Camminando in un bosco spesso ci soffermiamo a osservare la maestosità degli alberi, la stranezza dei licheni frondosi che pendono dai rami o lo svolazzare rapido di un uccello spaventato, ma pochi di noi si fermano, anche solo per un attimo, a osservare con curiosità ciò su cui camminiamo: il suolo. Generalmente considerato una massa inerte e immutabile, silenziosa e per questo priva di forme di vita, il suolo è al contrario una realtà in continuo mutamento, brulicante di organismi dalle forme più varie e curiose. Al pari degli abissi marini, delle grotte o di altri ambienti “estremi” che caratterizzano la Terra, il suolo offre condizioni di vita del tutto particolari: non c’è luce, gli spazi tra le particelle che lo compongono sono piccolissimi e gli organismi che in esso vivono sono stati costretti ad adattarsi a condizioni molto diverse rispetto all’ambiente di superficie. Osservato con attenzione, il suolo è un ambiente straordinariamente affascinante, ed è anche fondamentale per la qualità della vita sulla Terra. Eppure, troppo spesso ce ne dimentichiamo e non ce ne prendiamo cura, adottando politiche che ne sfruttano le risorse, lo impoveriscono e portano alla morte la vita che esso custodisce. Solo arrivando a conoscerlo profondamente saremo in grado di rispettare le sue proprietà e mettere in atto i necessari interventi di tutela e salvaguardia della sua funzionalità.
Un immenso capitale naturale
Il suolo è il mezzo strutturale che sostiene la biosfera e le infrastrutture umane, ma è anche il fondamento di tutti gli ecosistemi terrestri. È una componente fondamentale del capitale naturale del nostro pianeta, cioè la riserva di risorse naturali del mondo, che genera un flusso di beni e servizi (i servizi ecosistemici) indispensabili per il benessere umano.
I servizi ecosistemici forniti dal suolo sono molto numerosi: produzione di biomassa; stoccaggio, filtrazione e trasformazione di nutrienti, sostanze e acqua; fornitura di habitat, di specie e di diversità genetica; fornitura dell’ambiente fisico e culturale per le attività umane (pensiamo ai benefici per la ricreazione o l’estetica); fornitura di materie prime come argilla, sabbia o altro; stoccaggio del carbonio e regolazione del ciclo dello stesso e infine protezione del patrimonio archeologico. Nel corso degli ultimi decenni, le attività umane sono diventate il principale fattore di modificazione del pianeta. L’incremento delle pressioni antropiche sull’ambiente, in atto in molte parti del mondo, sta causando un rapido cambiamento degli usi del suolo e un’intensificazione delle attività agricole. Questo processo, spesso responsabile della degradazione dei suoli, ha un notevole impatto sulla funzionalità e sulla biodiversità degli stessi. Grazie alla presa di coscienza della drammaticità, su scala mondiale, di questi fenomeni, lo studio dei suoli ha incontrato in questi ultimi anni un crescente interesse.
Questo articolo ha lo scopo di far conoscere alcuni aspetti del suolo, con particolare riferimento al complesso degli organismi che lo abitano, come batteri, funghi e organismi animali o che in esso trovano ancoraggio e risorse, come le radici delle piante. Tutti fondamentali per la sua funzionalità.
La rizosfera, un microcosmo affascinante
Il suolo è un sistema vivente molto complesso e straordinariamente ricco di biodiversità, nel quale le radici delle piante, i microrganismi e gli organismi animali interagiscono gli uni con gli altri e con l’ambiente abiotico. L’area di contatto tra il suolo e l’apparato radicale delle piante, la rizosfera, rappresenta un “microcosmo” peculiare, essendo zona di intensi scambi tra le radici e le altre componenti biologiche del suolo, grazie al rilascio di sostanze di varia natura da parte della pianta. Queste sostanze favoriscono la crescita della microflora, cioè di microrganismi come batteri, funghi e altri organismi microscopici, la quale a sua volta sostiene una maggiore densità di protozoi e invertebrati. Il rapporto tra radici e microflora può essere molto stretto e in alcuni casi batteri o funghi possono essere parte integrante delle radici stesse, come nelle associazioni dei batteri con le leguminose e nelle simbiosi micorriziche, che si stabiliscono tra funghi e piante.
