Streghe e stregoneria

Una ricostruzione storico-culturale

Nell’Europa del Quattrocento si diffuse l’idea che il diavolo si servisse soprattutto delle donne per diffondere il male sulla Terra attraverso la stregoneria. Per questa ragione la caccia alle streghe si intensificò rispetto ai secoli precedenti e venne condotta con particolare crudeltà dall’Inquisizione.

Che cos’è la stregoneria

Nell’ immaginario comune il Quattrocento richiama immediatamente alla mente l’Umanesimo, il Rinascimento, i viaggi di Colombo e l’uscita dai “secoli bui” del Medioevo. Eppure, proprio in quel secolo l’Europa conobbe nuovi oscurantismi, persecuzioni e roghi. A farne le spese furono migliaia di persone, per la maggior parte donne, accusate di stregoneria e per questo processate dall’Inquisizione, sottoposte a tortura e spesso condannate a morte.

Il termine “stregoneria” allude a un sistema concettuale negativo che si tramanda dagli albori dell’umanità, il cui nucleo centrale è costituito da azioni che generano un danno materiale o morale. In questa accezione, la stregoneria è il male, inteso come il contrario del bene sociale: le difficoltà materiali contro il benessere, la malattia contro la salute, la morte contro la vita.

Tuttavia, la stregoneria è parte di un insieme di idee più complesso; rientra in una costellazione di azioni magiche che assumono forme differenti e mirate al conseguimento di determinati fini: condizionare eventi naturali, predire il futuro con profezie, cercare tesori sepolti, oggetti smarriti o rubati, curare malattie. All’origine di queste arti, spesso definite genericamente con il termine stregoneria, troviamo visioni che interpretano il mondo e lo descrivono come un insieme di spiriti o forze occulte influenzabili con parole e atti rituali da individui dotati di particolari poteri e conoscenze.

Perché proprio nel Quattrocento?

Se la stregoneria è esistita da tempo immemorabile, perché vi è stata una recrudescenza della lotta contro streghe e stregoni proprio nell’epoca delle corti più raffinate e degli artisti più celebrati dell’arte europea? Dobbiamo pensare che fra Trecento e Quattrocento l’Europa aveva conosciuto decenni di crisi, segnata da carestie, pestilenze (la famigerata Peste nera) e guerre che avevano prodotto un clima di incertezza e paure individuali e collettive. Si cominciò allora a cercare i responsabili di quello che stava accadendo, veri e propri capri espiatori su cui far ricadere la colpa delle tante punizioni che dio sembrava voler mandare al popolo.

Anche la Chiesa cattolica era in grande difficoltà: attraversata da divisioni e minata dalla corruzione, aveva perso parte dell’autorevolezza che aveva conosciuto nel Medioevo. Le autorità ecclesiastiche reagirono a quest’epoca di crisi rinserrando le fila dell’ortodossia e colpendo con sempre maggior forza gli eretici, cioè tutti coloro che diffondevano idee contrarie alla dottrina, imponendo la conversione agli ebrei, sempre più spesso accusati di inesistenti omicidi rituali contro i cristiani, e individuando nuovi nemici della cristianità.

I nuovi nemici della cristianità

Una risposta ai grandi mali dell’epoca venne ritrovata in un “complotto” del diavolo ai danni dell’umanità, che aveva come obbiettivo la creazione di un mondo “al contrario”, nel quale i principi della vera fede erano sovvertiti. A operare concretamente in questa direzione all’interno della società erano streghe e stregoni, considerati veri e propri emissari del demonio sulla Terra. Erano loro a favorire, con i loro malefici, tutte quelle catastrofi – dalle carestie alle malattie - che l’umanità stava conoscendo.

L’idea trovò terreno fertile in una società come quella europea in cui, nonostante secoli di cristianesimo, la stregoneria era accettata pressoché da tutti. I dogmi della fede convivevano con la magia, l’astrologia e la fiducia, sempre però unita a timore e sospetto, in indovini e guaritori. Si credeva, infatti, che esistessero uomini e donne dotati del potere di curare ma anche di causare malattie e uccidere con i loro sortilegi e fatture. Secondo le credenze popolari, potevano far seccare parte del raccolto, far inacidire il latte e scatenare una tempesta versando dell’acqua in una buca e agitandola con un bastone .

La Chiesa aveva a lungo tollerato queste credenze, diffuse soprattutto nelle zone rurali e alpine, e durante tutto il Medioevo erano stati rari i processi per magia e stregoneria. Ora, però, la cristianità era sotto attacco e streghe e stregoni divennero i nuovi eretici da combattere. Pertanto, gli inquisitori iniziarono a perseguire le pratiche magiche e stregonesche, istituendo una lunga e sanguinosa serie di processi. Ad aumentare l’attività inquisitoria contribuì anche la diffusione del mito del sabba, cioè la convinzione che in luoghi sperduti, tra i monti, in selve e boschi si tenessero assemblee presiedute dal demonio.

