La Costituzione e la tutela dell’ambiente

Aspetti storici e prospettive future

Il disegno di legge per la revisione degli articoli 9 e 41 della Costituzione affronta il problema ormai indifferibile dell'introduzione della tutela e sostenibilità ambientale tra i principi alla base del nostro ordinamento giuridico.

Noi siamo una parte della terra, e la terra fa parte di noi.
I fiori profumati sono i nostri fratelli,
il cavallo, la grande aquila sono i nostri fratelli,
la cresta rocciosa, il verde dei prati, il calore dei pony
e l’uomo appartengono tutti alla stessa famiglia. […]
Tutto ciò che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra.

da una Lettera del Capo Seattle al Presidente degli Stati Uniti, 1855

Il valore dell’ambiente nella Costituzione

I primi dodici articoli della Costituzione affermano i valori su cui si fonda la Repubblica, i cosiddetti principi fondamentali. Tra essi, l’articolo 9 dispone che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica; tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
La promozione richiede l’impegno attivo, di stimolo e sviluppo, da parte della Repubblica nei settori della cultura e della ricerca. La tutela invece fa riferimento al paesaggio e al patrimonio storico e artistico della Nazione, che la Repubblica è chiamata a difendere.
L’Assemblea costituente incontrò molte difficoltà a sviluppare il tema dell’ambiente nella Costituzione; all’epoca vi erano sensibilità diverse rispetto a quelle attuali e l’idea della natura come insieme di “monumenti” era dominante, mentre l’interesse alla sostenibilità delle attività umane molto debole. Le stesse posizioni si ritrovavano nella società italiana.

Italia Nostra, associazione orientata alla protezione dell’ambiente nei suoi aspetti artistici e culturali, iniziò la sua attività nel 1955. Altre associazioni con istanze specificatamente ambientaliste si affermarono più tardi nel nostro Paese, il WWF (World Wide Fund for Nature) cominciò a operare in Italia soltanto dal 1966, Greenpeace negli anni Settanta e Legambiente negli anni Ottanta del Novecento.

L’evoluzione giurisprudenziale

È la Corte costituzionale che, con una giurisprudenza pluridecennale, positivizza la protezione dell’ambiente, facendo emergere un diritto costituzionale in materia. Le interpretazioni prodotte dal Giudice delle leggi - estensive, evolutive e combinate - hanno tutte le caratteristiche e le debolezze del diritto legato al caso concreto, ma manifestano la capacità di intercettare quell’evoluzione che negli anni ha caratterizzato l’ordinamento italiano e permettono l’affermazione dell’ambiente come valore costituzionale.
La Corte costituzionale parte dal concetto di “paesaggio”, tutelato dall’articolo 9 della Costituzione, e arriva a una definizione del bene ambientale, assegnandole rilevanza come un diritto costituzionale vivente. Secondo la Corte, il paesaggio come forma del paese rappresenta un momento della tutela ambientale, ma non può essere considerato l’unico elemento, né esaurire il problema dello status costituzionale della tutela dell’ambiente.
La tutela del paesaggio viene ridefinita dalla giurisprudenza costituzionale come tutela paesaggistico-ambientale, superando la tutela del “monumento in natura”, emersa nei lavori dell’Assemblea costituente. Da questo momento il paesaggio assume importanza non soltanto come valore estetico-culturale, ma tenendo conto di come le esigenze dello sviluppo socioeconomico del Paese incidono sul territorio e sull’ambiente (Corte Cost., sentenza n. 4 del 1985).
Nella visione della Corte costituzionale, l’ambiente è un valore primario da tutelare all’interno del «processo evolutivo diretto a riconoscere una nuova relazione tra la comunità territoriale e l’ambiente che la circonda, essenziale ai fini dell’equilibrio ambientale, capace di esprimere una funzione sociale e di incorporare una pluralità di interessi e utilità collettive, anche di natura intergenerazionale» (Corte Cost., sentenza n. 179 del 2019). «In questa prospettiva la cura del paesaggio riguarda l’intero territorio, anche quando degradato o apparentemente privo di pregio» (Corte Cost., sentenza n. 71 del 2020).
La Corte, combinando le disposizioni contenute nell’articolo 9 con quelle previste nell’articolo 32 della Costituzione, fa emergere anche il diritto all’ambiente salubre, afferma la necessità della tutela della salute in tutte le condizioni in cui si svolge la vita di ogni persona (Corte cost., sentenze n. 210 e 640 del 1987) e richiede che l’ordinamento tuteli l’ambiente come elemento determinativo della vita e come valore primario assoluto (Corte Cost., sentenza n. 127 del 1990).
La qualificazione dei valori dell’ambiente e della salute come primari implica, a parere della Consulta, che gli stessi non possano essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati. Il punto di equilibrio deve essere valutato dal legislatore nella produzione delle norme e dal Giudice delle leggi in sede di controllo, secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale (Corte cost., sentenza n. 859 del 2013).