Funghi e radici, un’associazione vantaggiosa
Le micorrize sono strutture costituite da tessuti delle radici giovani non lignificate delle piante (non solo alberi, ma anche arbusti o erbe) e da funghi, che portano a una fitta rete di ife extraradicali. Tali associazioni sono veri e propri organi che facilitano l’assorbimento di ioni contenenti fosforo e altri elementi essenziali per la crescita. L’associazione tra pianta e fungo sembra di tipo mutualistico, in quanto il fungo riceve dalla pianta zuccheri che è incapace di sintetizzare da solo, e la pianta riceve nutrimento minerale assorbito dal terreno attraverso la vasta rete miceliare extraradicale. Dopo aver capito l’importanza di questa associazione per la capacità produttiva delle piante, l’uomo ha cercato di volgere a suo favore questa conoscenza, avviando sperimentazioni che prevedono l’inoculazione artificiale di funghi su specie vegetale di interesse agrario e forestale. In effetti, i primi risultati sembrano incoraggianti perché si osserva un aumento dell’apporto nutritivo per la pianta e della crescita della pianta stessa, che riesce anche a superare meglio condizioni di stress come siccità o presenza di patogeni.
Abitanti molto caratteristici
È sorprendente come, nel suolo, esista una comunità di organismi animali estremamente diversificata, che partecipa alle attività funzionali di creazione e mantenimento della struttura del suolo stesso, degrado della sostanza organica, controllo della microflora. In altre parole, questa comunità è attivamente coinvolta nel mantenimento dei diversi aspetti chimico-fisico-biologici del suolo. Molti animali che vivono nel suolo mostrano caratteri morfologici comuni di adattamento a questo ambiente, un fenomeno evolutivo chiamato convergenza adattativa. Tra questi, per esempio, la riduzione delle dimensioni del corpo (miniaturizzazione), la riduzione della lunghezza delle appendici (zampe, antenne ecc.) e la perdita di funzionalità degli occhi, che in alcuni casi comporta la completa scomparsa degli stessi (anoftalmia). A ridursi o a scomparire sono strutture che rivestono un’importanza determinante nell’ambiente epigeo, ma che nel suolo perdono la loro funzione, non essendoci la luce ed essendo gli spazi tra le particelle molto ridotti. L’azione di organismi come protozoi, nematodi, rotiferi, alcuni collemboli e acari, che si nutrono di microflora, è di estrema importanza, perché regola la densità e la diffusione di questi microrganismi e agisce sull’efficienza e rapidità della demolizione della sostanza organica, sulla fissazione dell’azoto atmosferico e su altri processi che hanno sede nel suolo.
L’importante lavoro dei lombrichi
Mancando il supporto della produzione primaria all’interno del suolo, acquista un ruolo fondamentale la catena del detrito, che diventa la base della rete trofica ipogea; infatti, molti organismi come gli isopodi, alcuni miriapodi, i lombrichi, i collemboli, numerosi acari, le larve e gli adulti di alcuni insetti, si nutrono dei detriti vegetali e animali che si depositano sul suolo. La pedofauna, l’insieme degli animali del suolo, svolge un’azione prevalentemente di tipo meccanico, mentre la degradazione chimica è fondamentalmente a carico di funghi e batteri, sia liberi sia simbionti intestinali di altri organismi; durante la digestione, la sostanza organica si arricchisce di enzimi, che si distribuiscono nel suolo con le feci e favoriscono l’umificazione. Il comportamento di bioturbazione, cioè l’attività di scavo operata dai lombrichi e da numerosi artropodi, come il grillotalpa, porta alla creazione di spazi all’interno del suolo con conseguente aumento della porosità dello stesso che favorisce, a sua volta, l’attività batterica aerobica e la velocità di demolizione della sostanza organica. La bioturbazione ha effetti positivi sulla ritenzione idrica, sui processi di percolazione e sullo sviluppo della rizosfera. L’azione di scavo permette inoltre il rimescolamento del suolo e l’incorporazione della sostanza organica dagli strati più superficiali a quelli più profondi, mentre la sostanza minerale viene portata verso la superficie.
La sostanza organica
Una delle componenti più importanti del suolo è il contenuto in sostanza organica (nelle aree a clima temperato è dell’ordine dell’1-3% in peso), derivante da residui della decomposizione delle piante, da prodotti dell’attività microbica e da prodotti di neosintesi all’interno delle cellule batteriche. Quella che comunemente viene definita sostanza organica in realtà è un insieme complesso di sostanze organiche, derivanti dalla combinazione di residui inalterati di origine vegetale e animale, molecole più o meno complesse di glucidi, lipidi, protidi, lignina, tannini e altri, derivanti dall’alterazione di residui vegetali e animali e da humus. Differenze di composizione della sostanza organica derivano da diversa composizione dei materiali di partenza (sostanze aromatiche, prodotti di decomposizione delle proteine, sostanze riducenti), da variazione dei rapporti tra le sostanze che reagiscono e le condizioni del mezzo, in particolare la possibilità di rimuovere i prodotti derivanti dalla condensazione.
