Libri in classe: Jack London, Il richiamo della foresta
Autore: Jack London
Editore: Mondadori (Milano 2013)
Temi: il viaggio, la ricerca della propria identità, la natura, l’amore devoto, il rapporto tra uomo e animali, la durezza della vita
Destinazione: scuola secondaria di secondo grado
Se l’adolescenza è quella fase della vita in cui l’individuo cerca di formare la propria identità soprattutto attraverso l’esplorazione della dimensione affettiva e relazionale, Il richiamo della foresta di Jack London è e resta, a un secolo dalla pubblicazione, una potente allegoria di questo momento critico dell’esistenza. È la storia di un viaggio difficile ma anche meraviglioso alla scoperta della propria natura, scoperta che può realizzarsi soltanto in virtù di una grandissima amicizia. L’autore chiama questo sentimento con la parola “amore”: esso è «amore febbrile, ardente, l’amore che è adorazione e follia», una passione smisurata che, messa alla prova, spinge a salvare l’amato anche a costo della propria vita e che non cessa neppure dopo la sua morte. I temi della ricerca dell’ignoto e dell’amore devoto che troviamo qui, ambientati nel Grande Nord americano, sono quelli della quête e del vassallaggio d’amore della tradizione cortese-cavalleresca; al posto di un cavaliere e una dama, tuttavia, abbiamo, com’è noto, il cane Buck e il suo padrone John Thornton. Un amore anomalo, tra “diversi”, la cui forza oltrepassa perfino i confini della specie.
Ma è solo il cane, non l’uomo, il protagonista indiscusso della narrazione, l’unico personaggio che percorre da cima a fondo tutta la storia e il cui punto di vista viene spesso assunto dal narratore. Molte volte non sappiamo se pensieri, desideri, sentimenti appartengano all’uno o all’altro, se ci troviamo di fronte a un cane antropomorfo o a un uomo che traduce per noi il linguaggio canino. Oltre a mettere alla prova le categorie narratologiche, questa fusione dei punti di vista ci obbliga a riflettere su intelligenze, sensibilità, sentimenti, diritti degli animali non umani e sulla posizione, relativa, che occupa l’uomo nel mondo.
C’è poi un altro tipo di fusione, che si affaccia nel finale della storia: l’immersione panica di Buck nella foresta. Questo motivo, e altri come l’intenso vitalismo, la lotta per la supremazia, l’eccezionalità di Buck, non più cane ma anche più di un lupo (una sorta di “metalupo”), sono tutti temi nietzschiani che ritroviamo nelle opere del nostro D’Annunzio.
La forza di London, come quella di altri suoi compatrioti, sta nel far parlare l’esperienza e, in particolare, l’esperienza mitica della frontiera: uno spazio remoto in cui l’uomo, attraverso la lotta contro l’elemento selvaggio, rigenera e trasforma sé stesso. Persino la screen generation potrebbe cadere nella trappola ed essere catturata dall’aspro senso di vitalità che emana dalle pagine di questo libro. In effetti ci sono tutti gli ingredienti dell’intrattenimento hollywoodiano, come azione, violenza, amore, trasgressione, ma impastati in modo diverso, in un modo che potrebbe risultare anche più stuzzicante ed è, certamente, più sostanzioso. In fatto di commozione, poi, non c’è miniserie o soap opera che tenga di fronte alla tenerezza, alla generosità, alla purezza di cuore di un cane. Mentre sangue ed emozioni scivolano via sulle superfici degli schermi davanti alla nostra assuefatta indifferenza, la parola scritta, sorbita clandestinamente nella propria stanza oppure proclamata a chiare lettere in classe, risuona profondamente e a lungo, come un richiamo che di lontano scuota le tirate corde del nostro essere. Alla solitudine passiva dello spettatore potrebbe subentrare un colloquio intimo tra lettore e narratore o, anche, un dibattito accalorato tra compagni di classe.
Referenze iconografiche: Josef Pittner/Shutterstock