La sonicazione
Modificare gli alimenti attraverso le onde sonore
Quante volte si accosta l’arte in cucina alla scienza? Dalla cucina molecolare a quella che sfrutta le trasformazioni delle particelle alimentari, dalla strutturazione degli ingredienti di pasticceria in una sorta di tavola periodica degli elementi alla cottura ad estrusione, non possiamo non pensare che a volte, quando cuciniamo, ci trasformiamo in piccoli scienziati, che sfruttano le reazioni e le interazioni tra le componenti per dare vita a un risultato finale gustoso, talvolta sopraffino.
Sonicazione: di cosa si tratta
Tra le applicazioni tecnologiche che si basano su un principio di funzionamento fisico-chimico, si fa sempre più spazio la sonicazione, ovvero la tecnica che permette, attraverso la produzione di ultrasuoni derivati da vibrazioni velocissime, di modificare la struttura dei componenti di un cibo o di una bevanda, rendendola più morbida, uniforme e profumata.
Hai mai provato a fare un’estrazione di erbe e spezie in un liquido? Una emulsione? E, invece, una salsa vellutata senza l’uso di addensanti? Cosa ne pensi se ti dicessimo che puoi facilitare il processo di preparazione e quantomeno dimezzare i tempi nel fare queste operazioni ottenendo anche un risultato finale migliore? La sonicazione permette proprio questo!
Producendo vibrazioni che viaggiano velocissime all’interno di un liquido, questa tecnica stimola la creazione di bolle che, scoppiando, generano a loro volta le cosiddette onde ultrasoniche di compressione e decompressione. Ha così inizio un fenomeno particolare, chiamato cavitazione. Queste onde, muovendosi nel liquido, vanno a spezzare o comunque a modificare l’equilibrio nelle cellule di qualunque cosa trovino sul loro percorso, come ad esempio un alimento, permettendo una maggiore omogeneizzazione delle componenti dello stesso e facilitando l’estrazione di enzimi e proteine. Ciò che avviene è anche uno sprigionamento delle componenti aromatiche al di fuori delle membrane cellulari dell’alimento stesso, se trattato attraverso l’opportuna attrezzatura e i dovuti accorgimenti.
In altre parole, grazie al sonicatore, è possibile entrare nella parte più profonda e nascosta di un cibo o di una bevanda, andando ad esaltarne tutto il gusto intrinseco senza stressare la sua superficie esterna con tecniche di cottura drastiche.
Tutto ciò che ti occorre per metterla in atto
Per applicare la tecnica della sonicazione all’interno di una impresa ristorativa è possibile ricorrere a diverse attrezzature, facilmente reperibili sul mercato ma, in generale, non economiche.
Quelli che ormai siamo più abituati a vedere nelle cucine e nei cocktail bar di livello sono gli omogeneizzatori ad ultrasuoni, anche chiamati, per l’appunto, sonicatori. Si tratta di strumentazioni abbastanza compatte rispetto alle vasche destinate al bagno a ultrasuoni, che venivano utilizzate agli inizi. Hanno una conformazione che ricorda un po’ un frullatore a immersione, ma ovviamente con caratteristiche e componenti differenti.
La componente principale è il sonotrodo: la punta attraverso cui vengono generate le onde ultrasoniche. Esso è disponibile in differenti materiali e dimensioni, a seconda dell’utilizzo che si intende farne: ad esempio per una semplice dispersione o per una microemulsione o addirittura una macinazione.
Un sonotrodo con diametro inferiore permette una concentrazione maggiore delle onde ultrasoniche, mentre il contrario avviene con sonotrodi dalla superficie maggiore. Inoltre, se dobbiamo elaborare volumi notevoli è preferibile utilizzare un sonotrodo maggiore, con la consapevolezza, però, che ciò implica una maggiore intensità del potere dell’ultrasuono.
Referenze iconografiche: ksb/Shutterstock