La quantità e la qualità della sostanza organica presente nel suolo sono in stretta relazione con le proprietà fisiche dello stesso, come la resistenza meccanica, la ritenzione idrica, il colore e la capacità termica. L’influenza della sostanza organica si esplica principalmente attraverso le molteplici interazioni chimiche e fisiche con gli altri componenti del terreno, dalle quali dipende l’ottenimento di una buona struttura e la capacità del suolo di contrastare i fenomeni di erosione. Molti tra i più importanti nutrienti delle piante, dei microrganismi e degli animali vengono resi nuovamente disponibili nel suolo attraverso i processi di trasformazione della materia organica a componente inorganica. Questi “elementi biologici”, come il carbonio, l’azoto, lo zolfo e il fosforo, vengono inizialmente assorbiti dalle forme di vita più semplici in forme inorganiche e successivamente convertiti a costituenti organici all’interno delle cellule. La morte e il decadimento degli organismi e dei loro tessuti portano come risultato al rilascio di ioni inorganici e, in tal modo, allo stabilirsi di cicli. I cicli dei nutrienti comportano il coinvolgimento dell’attività di piante, microrganismi e animali.
Una nuova cultura del suolo
Gli interventi di bonifica e risanamento del suolo che si rendono necessari quando sono avvenuti gravi fenomeni di degrado e di inquinamento, spesso causati dall’uomo, richiedono tempi molto lunghi e soprattutto costi altissimi, generalmente non sostenibili. È anche per questa ragione che, dove è ancora possibile, è importante adottare una politica di prevenzione piuttosto che di “cura”, intesa come risanamento del suolo. Le tecniche di risanamento e di bonifica molto spesso prevedono la rimozione del suolo contaminato, con costi altissimi e perdita totale della biodiversità nell’area di intervento. Tecniche di biorimediazione, con organismi viventi, come alcune specie di vegetali o altri organismi, vengono utilizzate per risanare il suolo ed eliminare così, almeno in parte, i contaminanti. Oggi, però, la strategia vincente non può più essere quella di risanare, ma di tutelare ciò che la natura ci offre per il nostro sostentamento, il suolo in primis. Solo quando avremo raggiunto la chiara consapevolezza di quanto il suolo è importante per la funzionalità ecosistemica, oltre che per la salute e il benessere umano, saremo in grado di sviluppare una “cultura nuova” del suolo, non più incentrata sullo sfruttamento smisurato delle risorse dell’ambiente ma, al contrario, sulla sua tutela quale risorsa preziosissima da salvaguardare.
Nascita di un suolo
In genere il suolo viene considerato una massa inerte, immutabile nel tempo. Invece si tratta di un sistema dinamico ed eterogeneo, caratterizzato dalla presenza di pori, ripieni di aria o acqua, e di numerosissimi organismi viventi di forme e dimensioni molto diverse. Esso è la risultante di una serie di processi di pedogenesi, cioè di alterazione della parte più superficiale della litosfera, ovvero il prodotto dell’interazione tra litosfera-atmosfera-biosfera.
La semplice alterazione fisica costituisce un requisito necessario ma non sufficiente (una duna sabbiosa non fissata o un deposito alluvionale recente non sono suolo); si parla di suolo quando vi è accumulo e trasformazione di sostanza organica, alterazione chimica dei minerali e formazione di struttura. La profondità di un suolo può variare tra pochi centimetri, in un suolo eroso di montagna, a numerosi metri per le terre rosse tropicali (in genere si considera suolo fino alla profondità alla quale è presente sostanza organica ed organizzazione della struttura).
Durante la pedogenesi avvengono una serie di processi come la trasformazione dei minerali e dei costituenti organici, la traslocazione, cioè l’insieme dei processi di lisciviazione e di accumulo che interessano tutti i composti minerali ed organici che vengono trasferiti da uno strato all’altro del suolo, l’addizione, cioè l’aggiunta di materiali che pervengono al suolo dall’esterno (per esempio i residui vegetali) e la perdita, il processo che comporta l’allontanamento di materiali dal profilo del suolo a causa di lisciviazione, erosione, e altro. L’insieme di tali processi porta alla differenziazione di orizzonti, cioè di strati più o meno paralleli alla superficie del suolo, con caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche proprie, che nel complesso definiscono il profilo del suolo.
Referenze iconografiche: kwest/Shutterstock, Cristina Menta