Sostenibilità, Scuola, Architettura

La scuola come incubatore di una società migliore e più aperta

Qual è il ruolo della scuola in un momento di grande cambiamento come quello che stiamo vivendo? L’autore riflette sulle connessioni fra urgenza ambientale e progettualità e su come il sistema scuola possa e debba apportare innovazione a partire dalla concezione della classe, luogo dell’educazione per antonomasia.

Una crescita trasversale

Tre parole che sembrano convergere in un grande scenario comune definito nella redazione dell'Agenda 2030. La necessità di una forte discontinuità con i modelli di crescita del passato mette in luce come i fattori di rischio per l'equilibrio del pianeta non siano soltanto legati all'ambiente, ma attraversino società ed economia. Per costruire un futuro sostenibile fatto di nuove opportunità e progetti sarà necessario integrare fra loro questi diversi fattori cogliendo sfide complesse. Quale il ruolo della scuola?

Sebbene il quarto dei diciassette goal dell'Agenda sia interamente dedicato all'istruzione di qualità, la scuola e il suo mondo verranno coinvolti su più fronti in questo ambizioso quadro e l'aspetto che sembra meglio tenere insieme tutte le diverse dimensioni della sostenibilità pare non riguardare soltanto la didattica.

In un decennio in cui la scuola italiana è tornata al centro del dibattito pubblico con vere e proprie emergenze educative, il tema chiave, capace di porre nella giusta cornice le diverse criticità, sembra essere sorprendentemente l'architettura. O meglio, la progettualità che dovrà nascere in risposta al quadro fortemente critico riguardante lo stato del patrimonio edilizo scolastico che diverse voci (Legaambiente, Fondazione Agnelli, Cittadinanza Attiva) hanno evidenziato. Insomma: mettere al centro dell'agenda politica la necessità di intervento sugli edifici scolastici permetterà di affrontare il problema scuola a trecentosessanta gradi, toccando aspetti di criticità che da sempre riguardano la storia di questa istituzione in Italia.

shutterstock_1031613082_Del_PianoUna scuola, tante scuole: l'aula al centro

Gli edifici scolastici sono estremamente presenti e distribuiti su tutto il territorio con tipologie anche molto diverse fra loro. Unico tratto comune è la centralità dell'aula scolastica. Nonostante la ricerca pedagogica e quella architettonica abbiano subito il reciproco fascino e di ciò rimanga traccia in numerosi esempi, nulla è valso a scardinare il fondamento di una didattica eccessivamente trasmissiva. La lezione frontale si traduce nella pianta degli edifici come un assetto rigido difficile da rimettere in discussione. La spinta al rinnovamento derivante dalla diffusione delle nuove metodologie vorrebbe inquadrare nuovi stili di apprendimento e dirigere la didattica oltre l'inerzia dell'aula, privilegiando lay-out in grado di dare vita a spazi flessibili che ospitino attività collettive e laboratoriali.

Ma oggi quanto sono, nel loro complesso, le nostre scuole realmente in grado di fotografare la domanda formativa espressa dal territorio e quanto di ospitarla al proprio interno adattando le proprie strutture? La stagione delle aule 2.0 e 3.0 è stata caratterizzata in questo senso da un approccio soft, incentrato sulla predisposizione di arredi e dispositivi tecnologici da adattare ai diversi spazi a disposizione. Questa strategia ha però soltanto contribuito a mostrare ancora di più l'eterogeneità delle tipologie presenti. Mettere mano agli edifici scolastici renderà finalmente necessario elaborare strategie adatte a coniugare ciascuna realtà, mettendo insieme articolazione spaziale e scelte didattiche.

Specchio del senso di comunità: prendersi cura dell'involucro

Gli edifici scolastici fanno parte di un patrimonio, di un capitale fisso che richiede sforzi per essere mantenuto efficiente e per consentire di risparmiare risorse importanti. Non solo, come ogni edificio appartenente alla collettività, hanno una forte valenza simbolica: sono involucri edilizi in cui tutti si riconoscono e a cui tutti riconoscono un'autorevolezza educativa.

Ogni attività di recupero edilizio messa in pratica sul “corpo” di una scuola ha quindi inevitabilmente un risvolto etico e morale, che esprime un senso di comunità. Quanto sono davvero efficaci le attività di manutenzione riguardanti questo luogo che in qualche modo ci appartiene e che verrà ereditato e frequentato dalle generazioni future? Quali azioni vengono messe in campo per consumare meno energia e avere un migliore impatto sull'ambiente nell'erogazione di un servizio così importante? Come vengono condivise e comunicate queste azioni alla collettività?

