Next Generation EU e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Obiettivi, struttura e risorse del piano di intervento europeo
Gli effetti economico-sociali della pandemia di Covid-19
A partire dai primi mesi del 2020 si è diffusa in tutto il mondo l’epidemia di Covid-19. La propagazione del virus è iniziata in Cina, per contaminare poi l’Europa, gli Stati Uniti e il resto del mondo. L’Italia è il paese che, in Europa, è stato colpito per primo e con maggiore virulenza, trovandosi a fronteggiare l’epidemia con severe misure di lockdown, non essendo disponibili né vaccini, né specifici medicinali in grado di combattere la malattia.
Il lockdown consiste in provvedimenti finalizzati a evitare assembramenti che possano favorire la diffusione del virus, imponendo ai cittadini severe restrizioni alla libertà di movimento e limitando, o addirittura chiudendo, attività economiche e produttive. Nella fase iniziale della pandemia esso ha rappresentato la più severa ed efficace misura di contrasto al virus, assieme all’adozione di misure di protezione personale, quali l’utilizzo di mascherine, guanti, igienizzanti per le mani e per le superfici ecc. L’applicazione delle misure di lockdown per lunghi periodi ha comportato serie conseguenze a livello economico e sociale.
Gli effetti economici del lockdown sono stati molto gravi: interi settori hanno dovuto interrompere l’attività per lunghi periodi; citiamo, a titolo di esempio, gli esercizi commerciali, i ristoranti, gli alberghi, gli impianti sportivi, le discoteche. Anche il mondo della produzione è stato duramente colpito, in quanto hanno potuto mantenere la propria attività solo i settori considerati essenziali, mentre gli altri hanno dovuto sottostare alla chiusura degli impianti. In questo contesto alcuni settori hanno invece incrementato le proprie attività, come ad esempio l’e-commerce, che nei momenti di stretto lockdown ha rappresentato l’unica possibilità di acquistare prodotti non disponibili negli esercizi commerciali chiusi.
Gli effetti sociali del lockdown sono stati altrettanto severi: la limitazione della libertà di movimento, l’imposizione di misure di protezione individuale, l’impossibilità di condurre una vita “normale” dovendo rinunciare ad abitudini consolidate (per la chiusura di bar, ristoranti, cinema, teatri, discoteche ecc.) hanno inciso profondamente sullo stato d’animo di larga parte della popolazione. Per la scuola, nei periodi in cui non era possibile l’attività in presenza, è stata utilizzata la didattica distanza, che ha però evidenziato, soprattutto a causa del lungo periodo in cui è stata applicata, una minore efficacia rispetto all’insegnamento tradizionale. La chiusura delle attività produttive ha infine comportato una sensibile riduzione del reddito delle famiglie, solo parzialmente compensata dai provvedimenti di sostegno economico disposti dal Governo; diverse attività commerciali e produttive hanno ridotto o cessato l’attività, con la conseguente perdita di posti di lavoro. Come conseguenza di queste situazioni, durante la crisi pandemica è aumentato, in Italia, il livello della povertà.
Durante i periodi di lockdown, la forte riduzione delle attività produttive e le restrizioni alla mobilità delle persone hanno creato scenari surreali e impensabili prima dell’epidemia del 2020: città deserte, autostrade senza traffico, silenzio imperante ovunque. In questo contesto si sono riscontrati effetti positivi sull’ambiente, con la riduzione dell’inquinamento atmosferico e delle emissioni di CO2, il ritorno della fauna selvatica nei parchi urbani, l’espansione di numerose specie acquatiche in prossimità delle coste, come i delfini avvistati in diversi porti. Tutto ciò ha suscitato una nuova consapevolezza della necessità di proteggere l’ambiente naturale e della possibilità di realizzarlo senza dover necessariamente limitare le attività produttive.
La risposta dell’Europa alla crisi pandemica
La pandemia di Covid-19 ha provocato in Europa un impatto economico di notevole gravità, superiore a quello delle crisi finanziarie degli ultimi decenni: nel 2020 si è registrata una grave recessione, che ha comportato riduzioni del PIL, la chiusura di molte imprese e la perdita di numerosi posti di lavoro. In questo contesto la risposta delle istituzioni europee non è stata immediata e univoca, passando attraverso successive fasi in cui è stata definita la strategia di intervento.
Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nato da modifiche al Trattato istitutivo della comunità europea e in vigore dal 2009, prevede il principio della solidarietà tra gli Stati membri, specificando che essi sono tenuti ad agire congiuntamente quando uno di essi chieda assistenza per avere subito un attentato terroristico o una calamità naturale. È indubbio che la pandemia del 2020 rientri nella previsione di calamità naturale e, di conseguenza, avremmo dovuto assistere, all’interno dell’Unione, a interventi di aiuto concreto a favore dei Paesi più colpiti, tra cui rientra l’Italia. Purtroppo, almeno nella fase iniziale, non è stato così: molti Stati si sono rinchiusi in se stessi, chiudendo le frontiere e limitando la cooperazione economica con gli altri paesi dell’Unione e con il resto del mondo. In un secondo momento, però, è stato riscoperto il valore della solidarietà, sia istituendo forme di aiuto economico, sia cooperando a livello sanitario.