A queste assemblee i prescelti si recavano in volo su scope o portati da esseri infernali per adorare il diavolo, abiurare la fede cristiana, praticare riti orrendi che contemplavano l’uccisione di bambini e il cibarsi delle loro carni. Si credeva che i partecipanti al sabba venissero inviati da Satana sulla Terra per portare scompiglio, colpendo, con unguenti e polveri malefiche, esseri umani, bestiame e raccolti. Satana si opponeva in questo modo al disegno salvifico di Dio, infliggendo mali individuali e collettivi tramite i suoi “agenti nel mondo”. In questa prospettiva, l’Inquisizione era chiamata a intervenire non più soltanto contro chi sosteneva una dottrina condannata dalla Chiesa – come gli eretici, appunto - ma contro gli adoratori del diavolo, nemici della vera fede, di Dio e di tutta l’umanità.

Perché proprio le donne

L’ossessione per la stregoneria e la convinzione che i sabba allargassero continuamente le schiere diaboliche dilagarono in Europa. Nei loro sermoni, i predicatori incitavano le persone a vigilare perché gli emissari del demonio potevano essere ovunque e andavano denunciati senza esitazione. Dalle stamperie uscivano a ritmo costante libri in cui si insegnava ai giudici laici ed ecclesiastici come riconoscere streghe e stregoni. Il più famoso fu il Malleus maleficarum, Il martello delle malefiche, cioè delle streghe, opera dell’inquisitore domenicano Heinrich Kramer (1486), in cui non si faceva più distinzione tra chi praticava la magia cosiddetta “bianca” e chi invece usava malefici: tutti erano servi del demonio e come tali andavano colpiti.

Così, i processi e le condanne a morte iniziarono in scala ridotta nel Quattrocento, crebbero nella seconda metà del secolo e nel primo Cinquecento, per poi diventare una vera e propria caccia alle streghe tra xvi e xvii secolo, soprattutto nell’Europa centrosettentrionale, quando la lotta contro la stregoneria divenne anche una peculiarità di chi aveva aderito alla Riforma protestante.

Con percentuali medie dell’80% circa, le condanne a morte furono inflitte a donne, nonostante nei testi di demonologia non esistesse una distinzione fra stregoneria malefica femminile e maschile. Il Malleus maleficarum già dal titolo mostrava però come nella mentalità maschilista dell’epoca la stregoneria fosse spesso identificata con le donne, accusate di essere meno resistenti degli uomini alle tentazioni diaboliche. Soprattutto, si proiettavano le paure e i sospetti su donne anziane, solitarie e per questo considerate “strambe”, che vivevano ai margini della comunità, oppure su giovani e inserite nel contesto sociale ma litigiose, troppo decise o addette a mestieri particolari, per esempio le curatrici, le levatrici, le indovine, temute e allo stesso tempo ricercate.

Bastava poco per far scattare la denuncia al tribunale dell’Inquisizione. Le sospette streghe venivano arrestate semplicemente perché avevano una “cattiva fama” oppure sulla base di accuse generiche: un gesto visto a posteriori – nel momento in cui un raccolto andava male oppure una persona si ammalava - come una maledizione, un insulto considerato alla stregua di un maleficio. Le abitazioni venivano quindi perquisite alla ricerca di unguenti o polveri e le accusate interrogate e sottoposte alla ricerca del “marchio diabolico”: una piccola parte del loro corpo che Satana aveva reso insensibile al tatto quando la strega aveva rinunciato a Dio per adorarlo. La presenza del “marchio”, individuato pungendo con spilloni l’accusata, era considerata un grave indizio di colpevolezza e permetteva di procedere alla tortura.

I numeri della caccia alle streghe

Oggi si stima che in tre secoli siano state processate 110.000 persone con circa 60.000 condanne capitali. La maggior parte dei processi e delle condanne ebbero luogo in Germania, isole britanniche e Paesi scandinavi, cioè in territori a maggioranza protestante, sebbene ad inaugurare la lotta contro la stregoneria fu l’Inquisizione cattolica.

La persecuzione delle streghe venne messa in atto anche nelle colonie extraeuropee, con maggiore accanimento nelle regioni inglesi del Nord America. Il caso più famoso è quello di Salem nel Massachusetts, dove tra il 1692 e il 1693 sei giudici straordinari della Court of Oyer and Terminer processarono 185 persone giudicandone colpevoli 27 e condannandone a morte 19.

