Il cielo è di tutti
Una citazione di Gianni Rodari che forse oggi non è più così vera...
“[...]...Il cielo è di tutti gli occhi, di ogni occhio è il cielo intero...” così scriveva Gianni Rodari nella sua poesia Il cielo è di tutti (Gianni Rodari, Filastrocche in cielo e in terra,Torino, Einaudi 1960). E chi non ha, almeno una volta nella vita, alzato gli occhi al cielo e provato ad abbracciare tutta la volta stellata in un solo sguardo?
Con questo semplice gesto ha sentito di condividere con il resto dell’umanità il Cosmo intero. Condividere, non possedere, perché il cielo è patrimonio dell’umanità. Sempre usando i versi di Rodari: “È mio, quando lo guardo. È del vecchio, del bambino, del re, dell'ortolano, del poeta, dello spazzino. Non c'è povero tanto povero che non ne sia il padrone.”
Questo forse non è più vero da oltre 60 anni, da quel lontano 4 ottobre 1957 quando venne lanciato in orbita il xprimo satellite artificiale Sputnik 1. Da quel giorno il cielo si è popolato di oggetti creati dall’uomo, proprietà di singole nazioni, agenzie spaziali... e ora anche di privati.
Oggi, un osservatore che guarda il cielo, oltre a stelle, pianeti e galassie, può scorgere tanti intrusi, tra cui alcuni di recente entrata nel panorama satellitare: appaiono come piccoli puntini luminosi, tanto brillanti quanto le stelle. Cosa sono? Non sono ufo, come si potrebbe pensare, bensì si tratta di satelliti Starlink: la rivoluzione dell’internet planetario. Una ragnatela di satelliti pensati per coprire con internet ad alta velocità ogni angolo della Terra
Simulazione del traffico satellitare in orbita intorno alla Terra.
Credits: Digital Starfield was created on an Evans Sutherland Digistar System
Gli Starlink non sono gli unici satelliti a trafficare lo spazio vicino alla Terra: a oggi sono già presenti circa 10.000 satelliti, di cui alcuni di proprietà delle agenzie spaziali, messi in orbita per scopi scientifici (previsioni meteo, monitoraggio dei livelli di inquinamento e plastica nei mari, controllo dello stato dei ghiacci ecc.), altri come i GPS (Global Positioning System) sono satelliti militari, altri ancora sono commerciali e vengono utilizzati principalmente per le telecomunicazioni. A questo numero va aggiunta una non ben definita quantità, coperta da segreto, di satelliti militari e quelli ormai inattivi.
In pochi anni Space X spedirà intorno alla Terra un numero di satelliti maggiore di quello inviato fino a oggi dalle agenzie spaziali di ogni nazione. Siamo ormai ben lontani dal poter asserire che il cielo è di tutti. Iniziamo a parlare forse di proprietà privata del cielo, almeno per quanto riguarda l’orbita bassa intorno alla Terra.
Tralasciando per ora le questioni di “diritto spaziale”, una delle criticità legate alla massiccia presenza dei satelliti Starlink è sicuramente l’interferenza e il disturbo che essi arrecano alla ricerca astronomica. Questi satelliti emettono onde radio, motivo per cui i radio astronomi ne hanno chiesto da subito lo spegnimento nel momento del passaggio sui radiotelescopi.
Ma sono gli astronomi ottici i più colpiti. Il lanciatore di Space X, il Falcon 9, manda in orbita 60 satelliti per volta, ognuno di dimensioni equivalenti a un tavolo da cucina più le relative antenne. Prima di posizionarsi nei punti della maglia virtuale prestabilita, vengono rilasciati uno per volta a formare una sorta di trenino.
Gli astronomi ottici erano abituati a convivere con i satelliti in orbita, ma non certo con i trenini degli Starlink, che per effetto della loro geometria risultano particolarmente luminosi e brillanti, perché riflettono la luce del Sole.
Se da una parte per un fotografo amatoriale vedere gli Starlink può anche essere divertente, numerosi infatti sono i casi di “photobombing dimostrativi”, il problema si farà sempre più stringente quando il numero di satelliti aumenterà. Essi, infatti, andranno a coprire tutto il mondo, anche le regioni più remote, là dove gli astronomi nel tempo si sono rifugiati proprio per sfuggire all’inquinamento luminoso dovuto alla massiccia urbanizzazione e alla sconsiderata illuminazione degli spazi pubblici e privati.
Il Telescopio Nazionale Galileo, il più importante strumento ottico della comunità astronomica italiana, si trova ad esempio sulla sommità dell’isola de La Palma, alla Canarie, uno dei paradisi dell’astronomia.
Telescopio Nazionale Galileo
Fonte: Wikipedia – Pubblico dominio
Un altro esempio è l’osservatorio di Mauna Kea, alle Hawaii, a più di 4000 metri di altezza. Questi luoghi sono stati scelti proprio per l'eccellente qualità del cielo, ma quando tutti gli Starlink saranno operativi non sarà più così. Gli strumenti a grande campo sono quelli più colpiti dalle costellazioni satellitari: più grande, infatti, è il campo di vista, maggiore è la possibilità di vedere questo tipo di fenomeno.