Gli interventi in ambito sanitario si sono sviluppati inizialmente su iniziativa dei singoli Stati, ad esempio mettendo a disposizione ospedali per curare le persone malate indipendentemente dalla loro nazionalità, o fornendo attrezzature mediche essenziali, come i ventilatori polmonari. L’Unione europea con il programma Horizon 2020 ha finanziato diversi progetti volti a sperimentare un vaccino contro il Covid-19 e a migliorare la diagnostica e la gestione clinica. La Commissione europea ha poi stipulato i contratti di acquisto dei vaccini anti Covid-19.
Gli interventi a sostegno dell’economia sono ben presto risultati necessari per fronteggiare le gravissime conseguenze della pandemia. Tra i diversi Paesi dell’UE, l’Italia è stato uno dei più attivi nel promuovere un piano di intervento di grandi proporzioni, finalizzato ad aiutare i Paesi più colpiti dall’epidemia e dalla conseguente crisi economica. Inizialmente si parlava di Recovery fund, sottolineando la sua funzione volta a favorire la ripresa economica. Successivamente, in seguito a una incisiva azione della Commissione europea che ha voluto potenziare l’intervento, dotandolo di ingenti risorse economiche e finalizzandolo a uno sviluppo economico che perseguisse obiettivi strategici innovativi, esso è stato denominato Next Generation EU.
Il Next Generation EU
Quale sia lo scopo del Next Generation EU lo spiega con chiarezza il sito internet della Commissione europea: «Non è soltanto un piano per la ripresa. Si tratta di un’occasione unica per uscire più forti dalla pandemia, trasformare le nostre economie, creare opportunità e posti di lavoro per l’Europa in cui vogliamo vivere. […] Uno strumento temporaneo per la ripresa che contribuirà a riparare i danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia di coronavirus per creare un’Europa post Covid-19 più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future».
Il piano ha una dotazione finanziaria considerevole: oltre 800 miliardi di euro che, uniti al bilancio a lungo termine dell’UE, rappresenta il più ingente pacchetto di misure di stimolo economico mai finanziato in Europa. Si tratta complessivamente di un totale di oltre 2.000 miliardi di euro a prezzi correnti. L’intervento si articolerà innanzitutto in misure di sostegno economico per superare gli effetti devastanti della crisi, favorendo la ripresa produttiva e lo sviluppo dell’occupazione. Ma la componente più innovativa, cui è destinata una parte consistente delle risorse economiche del piano, è quella dedicata agli obiettivi strategici, che intendono promuovere un futuro migliore per le prossime generazioni:
- la transizione energetica, mediante lo sviluppo di fonti energetiche alternative e l’abbandono graduale dei combustibili fossili, al fine di azzerare entro il 2050 le emissioni nette di gas a effetto serra;
- lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione, necessarie a perseguire e sviluppare gli obiettivi innovativi del piano;
- la transizione digitale, per favorire lo sviluppo di infrastrutture e competenze digitali in grado di rafforzare la competitività dell’Unione in ambito tecnologico, ridurre il peso della burocrazia e avvicinare i cittadini alle istituzioni;
- la resilienza, cioè la capacità di superare con minore impatto eventuali crisi globali future;
- la lotta ai cambiamenti climatici, responsabili di gravi conseguenze per le popolazioni colpite da calamità naturali sempre più frequenti e disastrose;
- la protezione della biodiversità, delle risorse naturali e dell’ambiente;
- la parità di genere, per portare ad attuazione l’uguaglianza tra uomini e donne in ogni ambito della vita, e in particolare nelle attività lavorative.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
La Commissione europea ha stabilito precisi criteri per l’assegnazione dei fondi del Next Generation EU. In particolare, ciascuno Stato deve presentare un piano dettagliato degli interventi previsti, che devono essere coerenti con gli obiettivi definiti dal piano europeo. L’assegnazione dei fondi avverrà per stati di avanzamento, dopo aver verificato che i programmi previsti siano stati rispettati.
Il governo italiano ha predisposto un piano chiamato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) il quale, dopo le necessarie fasi di consultazione e approvazione avvenute in Italia, è stato presentato alla Commissione europea e approvato dagli organi comunitari preposti.
Le tappe per l’approvazione del PNRR
Le principali azioni previste nel PNRR
Il PNRR, predisposto seguendo le linee guida emanate dalla Commissione europea, è strutturato in quattro capitoli fondamentali:
- Obiettivi generali e struttura del Piano
- Riforme e investimenti
- Attuazione e monitoraggio
- Valutazione dell’impatto macroeconomico
I progetti di investimento del PNRR sono raggruppati in 16 componenti, a loro volta distribuiti in 6 missioni.