Gli enti proprietari (Comuni, Città metropolitane, Enti di secondo livello) faticano molto in ciascuna di queste attività per ragioni economiche, tecniche e burocratiche di diverso genere. Dirigenti e personale si trovano ad affrontare vere e proprie emergenze con scarsa autonomia decisionale e forti limiti nella programmazione e nella ricerca delle risorse. Diventerà sempre più urgente elaborare visioni progettuali di lungo periodo che sappiano tenere insieme questi diversi sguardi.

Recinto o realtà accogliente: gli spazi collettivi

Gli edifici scolastici sono luoghi di accoglienza per le diverse generazioni allievi, ma quanto sono in grado di includere realmente e di facilitare le relazioni? Quanto di ospitare e favorire interazioni positive?

Non si tratta ovviamente soltanto di favorire un’accessibilità fisica che compensi le disabilità motorie, ma di lavorare su un insieme più vasto di “barriere” per eroderle e trasformare le scuole in veri e propri incubatori di una società più aperta e migliore. Quanti edifici scolastici dispongono di luoghi per attività collettive diversi da quelli dedicati alla didattica curricolare? Quali sono oggi realmente aperti al proprio territorio? Quali servizi vengono offerti e condivisi con la cittadinanza oltre quello didattico ed educativo? Quali di essi possono essere realmente messi in pratica nel rispetto della sicurezza e con la massima attenzione alla tutela degli allievi? Esistono spazi che gli allievi possono frequentare anche al di fuori dell'orario scolastico?

Le trasformazioni subite dalla società impongono di riflettere in modo sempre più attento sul ruolo che la scuola riveste nella conciliazione dei tempi lavoro/famiglia e, in particolare, su quale richiesta di spazio nascerà da questo nuovo e diverso ampliamento dell'offerta educativa.

La scuola della decrescita

Questi diversi temi che hanno condotto nel tempo a progettualità e sperimentazioni importanti e utili dovranno tenere conto oggi di un nuovo fattore: un numero di allievi decrescente nel tempo che, sebbene con differenze distribuite nei plessi e nelle realtà locali, condurrà a quel che sembra un generale svuotamento di spazi interni e una conseguente forte contrazione delle ore su cattedra del personale in servizio.

Classi più piccole, con più spazi a disposizione e docenti con tempo da dedicare al potenziamento dell'offerta formativa. Raccontata in questo modo potrebbe sembrare persino un'opportunità... Ma quale sarà la spinta progettuale che darà vita a questa nuova “scuola dei laboratori” che non vivrà soltanto più di open day, ma si farà realtà quotidiana? L'esperienza dell'organico unico è caratterizzata da luci e ombre: sappiamo bene che le ore di disponibilità nella maggior parte dei casi sono molto più impiegate per coprire assenze temporanee e garantire il funzionamento di plesso che non per attivare nuove esperienze didattiche curricolari ed extra. Tempo e spazio sono oggi risorse preziose per una scuola. Risorse che raramente vengono messe a sistema e impiegate in un'unica visione. Cosa potrà innescare il cambiamento e avviare trasformazioni virtuose?

shutterstock_430168801_Del_PianoNuovi compagni di banco

Credo che una risorsa importante possa essere trovata nella formazione. Penso possa essere interessante che, dopo una stagione passata a condividere metodologie didattiche o pratiche deontologiche, personale della scuola (dirigenti, insegnanti, tecnici, collaboratori, funzionari dell'ufficio scolastico), professionisti (architetti, ingegneri) e operatori di settore (imprese, case editrici) possano immaginare di dedicare le ore di obbligo formativo per parlare del futuro di questo patrimonio.

In workshop condivisi, con contributi di tipo diverso e trasversale alle diverse competenze si potrà immaginare come rimettere in gioco ogni edificio scolastico partendo dalle sue reali esigenze, parlando della sua storia, analizzando le diverse criticità (strutturali, energetiche, organizzative) per definire un quadro di opportunità future ed esplorare concrete modalità di realizzazione dei propri progetti.

Referenze iconografiche: Ground Picture/Shutterstock, p-jitti/Shutterstock, Rawpixel.com/Shutterstock

Andrea Delpiano

È docente, architetto, Dottore in Ricerca in Architettura e Progettazione Edilizia e studioso di trasformazioni urbane e territoriali. Ha insegnato Composizione Architettonica e Urbana presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. È stato docente in Tecnologia presso la Scuola Media Statale “Rosa Bianca” di Saluzzo (Cn) e attualmente insegna Disegno e Storia dell’Arte presso l’IIS Baldessano Roccati di Carmagnola (To). Dall’aprile 2014 collabora con Sanoma.