Almeno cinquanta palleggi

Il viaggio di Destiny per una vita migliore

Abbiamo il piacere di pubblicare un racconto inedito di Oscar Logoteta, scrittore di gialli e noir. Per noi ha scelto di raccontare una storia che parla di immigrazione, destino, speranza e amicizia. Il viaggio di Destiny e suo padre, nigeriani in fuga dalla guerra, diventa spunto profondo per riflettere su un tema di forte attualità, quello dei fenomeni migratori, e sui valori di rispetto e solidarietà verso l’altro, valori che possono consolidarsi attraverso la conoscenza e l’istruzione.

L’importanza che hanno assunto i temi di educazione alla cittadinanza e di conoscenza della Costituzione all’interno del nuovo Esame di Stato e la legge del 20 agosto 2019, che istituisce la materia di educazione civica, pongono al centro dell’attenzione di tutti i docenti, e in particolare dei docenti di italiano, la necessità di una riflessione e di un approfondimento su questioni e argomenti che rientrano in questo ambito.
Con questo numero diamo avvio a una nuova proposta articolata che vuole suggerire testi e percorsi per lavorare in classe su temi e su questioni di educazione alla cittadinanza e di educazione civica.
Abbiamo chiesto a cinque scrittori contemporanei un racconto originale che pubblicheremo in ciascuno dei prossimi numeri della newsletter. Ogni racconto toccherà un tema specifico e potrà costituire l’occasione e lo spunto per affrontare in classe una discussione o un approfondimento. A questo fine abbineremo ai racconti anche una proposta di letture per gli studenti su quello stesso tema individuato.
Abbiamo affidato l’esordio a Oscar Logoteta e al suo racconto sul tema dell’importanza dell’istruzione e della scuola.


«Filippo prese tra le mani la vecchia fotografia di classe della terza media. Ci passava l’indice sopra come ad accarezzare la professoressa Righini: quello che Filippo era diventato, molto, lo doveva a lei. Poi l’occhio gli cadde sul ragazzo più alto del gruppo. Destiny svettava su tutti. Anche a lui fece una carezza con l’indice.
La scritta ai piedi della foto diceva: anno scolastico 2017/2018.
Dopo dodici anni, rivedere quella foto, suscitò in lui molte emozioni ma una su tutte: l’amicizia. L’amicizia con Destiny.

Destiny era il più alto di tutti i suoi compagni di classe e aveva un nome davvero strano. Non che Filippo fosse mai stato bravo in inglese, ma sapeva cosa volesse dire Destiny: “destino”. Era fortissimo a giocare a calcio e così, per quella passione comune, era nata la loro amicizia. Inoltre, Filippo aiutava Destiny con l’Italiano e lui contraccambiava il favore con l’Inglese.
Filippo in quegli anni scoprì molte cose sull’immigrazione grazie a Destiny e... alla cicatrice lunga sei centimetri che tagliava la sua guancia destra. Era poco più di una linea, neanche così evidente tutto sommato, ma quel segno, più chiaro rispetto al colore ebano della sua pelle, aveva destato la curiosità di Filippo.