Missione 1: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura
- Il 100% della popolazione connessa entro il 2026
- Connessioni veloci per 8,5 milioni di famiglie e imprese
- “Scuola connessa” per portare la fibra ottica in ulteriori 9.000 scuole
- Connettività a 12.000 punti di erogazione del SSN
- Approccio digitale per il rilancio di turismo e cultura
Missione 2: rivoluzione verde e transizione ecologica
- Potenziamento del riciclo rifiuti
– 55% elettrici
– 85% carta
– 65% plastiche
– 100% tessile - Riduzione delle perdite di acqua potabile sulle reti idriche
- Ogni anno 50.000 edifici privati e pubblici più efficienti, per un totale di 20 milioni di metri quadrati
- Sviluppo della ricerca e del sostegno all’uso dell’idrogeno nell’industria e nei trasporti
Missione 3: infrastrutture per una mobilità sostenibile
- Modernizzazione e potenziamento delle ferrovie regionali
- Riduzione dei tempi sulle tratte ferroviarie
– Roma-Pescara di 1h20’
– Napoli-Bari di 1h30’
– Palermo-Catania di 1h
– Salerno-Reggio Calabria di 1h - Investimenti sui porti verdi
Missione 4: istruzione e ricerca
- 228.000 nuovi posti in asili nido per bambini fra 0 e 6 anni
- Trasformazione di 100.000 classi in connected learning environments
- Ristrutturazione di scuole per 2,4 milioni di metri quadrati
- Cablaggio di 40.000 edifici scolastici
- 6.000 nuovi dottorati a partire dal 2021
Missione 5: inclusione e coesione
- Un programma nazionale per garantire occupabilità dei lavoratori (GOL)
- Un “Fondo Impresa Donna” a sostegno dell’impresa femminile
- Più sostegni alle persone vulnerabili, non autosufficienti e con disabilità
- Investimenti infrastrutturali per le Zone Economiche Speciali
Missione 6: salute
- 1.288 nuove case di comunità e 381 ospedali di comunità per l’assistenza di prossimità
- Fornire assistenza domiciliare al 10% degli over 65
- 602 nuove Centrali Operative Territoriali per l’assistenza remota
- Oltre 3.133 nuove grandi attrezzature per diagnosi e cura
La Commissione europea ha raccomandato all’Italia di realizzare una serie di riforme per rimuovere gli ostacoli che hanno frenato la crescita italiana negli ultimi decenni, per aumentare il potenziale di crescita, migliorare equità, competitività ed efficienza, favorire una ripresa economica sostenibile e duratura, ridurre le disparità che frenano lo sviluppo dell’economia (ad esempio tra aree geografiche, uomini e donne, giovani e adulti). La realizzazione di queste riforme è requisito per ricevere l’erogazione dei fondi europei.
Le principali riforme previste nel PNRR sono:
- la riforma della pubblica amministrazione, per renderla più efficiente attraverso lo sviluppo delle competenze del personale, il potenziamento della digitalizzazione, la semplificazione delle procedure;
- la riforma del sistema giudiziario, per abbreviare la durata dei processi e ridurre gli arretrati giudiziari;
- la semplificazione e razionalizzazione della legislazione;
- riforme per promuovere la concorrenza, come strumento di coesione sociale e crescita economica;
- altre riforme di carattere settoriale, volte a migliorare l’efficienza all’interno di specifici settori di intervento; ad esempio la riforma fiscale, che prevede norme contro l’evasione, la riduzione delle tasse sul lavoro, la riforma del catasto e la razionalizzazione delle agevolazioni.
Le risorse economiche
Il PNRR italiano prevede investimenti per 235,1 miliardi di euro, così finanziati:
- 191,5 miliardi di euro di risorse europee, attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, di cui
– 68,9 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto;
– 122,6 miliardi di prestiti; - 13 miliardi dal fondo europeo React EU, destinato a favorire la ripresa in una prospettiva di coesione tra i diversi territori d’Europa;
- 30,6 miliardi di risorse nazionali, provenienti da un Fondo complementare, finanziato attraverso uno scostamento pluriennale di bilancio.
I fondi sono assegnati alle varie missioni del PNRR tenendo conto delle priorità delineate dalla Commissione europea attraverso i tre assi strategici della digitalizzazione e innovazione, della transizione ecologica e dell’inclusione sociale. Le missioni che dispongono di maggiori finanziamenti sono infatti la 2 (rivoluzione verde e transizione ecologica) e la 1 (digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura), che riceveranno complessivamente oltre la metà dei finanziamenti previsti.
La realizzazione del Piano prevede la responsabilità diretta dei Ministeri e delle Amministrazioni locali per la realizzazione delle attività di propria competenza.
Al Ministero dell’Economia e delle Finanze è assegnata la funzione di monitoraggio, cioè il compito di controllare l’attuazione delle riforme e l’avanzamento degli investimenti; è inoltre prevista una Cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio.
L’impatto del PNRR sull’economia italiana
Trascorsi 5 anni, è stato valutato dal Governo in un incremento di 3,6 punti percentuali di PIL rispetto a uno scenario economico privo di questo strumento; inoltre, si prevede che l’occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali.
Come possiamo leggere nel sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il PNRR è «un intervento che intende riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica, contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana, e accompagnare il Paese su un percorso di transizione ecologica e ambientale. Il PNRR contribuirà in modo sostanziale a ridurre i divari territoriali, quelli generazionali e di genere».
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