Purtroppo le strisce luminose degli Starlink sono talmente brillanti che nemmeno gli algoritmi di pulizia riescono a salvare le immagini, che in sostanza diventano inutilizzabili. La loro presenza si è fatta notare anche a bordo della Stazione Spaziale Internazionale a un'altezza media di 400 chilometri.
Immagine ripresa dagli astronomi Clara Martínez-Vázquez e Cliff Johnson, con un’esposizione di 333 secondi al Blanco 4-meter telescope presso il Cerro Tololo Inter-American Observatory (Ctio).
L’immagine contiene almeno 19 striature create dal secondo gruppo di satelliti Starlink lanciati nel novembre 2019.
Credits: Nsf’s National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory/Ctio/Aura/Delve
Inquinamento luminoso
Le costellazioni Starlink non sono gli unici nemici degli astronomi e in generale di chiunque voglia godere della meraviglia del cielo stellato.
C’è molta differenza, infatti, tra un bel cielo, pulito e buio, e quello che si vede da una qualsiasi città. Il panorama celeste è completamente obnubilato dalle troppe luci della città, in parte eccessive e in parte non correttamente orientate.
La luce, infatti, non è rivolta verso il basso, ma puntata in ogni direzione e viene diffusa dall'aerosol dell'atmosfera terrestre creando così aloni luminosi che moltiplicano il fastidio dell'illuminazione cittadina: questi aloni si percepiscono anche a più di 100 chilometri di distanza. Oltre alla direzione è importante anche la quantità di luce: anche avendo un’illuminazione direzionata correttamente, infatti, bisogna tenere conto che l'asfalto, soprattutto in condizioni di umidità, riflette parte di questa luce. Bisogna, quindi, avere luci direzionali e intelligenti, che si accendono quando serve: non c’è nessuna dimostrazione dell’esistenza di una correlazione tra tanta illuminazione e maggiore sicurezza.
L’inquinamento luminoso non è solo un problema degli astronomi e degli amanti del cielo ma è di tutti: la troppa illuminazione nuoce all’ambiente e a tutti gli esseri viventi, compreso l’uomo.
Le piante e gli animali dipendono dal ciclo quotidiano di alternanza luce (di giorno) e buio (di notte) per regolare molti comportamenti quali: la riproduzione, il nutrimento, il sonno, che vengono definiti ritmi circadiani. Per alcuni animali e piante l’eccessiva illuminazione può portare anche alla morte, come per esempio per i piccoli di tartarughe marine, le cui uova si schiudono di notte sulla spiaggia. I piccoli raggiungono l’oceano guardando l’orizzonte luminoso sull’acqua. Le luci artificiali li disorientano, allontanandoli dall’oceano.
La buona notizia è che l'inquinamento luminoso non è un male irreversibile, si può infatti migliorare e correggere. Esistono a livello regionale leggi specifiche per la prevenzione e lotta dell’inquinamento luminoso (Legge regionale 9 febbraio 2018, n. 3. Modifiche alla legge regionale 24 marzo 2000, n. 31 (Disposizioni per la prevenzione e lotta all'inquinamento luminoso e per il corretto impiego delle risorse energetiche), ma le amministrazioni locali faticano ad attuarle. Un primo passo, che ogni cittadino può fare singolarmente, è quello di spegnere le luci tornando a godere dello spettacolo del cielo, che l’Unesco ha dichiarato patrimonio dell’umanità. Preoccuparci dell’integrità del cielo è quindi una parte fondamentale della nostra identità culturale e un impegno civico.
I satelliti Starlink
Starlink è una costellazione di satelliti, attualmente in costruzione, di proprietà dell’agenzia aerospaziale privata statunitense Space X, fondata dal magnate sudafricano Elon Musk.
Sono posizionati su orbite strategiche, in bassa orbita terrestre, a circa 500 chilometri di altezza.
L’obiettivo di Starlink è dare accesso a internet satellitare globale in banda larga. Il primo lancio è avvenuto a maggio 2019 e, a oggi, con una media di due lanci al mese, sono stati messi in orbita oltre 1140 satelliti. A operazione conclusa verranno lanciati in orbita 12000 satelliti.
Il lancio di questi satelliti avrà un impatto ambientale e azioni legali sono in corso, promosse sia dalla comunità astronomica sia dalle società che offrono altri servizi satellitari. Uno dei principali problemi è relativo all’alto tasso di guasti, di circa il 10%, dovuta alla produzione in serie dei satelliti.
Per ricevere il segnale Starlink bisognerà comprare un’antenna e pagare 99 dollari/mese. Sicuramente questa è la frontiera della cosiddetta Space economy, un business che potenzialmente è molto interessante, ma che non è pensato per minimizzare l’impatto sul cielo.
Starlink Mission – Credit: Official SpaceX Photos
Roberta Boccomino, fisica di formazione, da anni si occupa di divulgazione scientifica lavorando a stretto contatto con studenti e insegnanti. Dal 2015 è uno dei comunicatori scientifici di Infini.to - Planetario di Torino.
Simona Romaniello è astrofisica e comunicatrice scientifica. Si occupa del coordinamento dell'ufficio di Didattica e Divulgazione di Infini.to presso il Planetario di Torino.
Referenze iconografiche: Emanuele Balboni, cosmoedintorni.org