Destiny veniva dalla Nigeria.
Aveva fatto un viaggio molto lungo per arrivare in Italia. E fu proprio Destiny a raccontarlo, con suo papà, in classe: tutto era partito grazie all’iniziativa della professoressa Righini che da qualche anno si occupava del tema dell’immigrazione in un percorso che prevedeva, nell’arco dei tre anni, lezioni in classe e testimonianze dirette. Proprio in quegli anni, anche a causa di politiche sull’immigrazione più attente ai sondaggi di gradimento che ai bisogni reali, la professoressa Righini aveva pensato che, forse, era un ambito in cui si sentiva il bisogno di un intervento educativo.
E così quelle di Storia diventarono le ore più interessanti della mattinata e un giorno di gennaio della terza media, Destiny e suo padre raccontarono la loro, di storia.
La prima cosa in assoluto che Filippo imparò dal loro racconto fu che per quei pericolosi viaggi spinti dalla speranza di un posto migliore partivano solo i più forti e quelli che riuscivano ad avere una cifra di denaro adeguata – anche più di duemila euro. Partivano i più forti e anche i più coraggiosi. Destiny e suo papà erano rimasti soli, la mamma non c’era più e stavano scappando: fuggivano dalla Nigeria e da quell’inferno che è il delta del Niger, dove il livello di corruzione e di criminalità è tra i più alti di tutto il continente. Pur di provare a dare una vita migliore a suo figlio, il papà di Destiny aveva deciso di rischiarla in un viaggio dal destino incerto: prima avrebbero dovuto affrontare la minaccia di Boko Haram, un’organizzazione terroristica diffusa nel nord della Nigeria, attraversare il deserto del Niger, e, qualora fossero sopravvissuti al viaggio, sarebbero dovuti rimanere in veri e propri “campi di concentramento” in Libia, in attesa di attraversare, su chissà quale imbarcazione precaria, il mar Mediterraneo.
Duemila euro per andare incontro a una non certa, ma probabile morte.
Filippo ripensò a quanto ci fosse di incredibilmente comune tra la Storia studiata in quel periodo dell’anno scolastico – gli anni trenta e quaranta del Novecento – e la storia di Destiny e suo padre – di poco più di un lustro prima.
Durante il racconto del loro viaggio, neppure la professoressa Righini, dolce sergente di ferro, era riuscita a trattenere un paio di lacrime e proprio Destiny era il responsabile di un evento tanto speciale.
Destiny aveva raccontato che dopo il folle viaggio per attraversare il Niger, ammucchiati come bestie sul cassone di un pickup, partiti in diciotto e arrivati in tredici, una volta in Libia, furono costretti ad aspettare dieci giorni almeno prima di tentare la traversata.
Fino ad allora, il bel volto di Destiny non presentava ancora alcuna cicatrice.
Tutto accadde due giorni prima che partissero: una delle tante guardie libiche del centro di raccolta in cui si trovavano vide giocare a calcio Destiny, che era già fortissimo. La guardia fermò i ragazzi che stavano giocando e disse guardando Destiny: «Se fai almeno cinquanta palleggi con questa» – porgendogli una palla da calcio davvero malconcia – «vi faccio partire domani stesso». Il padre di Destiny aveva notato, alle spalle di quella che aveva parlato, un’altra guardia che ridacchiava: aveva compreso subito che – come sovente accadeva – per passare il tempo, le guardie avevano scommesso su Destiny e la sua impresa.
Il papà di Destiny aveva cercato immediatamente di opporsi a quella rischiosa scommessa, ma ricevette un violento colpo con il calcio del fucile.

La classe era immersa in un totale silenzio, tutta rapita da quel racconto così pazzesco da sembrare surreale.
Insomma, il piccolo Destiny, che all’epoca aveva poco più di dieci anni, aveva iniziato a palleggiare.
Pensava solo a quella palla di cuoio malconcia, usurata e brutta, a fare almeno cinquanta palleggi.
Ne fece poco più di trenta, povero Destiny.
La guardia si avvicinò e borbottò qualcosa.
Diceva che a causa sua aveva perso un sacco di soldi e fu un attimo: un soffio rapidissimo della lama del coltello e Destiny si trovò con il volto insanguinato.
A Filippo, quasi senza volerlo, sfuggì la domanda «Ma quanti soldi avevano scommesso?» – se ne pentì un secondo dopo, quasi meravigliato di aver parlato ad alta voce.
«Hai fatto bene fare domanda», rispose il papà di Destiny, con il suo italiano un poco zoppicante. Aprì la mano a mostrare tutte le dita e disse: «Cinque».
Cinque dinari libici.
Poco più di tre euro.
A quel punto la Righini non trattenne più le lacrime.
La vita di quel bimbo di dieci anni, per quella guardia, valeva poco più di tre euro.
Nonostante quel terribile episodio, Destiny e suo padre riuscirono a partire.
La professoressa Righini cercò di ricomporsi; ancora con gli occhi umidi, congedò il papà di Destiny e la classe continuò la sua lezione fino al termine delle ore.
E che lezione fu quella!
Sempre in quel giorno Filippo aveva preso la sua decisione: da grande avrebbe fatto capire a tutti quanto fosse importante studiare Storia.

Filippo trasalì riemergendo da tutti quei pensieri.
Decise di mettere la foto nella sua agenda personale e preparò la borsa. L’indomani sarebbe stato un giorno molto importante: il suo primo giorno a scuola… da professore.»

Referenze iconografiche: Anton_Ivanov/Shutterstock

Oscar Logoteta

Nato a Milano il 13 aprile 1983. Creativo, scrittore e padre. O, almeno, ci prova.
Nel 2018 ha pubblicato Milano sottozero e nel 2017 Milano disillusa, romanzi noir editi da Fratelli Frilli Editori.
Nel 2014 ha pubblicato il suo primo romanzo, A come Armatura, edito da La Memoria del Mondo Editrice.