La coltivazione dei meli autoctoni

Il ritorno alle origini

A cavallo tra alimentazione ed ecologia, la coltivazione di antiche varietà di mele contribuisce alla salvaguardia del patrimonio naturalistico locale.

La mela è un frutto-non-frutto, in botanica definito più che altro pomo. Originario dell’Asia centrale, il melo si è diffuso nel tempo in tutto il mondo, sviluppando tantissime varietà a seconda del terreno e delle condizioni bioclimatiche in cui è stato coltivato.

Innumerevoli varietà

«Una mela al giorno toglie il medico di torno», dice un vecchio proverbio. La cosa interessante è che, se davvero lo facessimo, potremmo mangiarne un tipo diverso ogni giorno per 20 anni.
Ai tempi degli antichi romani, quando la “mala” veniva decantata da illustri autori come Catone, Plinio e Palladio, se ne contavano una ventina di varietà. Oggi ne riconosciamo circa 7.000, classificate in base al periodo di maturazione del frutto e dunque divise in estive (generalmente poco conservabili), autunnali e invernali.
Tra le varietà a maturazione estiva, le più conosciute (e anche le più coltivate in Italia) sono le Gala; tra quelle tardive, invece, spiccano le Golden Delicious, di un caldo colore giallo, le Fuji, dalla struttura croccante e dal sapore dolce, e le Granny Smith, raccolte da piante molto vigorose, che ne determinano la dimensione e la succosità.
Oltre alle varietà più commerciali e conosciute, ne esistono anche moltissime definite autoctone, cioè antiche e originarie di un territorio, in grado di crescere nel proprio terreno senza essere trattate in maniera chimica e intensiva contro parassiti e malattie.
In Italia se ne trovano più di cinquanta. Tra le varietà originarie vi sono: la campana Annurca, dalla polpa compatta e aromatica e dalla forma leggermente asimmetrica, raffigurata in diversi dipinti e descritta dagli autori romani; la bolognese Abbondanza, caratteristica per la sua polpa tendente al rosa e per le sue capacità di entrare in produzione in un tempo limitato dalla messa a dimora, resistente a malattie di coltivazione come la ticchiolatura; la San Giovanni, sempre campana, anch’essa precoce, dunque indicata per le coltivazioni in vaso e per meleti familiari; la Renetta, la Bella di Barge, la Dolcezza di Tronzano, la Limoncella meridionale, la Rosa Marchigiana e la Rosa Romana, la Rosmarina Bianca del Trentino Alto-Adige e la Cristallina sicula.

Natura chiama natura: come coltivare una varietà originaria

Coltivare le varietà originarie di melo non è semplice, ma sostiene l’agricoltura biologica e contribuisce a preservare il patrimonio naturalistico locale.
Per dare vita a un meleto, sia esso familiare o professionale, oppure per iniziare una coltivazione in vaso, occorre innanzitutto decidere quale varietà selezionare, a partire dalla vigorosità della pianta, dall’individuazione del portainnesto più adatto, dalle caratteristiche del terreno e dal clima.
In linea generale, il melo ha esigenze climatiche specifiche, poiché predilige ambienti che gli garantiscano una certa quantità di ore di freddo, necessarie per produrre un ottimo frutto finale. Tuttavia, alcune varietà (ad esempio la Annurca) hanno un fabbisogno di freddo inferiore, e quindi possono essere coltivate in pianura e con climi più moderati.

Referenze iconografiche:  mogilami/Shutterstock

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