Le donne e le carriere nelle STEM
Le carriere STEM sono ancora oggi poco diffuse tra le ragazze. La scuola può aiutare il cambiamento
Mentalità STEM
Ne sentiamo parlare sempre più spesso, ma di che cosa si tratta? Con STEM si intende l’insieme delle discipline scientifico-tecnologiche quali scienze, tecnologia, ingegneria, matematica e, in generale, un sistema di conoscenze scientifiche da collocare in un nuovo paradigma. Le STEM, infatti, sono la chiave di un sistema educativo che si propone di formare e preparare non solo studenti, ma individui capaci di gestire un futuro sconosciuto e incerto.
Nato agli inizi degli anni Duemila negli Stati Uniti per avvicinare studenti di ogni provenienza sociale alle discipline scientifiche, questo metodo di apprendimento interdisciplinare si è diffuso e ampliato nella sua definizione originale, arrivando a includere anche le discipline artistiche (in questo caso si parla di STEAM).
L’educazione STEM mette in gioco contemporaneamente capacità intellettive e riflessive, manuali e creative, stimolando il confronto con gli altri e sviluppando il pensiero critico: competenze indispensabili per un inserimento attivo nella società attuale. Ecco perché spesso queste attività si realizzano in laboratorio: uno spazio in cui si progetta, si costruisce e si rielaborano le proprie conoscenze in funzione di un obiettivo.
Carriere STEM: la situazione in Italia
Dal report dell’Istat relativo ai livelli di istruzione e partecipazione alla formazione del 2020 emerge che il 24,9% dei laureati italiani di età compresa tra i 25 e 34 anni ha una laurea nelle aree scientifiche e tecnologiche. Analizzando la percentuale dei laureati in relazione al territorio la quota resta simile nel centro Italia e nel Mezzogiorno (rispettivamente 23,7% e 23%), mentre aumenta al Nord (26,6%). Ma è analizzando i dati in relazione al genere che emergono le differenze più significative: tra i laureati STEM, infatti, la componente maschile raggiunge il 59%. Analizzando invece l’intero sistema universitario, le donne rappresentano più della metà degli iscritti. In sostanza abbiamo più donne universitarie, ma il livello di interesse verso le discipline STEM è basso.
Si evidenzia purtroppo anche in questo contesto il fenomeno del gender gap, in sostanza una preponderanza della componente maschile su quella femminile, una disuguaglianza che non colpisce esclusivamente il campo della formazione. Il MIUR indica nel Piano Nazionale Scuola Digitale che “occorre riavvicinare i ragazzi alle carriere scientifiche in ambito STEAM, con un’attenzione particolare al divario di genere”. Su 100 studentesse italiane che si iscrivono all'università, infatti, solo 21 scelgono corsi di laurea STEM (Fonte: MIUR, anno accademico 2020/21).
Altri dati interessanti arrivano dal rapporto 2017 dell’Ocse “The Pursuit of Gender Equality: An Uphill Battle”, che analizza la persistenza delle disuguaglianze di genere in ambito sociale ed economico a livello globale. Le giovani donne nei paesi Ocse, in media, studiano più anni degli uomini, ma nonostante questo le donne hanno meno probabilità di essere occupate.
Fonte: “The Pursuit of Gender Equality: An Uphill Battle”
E se torniamo alla situazione nazionale, analizzando gli indicatori per il bilancio di genere degli Atenei, la forbice è evidente anche per la carriera accademica.
Fonte: "MIUR, Ufficio Statistica e Studi"
Fonte: "MIUR, Ufficio Statistica e Studi"
Gender gap: perchè?
Lo stereotipo di genere è una visione rigida di contenuti, aspirazioni e comportamenti che assegna caratteristiche e ruoli in base a un genere socialmente definito e accettato. In base a questa rigida distinzione e classificazione spesso le scelte e le carriere di ragazze e ragazzi sono influenzate, condizionate o addirittura scoraggiate. Ci sono tuttavia strategie e leggi per favorire il superamento di questo divario.
Il gender gap, cioè lo squilibrio di opportunità a sfavore delle donne, infatti, non è solo italiano: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, ha posto fra gli obiettivi strategici 2030 la parità di genere. L’obiettivo 5 dell’Agenda si propone infatti di “raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”.
Il successo delle donne e il caso dell’Astronomia
Le carriere STEM sono ancora oggi forse poco diffuse tra le ragazze e la disparità di genere non è certo una novità: basti pensare a Henrietta Leavitt, astronoma statunitense impiegata a Harvard come donna computer perchè le donne all’epoca non erano considerate come astronome, oppure a Caroline Herschel, astronoma e matematica, probabilmente la prima a scoprire una cometa, ma vissuta all’ombra del più famoso fratello.
Ma quando scelgono queste materie le donne eccellono. Due esempi su tutti sono Patrizia Caraveo e Simonetta Cheli: entrambe occupano posizioni di prestigio in campo astrofisico e dirigenziale. Patrizia Caraveo, astrofisica di formazione, è stata inserita nell'elenco delle 100 esperte in area STEM nell'ambito del progetto "100 donne contro gli stereotipi per la Scienza": collabora alla missione AGILE per l’Agenzia Spaziale Italiana e alle missioni Swift e Fermi per la NASA. La Cheli, invece, prima donna a conquistare la nomina a capo dei Programmi di Osservazione della Terra per l'Agenzia Spaziale Europea, è fresca di nomina a direttrice dell’Ersrin, stabilimento italiano dell'ESA che sorge a Frascati, vicino Roma.
La chiave del successo delle discipline STEM risiede anche nel ruolo di figure popolari come queste, che normalizzino la presenza femminile in settori di appannaggio storicamente maschile, scardinando gli stereotipi di genere e sdoganando la presenza delle donne nella scienza.
Referenze iconografiche: Gorodenkoff / Shutterstock