sapevamo spiegare. Ma se Euclid riuscisse nell’impresa di dare qualche informazione sulla distribuzione di questi elementi invisibili, la comunità astronomica potrebbe trovarsi davanti a un bivio: da una parte, la conferma delle nostre teorie attuali, dall’altra la necessità di rivedere la Relatività Generale che da un secolo regge la nostra descrizione dello spazio-tempo. Sarebbe una rivoluzione paragonabile a quella di Copernico o Newton, per scomodare due nomi importanti.
Il viaggio di Euclid è appena iniziato. Il 19 marzo 2025 i primi dati sono stati resi pubblici, con la Quick Data Release 1[1]. La missione continuerà a fornire dati per almeno sei anni e contribuirà in modo determinante al progresso della cosmologia. Come il suo omonimo predecessore, ci porterà una nuova comprensione della geometria, ben oltre i confini di un quaderno, di un ponte, un edificio o un pianeta, ma dentro l’essenza stessa dello spazio che ci circonda.
Prime immagini pubbliche della missione Euclid
Referenze iconografiche: © alexgo.photography / Shutterstock, © Euclid Consortium, © VIS team, © 2025 Euclid Consortium,
© ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, image processing by J.-C. Cuillandre, E. Bertin, G. Anselmi,© BlackBoxGuild/Shutterstock