La caccia alle streghe in Italia

Nella penisola italiana la caccia alle streghe non raggiunse mai i picchi di violenza registrati in altri territori europei. Non mancarono però eventi drammatici. Nell’estate 1518, il vescovo di Brescia Paolo Zane e l’inquisitore frate Vincenzo Maggi si recarono in Val Camonica dove processarono per stregoneria tra le 100 e le 150 persone. Tra fine giugno e metà luglio, i giudici fecero eseguire tra 62 e 80 sentenze capitali, con circa altrettante persone in carcere o sotto processo in una valle che non superava i 5000 abitanti. Per due terzi le condannate erano donne. Da ciò che si sa, una volta aperti gli interrogatori, ciascun indagato e indagata fece, sotto tortura, numerosi nomi di altri partecipanti al sabba (40-80) e confessò un numero spropositato di omicidi rituali. I condannati e le condannate furono arsi vivi, segno che vennero considerati ostinati e recidivi.

Testimoni oculari, pur ammettendo che alcune delle donne condannate potessero essere davvero streghe, scrissero di non esserne certi, che la tortura era stata impiegata in modo eccessivo e che molte donne, costrette in tal modo a confessare, avevano poi pregato sinceramente prima di salire sul rogo. Il Consiglio dei Dieci a Venezia, informato dei fatti, bloccò l’azione dell’inquisitore, dato che la Valcamonica al tempo era territorio della Serenissima. Ne seguì un duro braccio di ferro con Roma, che nel 1521 portò alla ratifica di regole ferree per lo svolgimento dei processi inquisitoriali nel territorio veneziano, nei quali era prevista tra l’altro la costante presenza di giuristi laici. A seguito di questi accordi, il governo veneziano chiuse d’ufficio i processi della Valcamonica senza attendere l’approvazione del papa.

Tra le vicende più note del secondo Cinquecento si ricorda quella di Triora, borgo fortificato della Repubblica di Genova, dove tra il 1587 e il 1589 vennero processate 32 donne e 1 uomo su 2500 abitanti. È un caso famoso per la brutalità degli interrogatori condotti dal vicario generale del vescovo di Albenga e dal vice inquisitore di Genova: una donna morì per le torture e una si suicidò per non subirne ancora.

Nel 1630, solo a Bormio in Valtellina, furono 36 le persone condannate a essere decapitate e poi arse perché riconosciute colpevoli di stregoneria. A fare le spese di questa furia inquisitoriale furono i poveri, i derelitti, gli emarginati, e ancora una volta le donne. La caccia alle streghe proseguì poi per decenni, con momenti di stasi e di maggiore virulenza in concomitanza di eventi tragici (carestie, guerre, epidemie). Nel 1672-1676, sempre in Valtellina vi fu una nuova recrudescenza con 37 persone giustiziate.

Poche furono le voci che si levarono contro questo sistema brutale di uccidere innocenti per placare paure collettive; si trattò di idee isolate soffocate dalle credenze diffuse, dall’insegnamento ecclesiastico, dalla predicazione, dalla manualistica a uso degli inquisitori. Fu soltanto nel Settecento illuminista che si riuscì a modificare tali consuetudini: l’ultima condanna capitale di cui siamo a conoscenza risale, infatti, al 1782 a Glarus, in un cantone svizzero a maggioranza calvinista.

Per saperne di più

  • Roberto Roveda-Michele Pellegrini, I grandi eretici che hanno cambiato la storia, Newton Compton Editori, Roma 2021
  • Giordano Berti, Storia della stregoneria, Mondadori, Milano 2019
  • Marina Montesano, Caccia alle streghe, Salerno, Roma, 2012
  • VV., Ci chiamavano streghe, Edizioni Giuseppe Laterza, Bari 2009

Referenze iconografiche: Francisco Goya y Luciéntes, La congiura o le Streghe, 1797-98,
olio su tela, part. Madrid, Museo Lázaro Galdiano - PRISMA ARCHIVO / Alamy Stock Photo 

 

Roberto Roveda

(Milano 1970) È cultore della materia in Storia medievale presso L’Università di Bergamo. Collabora con “Focus Storia”, “Unione sarda”, “Limes”, “Medioevo” e con il magazine svizzero “Ticino 7”. È consulente e autore per le maggiori case editrici italiane di ambito scolastico. Tra le sue pubblicazioni, I grandi eretici che hanno cambiato la storia (con Michele Pellegrini, 2021), Breve storia del Medioevo (con Michele Pellegrini, 2022), Dalla parte degli Spirituali (2022).
Per Sanoma è autore con Luca Raina di un corso di Educazione civica per la Scuola secondaria di primo grado, Un futuro per tutti, e de manuali Noi dentro la storia e Al centro della storia.