Un cuore che pulsa nella Via Lattea
Cosa sono i microquasar e perché studiarli
Osservare il cielo con occhi diversi, ossia in frequenze diverse, permette di ottenere molte informazioni che non saremmo in grado di raccogliere se ci limitassimo alla sola frequenza del visibile. Questo è quanto accaduto con GRS 1915+105, per il quale sono state raccolte oltre 15 anni di osservazioni nei raggi X e in banda radio, ottenute da telescopi spaziali e radiotelescopi sulla Terra ed elaborate da un team internazionale di ricerca di cui fa parte anche l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). I risultati, pubblicati su Nature Astronomy, hanno permesso di comprendere con grande accuratezza come funziona un microquasar e di dirimere, almeno per quel che riguarda GRS 1915+105, una controversia incentrata sui meccanismi di emissione di materia (chiamati getti) a velocità prossime a quella della luce. Prima di conoscere i recenti risultati sui microquasar, conosciamo più da vicino questi affascinanti oggetti.
Carta d’identità di un microquasar
I microquasar sono sistemi binari che si trovano nella nostra galassia. Sono composti da un oggetto compatto, un buco nero stellare o una stella di neutroni, e una stella compagna che emette luce. I due oggetti, legati gravitazionalmente, ruotano intorno al comune centro di massa. In questa danza cosmica tra una stella morta e una viva, la prima attrae materia dalla seconda, emettendo radiazione e particelle ad altissima energia. Questi sistemi binari stellari vengono chiamati “binarie a raggi X a getto radio” o microquasar, sono versioni in miniatura dei quasar (acronimo di quasi stellar radio source), ossia galassie attive lontane che ospitano un buco nero centrale super massiccio in grado di produrre, in una regione compatta delle dimensioni del sistema solare, la luminosità di 100 galassie come la Via Lattea.
Il termine microquasar fu usato per la prima volta nel 1992 per descrivere il sistema binario galattico 1E1740.7–2942, caratterizzato da emissione di due getti radio.
Nonostante le differenze nelle masse coinvolte, nei quasar infatti il buco nero è supermassiccio (milioni o miliardi di masse solari), mentre nel microquasar la massa del buco nero è di poche masse solari, i processi fisici sono simili. Uno dei vantaggi dello studio dei microquasar è che, date le loro dimensioni più ridotte, i processi all'interno del sistema e i getti avvengono su una scala temporale più breve, consentendo agli scienziati di analizzare la rapida variabilità nella loro emissione. Per questo motivo, lo studio dei microquasar nella nostra galassia ha permesso una migliore comprensione di cosa accade nei quasar lontani e negli AGN (Nuclei Galattici Attivi).
Il microquasar GRS 1915+105
GRS 1915+105 è un sistema binario formato da un buco nero e dalla sua stella compagna. Si trova a circa 36 mila anni luce di distanza dalla Terra, in direzione della costellazione dell’Aquila. È tra i buchi neri stellari più massicci oggi conosciuti, infatti ha una massa di circa 12 volte quella del Sole.
Gli strati più esterni della stella compagna vengono attratti dall'intenso campo gravitazionale del buco nero e, cadendovi sopra, formano un disco di materia, chiamato disco di accrescimento, da cui vengono emesse enormi quantità di energia sotto forma di raggi X. Sempre dal disco, lungo il suo asse di rotazione, partono in direzioni opposte due enormi getti di plasma relativistici, cioè che si muovono a velocità prossima a quella della luce. Inoltre, la materia che cade sul buco nero, scaldandosi, forma una struttura situata al di fuori dell’orizzonte degli eventi, il punto di non ritorno, denominata corona, da cui vengono espulsi i due getti di plasma in direzioni opposte. I meccanismi di accrescimento ed emissione della materia sono simili a quelli dei quasar, ma su scale milioni di volte più piccole.
Rappresentazione artistica del microquasar Grs 1915+105.
Crediti: Chandra/NASA
Una correlazione tra getti e corona, può apparire ovvia, ma in realtà è il risultato di quasi vent’anni di dibattito nel mondo scientifico. ”È un risultato fondamentale a cui lavoriamo da anni: abbiamo dimostrato che getto e corona sono la stessa componente fisica”, sostiene Tomaso Belloni, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) che ha partecipato allo studio. “È come avere trovato la prova che Superman e Clark Kent sono la stessa persona: si assomigliano molto, ma non sono mai stati visti insieme. Noi abbiamo osservato la trasformazione di uno nell’altro!”. (Tratto dall’articolo “Batte. Forte. Il microquasar” pubblicato su https://www.media.inaf.it il 07/03/2022)
Per ottenere questo risultato i ricercatori hanno raccolto e analizzato 15 anni di dati da diversi telescopi, tra i quali il telescopio spaziale Rossi X-ray Timing Explorer (RXTE), combinandoli con i dati raccolti dal Ryle Telescope, una serie di antenne radio che si trovano a Cambridge, nel Regno Unito.
Utilizzando una metafora “medica”, possiamo affermare che ricercatori hanno tracciato per 15 anni il battito cardiaco del buco nero di GRS 1915+105. Anzi, per la precisione è stato realizzato un doppio tracciato che riporta i dati di 500 giorni di osservazione. Il primo tracciato è in banda radio ed è stato acquisito da Terra con il Ryle Telescope. Il secondo tracciato rappresenta l’emissione in banda X, ottenuta con RXTE.
Il risultato è sorprendente: i picchi radio, connessi ai periodi di massima estensione dei getti prodotti dal microquasar, coincidono con i valori minimi dell’emissione X, che invece è connessa con le dimensioni della corona.
In altre parole GRS 1015+105 pulsa proprio come un cuore, ossia corona e getti si alternano: quando una cresce gli altri si riducono e viceversa.
Così come nel cuore atrio e ventricolo si espandono e contraggono in modo alternato, in GRS 1015+105 la corona si espande accumulando materia e, quando quest’ultima è sufficientemente calda, viene spinta verso l’esterno, mentre la corona si contrae e si raffredda, preparandosi ad accogliere altra materia. Rimane ancora aperto un interrogativo legato al campo magnetico del buco nero. Si pensa, infatti, che la pulsazione sia in qualche modo “guidata” proprio dal campo magnetico attorno al buco nero.
Se il campo magnetico è caotico, la corona si scalda progressivamente accumulando altra materia proveniente dalla compagna. Quando il campo diventa più regolare, la materia è in grado di sfuggire seguendo le linee di forza del campo magnetico, producendo i getti.
Grazie a questo studio, in futuro sarà possibile applicare lo stesso metodo anche ai buchi neri supermassicci al centro delle galassie, come ad esempio SgrA*, il buco nero di 4 milioni di masse solari che si trova al centro della Via Lattea.
Referenze iconografiche: Science Photo Library / Alamy Stock Photo, Science Photo Library / Alamy Stock Photo