Le dimostrazioni - Parte III: a che cosa servono?
Hanno più di un ruolo e l’autore ci aiuta a scoprire quali
In matematica il metodo logico-deduttivo basato sulle dimostrazioni è di fondamentale importanza: in linea di principio, nessun enunciato che non sia un assioma andrebbe preso per vero senza una dimostrazione! Ma questo sguardo rigoroso è decisamente riduttivo e non fornisce una spiegazione adeguata dei molti ruoli delle dimostrazioni nella pratica e nella didattica della matematica.
Dimostrazioni per comprendere meglio
Nonostante i matematici professino spesso un’aderenza assoluta alla precisione e al rigore, la quasi totalità delle dimostrazioni non nasce già codificata in un sistema formale (come quello dei Principia Mathematica di Russel e Whitehead o, più di recente, utilizzando degli assistenti come Coq o Isabelle). Infatti, a pochi vanno veramente a genio le dimostrazioni formalmente corrette ma incomprensibili, o perché espresse in termini eccessivamente astratti, o perché ottenute con l’aiuto dei computer, che da un lato permettono di effettuare verifiche inaccessibili per i matematici in carne e ossa, ma dall’altro sono come degli oracoli che danno una risposta senza fornire spiegazioni. Un esempio è la dimostrazione del teorema dei quattro colori, in cui è stato utilizzato un computer per effettuare a forza bruta un numero enorme di verifiche.
L’avversione nei confronti delle dimostrazioni rigorose ma incomprensibili suggerisce che, in matematica, le migliori dimostrazioni non solo garantiscono la verità di un’affermazione, ma aiutano anche a comprendere meglio come mai essa sia corretta.
Questo teorema si può però dimostrare anche per via grafica. È sufficiente rappresentare in modo opportuno la somma dei primi numeri naturali. Rappresentiamo 1 con un pallino, 2 con due pallini nella riga successiva, allineando l’ultimo a quello della riga precedente, e procediamo allo stesso modo finché non arriviamo a n. Ecco che cosa otteniamo per n da 1 a 4.
Questo rettangolo ha n(n+1) pallini, che sono il doppio dei pallini del triangolo nero. Ricordiamo che i pallini del triangolo nero sono in numero pari alla somma dei numeri da 1 a n: questo conclude la dimostrazione della formula iniziale.
Ora facciamo un passo indietro e confrontiamo le due dimostrazioni. La prima è simbolica e appare più “rigorosa”, ma non getta alcuna luce sulla formula esaminata. La seconda – che utilizza anche degli elementi grafici e che sembra contenere degli aspetti più imprecisi (infatti non è immediato spiegare come disporre i pallini per un numero qualsiasi; è molto più semplice mostrarlo con un disegno e lasciar intuire la generalizzazione) – è in realtà corretta tanto quanto la prima, ma in più permette di capire meglio perché l’uguaglianza è vera.
Dimostrazioni per scoprire
Le dimostrazioni servono anche per alimentare il processo di scoperta in matematica. Per esempio, nella parte II abbiamo accennato al fatto che, per la maggior parte delle dimostrazioni presentate nella scuola secondaria, sono note le ipotesi minime. Questo è possibile solo grazie a un’attenta analisi, non sempre facile per enunciati più complessi. La branca della matematica che ancora oggi si occupa di questo tipo di domande si chiama reverse mathematics.
Può anche succedere che proprio nel corso di una dimostrazione ci si renda conto che un teorema si può generalizzare. Per esempio, nella dimostrazione del teorema sulla probabilità dell’evento contrario esaminato nella parte II le uniche proprietà utilizzate sono:
- Α e Ā sono disgiunti;
- la probabilità di due eventi disgiunti è la somma delle probabilità di ogni singolo evento;
- la probabilità di Ω è 1.
Questo permette di generalizzare il teorema a casi anche molto diversi da quello di partenza. Vediamone due:
- Ω ha una probabilità finita ma diversa da 1: in tal caso, la formula diventa p(Ā) = p(Ω) − p(A);
- lo spazio degli eventi non è finito, ma la probabilità verifica comunque l’ipotesi 2 e p(Ω) < +∞.
Solo l’analisi della dimostrazione ci consente queste generalizzazioni che, a priori, non sarebbero state facili da immaginare.
Dimostrazioni come strumento di sintesi e di comunicazione
La ricerca in matematica, al contrario di quanto viene presentato negli articoli scientifici e nei libri di testo, non è mai ordinata in modo preciso e sequenziale. Prima di ottenere una conclusione rilevante e pronta per essere sottoposta alla comunità, possono essere necessari tanti tentativi che si rivelano fallimentari. Alessio Figalli, vincitore della medaglia Fields nel 2018, descrive quest’attività di ricerca come l’apertura di una nuova via per raggiungere una vetta: spesso è necessario tornare sui propri passi, rivedere le assunzioni di base e dotarsi di strumenti più appropriati per la montagna che si sta scalando. Questo richiede di abbandonare dei tentativi che sembravano promettenti, ma che non hanno permesso di raggiungere gli obiettivi prefissati. Solo dopo essere giunti in cima è possibile sintetizzare il lavoro svolto per condividerlo con la comunità. Non sempre è utile soffermarsi sui passi falsi; invece è fondamentale comunicare in modo chiaro la strada vincente in modo che altri la possano ripercorrere ed eventualmente utilizzare i risultati raggiunti come punto di partenza per affrontare una nuova cima.
Inoltre, i matematici non si fermano una volta trovata una dimostrazione. Ancora oggi numerosissimi teoremi vengono dimostrati con tecniche sempre diverse, che di volta in volta mettono in luce aspetti nuovi del risultato studiato o che sono più sintetiche di quelle originali. Per esempio, il teorema di Pitagora vanta più di 350 dimostrazioni a opera di grandi scienziati o di matematici dilettanti, tra cui James A. Garfield, un presidente degli Stati Uniti d’America.
Invece, un esempio estremo dell’utilità di cercare nuove dimostrazioni che sintetizzino quelle già esistenti è stato dato nel 2010 da Peter Scholze (insignito della medaglia Fields nel 2018, insieme ad Alessio Figalli), che divenne famoso per aver condensato una dimostrazione di 288 pagine in sole 37 utilizzando delle idee innovative che collegano la geometria alla teoria dei numeri.
Le dimostrazioni a scuola
In classe, le dimostrazioni non possono e non devono ricoprire necessariamente tutti i ruoli che hanno nella ricerca scientifica. Secondo il professor Reuben Hersh dell’Università del New Mexico, alcune dimostrazioni sono come trucchi di magia che non dovrebbero essere mostrate in classe se non quando si vuole che, come direbbe lo stesso Hersh, gli allievi vedano saltellare i conigli sulla lavagna.
Con le parole di Emilio Ambrisi, presidente della Mathesis dal 2009 al 2019, possiamo affermare che nell’insegnamento della matematica nella scuola secondaria la dimostrazione deve essere considerata soprattutto spiegazione. Deve servire per spiegare e far comprendere. Per far vedere agli studenti il perché della verità di un teorema, ma soprattutto per fare matematica, per riflettere, ragionare, comprendere e liberare la mente, prepararla a connettere pezzi di matematica appresa, porsi nuovi problemi.
Per approfondire
Coq e Isabelle sono proof assistant, software che permettono di verificare le dimostrazioni scritte in sistemi formali, per esempio quelli assiomatici della matematica.
Coq è stato utilizzato per esempio per certificare la correttezza della dimostrazione del teorema dei quattro colori, famosa per essere la prima dimostrazione a includere dei passaggi fondamentali ottenuti con un computer.
Sitografia
Una breve storia della dimostrazione del teorema dei quattro colori si può leggere nel blog di Mathone, nell’articolo intitolato Teorema dei quattro colori: storia, colorazioni di grafi e applicazioni
Proof as a Tool for Learning Mathematics è un articolo sulla distinzione tra dimostrazioni per verificare la correttezza di un’affermazione e dimostrazioni per comprendere il perché l’affermazione sia vera. È disponibile in pdf sul sito del MIT: https://web.mit.edu/
118 dimostrazioni del teorema di Pitagora sono raccolte alla voce Pythagorean Theorem (122 proofs) nel menu Geometry che si trova in Homepage del sito Cut the Knot
Cinque dimostrazioni dell’infinità dei numeri primi si possono leggere nell’articolo Proofs that there are infinitely many primes di Chris Caldwell sul sito https://t5k.org/
Il video integrale dell’intervento di Alessio Figalli al XXI Congresso UMI a Pavia, in cui il matematico parla anche dell’analogia tra dimostrare un teorema e scalare una montagna, è disponibile sul sito https://maddmaths.simai.eu/
Referenze iconografiche: Vixit/Shutterstock, marekuliasz/Shutterstock, Pyty/Shutterstock