L’ambiente e il Titolo V della Costituzione

Sulla materia è intervenuta nel 2001 la riforma del Titolo V della Costituzione. Il legislatore costituzionale, innovando l’articolo 117, ha inserito nell’elenco di cui al comma 2, tra le materie assegnate alla potestà esclusiva dello Stato, la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; mentre nell’elenco di cui al comma 3, tra le materie di competenza concorrente Stato-Regioni, ha inserito la valorizzazione dei beni ambientali e culturali.
Sebbene la riforma del 2001 non abbia chiarito il significato giuridico del termine, l’attribuzione della materia sia alla competenza esclusiva statale sia a quella concorrente tra Stato e Regioni, ha senz’altro rafforzato la tutela costituzionale dell’ambiente.
La Corte costituzionale, nel definire il complesso riparto delle competenze tracciato dal Titolo V, ha chiarito che in materia ambientale il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale è riservato allo Stato (Corte cost., sentenza n. 88 del 2020). Lo Stato, di conseguenza, può emanare regole che prevedono standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale e tale disciplina costituisce un limite per tutte le Regioni e le Province autonome, le quali non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato. Il Giudice delle leggi ha evidenziato che resta salva la facoltà delle Regioni di prescrivere livelli di tutela ambientale più elevati di quelli previsti dallo Stato (Corte Cost., sentenza n. 63 del 2020), ma ha precisato che l’articolo 117 non esclude la titolarità in capo alle Regioni di competenze legislative su materie (governo del territorio, tutela della salute ecc.) per le quali l’ambiente come valore costituzionale assume rilievo (Corte cost., sentenze n. 407 e 536 del 2002). Quindi, il carattere trasversale della materia e la sua potenzialità di estendersi anche nell’ambito delle competenze regionali può richiedere, nel rispetto del principio di leale collaborazione, interventi normativi delle Regioni che agiscono nell’esercizio delle loro competenze, ma che contemporaneamente curano interessi inerenti all’ambiente.

L’ambiente nelle Costituzioni degli Stati europei

In Europa, le Costituzioni che oggi riconoscono l’ambiente e la sua salvaguardia sono numerose. Le Costituzioni di prima generazione (emanate dopo la Seconda guerra mondiale), che non prevedevano specifiche disposizioni riguardanti la tutela dell’ambiente, sono state appositamente emendate. Le Costituzioni di seconda e terza generazione (più recenti) hanno recepito fin dalla loro origine apposite disposizioni a tutela dell’ambiente.

Appartengo a quest’ultimo gruppo:

  • la Costituzione greca del 1975, secondo la quale la protezione dell’ambiente naturale e culturale sono un dovere per lo Stato e un diritto di ogni persona;
  • la Costituzione spagnola del 1978, che tutela l’ambiente, concedendo a ogni persona il diritto di poterlo utilizzare e l’obbligo di preservarlo;
  • la Costituzione polacca del 1997, secondo cui la Repubblica salvaguarda il patrimonio nazionale e garantisce la protezione dell’ambiente naturale secondo i principi dello sviluppo sostenibile;
  • la Legge fondamentale ungherese del 2011, che assicura il diritto di ciascuno a vivere in un ambiente sano, prevede il principio “chi inquina paga” e vieta l’importazione di rifiuti inquinanti a titolo di deposito.

Appartengono, invece, al gruppo delle Costituzioni di prima generazione, recentemente modificate:

  • la Costituzione belga, emendata nel 1993 con riferimenti al diritto e alla protezione di un ambiente sano;
  • la Legge fondamentale della Repubblica federale tedesca integrata nel 1994, in un periodo contrassegnato dall’affermazione del movimento dei Verdi, con un nuovo articolo che attribuisce allo Stato e ai pubblici poteri la responsabilità di tutelare i fondamenti naturali della vita (tra i quali viene ricondotto il clima) e gli animali, anche nell’interesse delle generazioni future;
  • la Costituzione portoghese, emendata nel 1997 con un articolo che prevede il diritto all’ambiente e richiami allo sviluppo sostenibile;
  • la Costituzione federale svizzera, emendata nel 2000 con l’introduzione di otto articoli dedicati all’ambiente, alla pianificazione del territorio e allo sviluppo sostenibile;
  • la Costituzione francese, emendata nel 2005 con l’introduzione nel Preambolo di un riferimento alla Charte de l’environnement del 2004. Oggi è in corso un’iniziativa di revisione che dovrebbe integrare l’articolo 1 della Costituzione con il principio per cui la Repubblica «garantit la préservation de l’environnement et de la diversité biologique et lutte contre le dérèglement climatique».

Nei testi costituzionali attualmente vigenti in Europa, la tutela dell’ambiente si presenta secondo modalità ricorrenti, così riassumibili:

  • la tutela dell’ambiente è spesso prevista come principio fondamentale oppure come principio programmatico e obiettivo dell’azione dello Stato;
  • è consueta la previsione di un diritto all’ambiente salubre;
  • la tutela dell’ambiente assume, in diversi casi, il profilo del diritto/dovere;
  • è sempre più frequente il richiamo alla responsabilità verso le generazioni future;
  • si moltiplicano i riferimenti alla tutela degli animali.

Il diritto dell’ambiente nei trattati europei

La tutela dell’ambiente è disciplinata in maniera completa e particolareggiata nell’ordinamento europeo. L’articolo 3 TUE afferma che l’Unione deve perseguire lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente.
L’ambiente deve essere la matrice delle politiche europee e le esigenze connesse con la sua tutela devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione, nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile (art. 11 TFUE).
La politica dell’Unione in materia ambientale deve mirare ai seguenti obiettivi:

  • proteggere la salute umana;
  • usare in maniera accorta e razionale le risorse naturali;
  • combattere i cambiamenti climatici.

Nel programmare la politica in materia ambientale, l’Unione deve prendere in considerazione:

  • i dati scientifici e tecnici disponibili;
  • le condizioni dell’ambiente nelle varie regioni dell’Unione;
  • i vantaggi e gli oneri che possono derivare dall’azione e dall’assenza di azione;
  • lo sviluppo socioeconomico dell’Unione nel suo insieme e lo sviluppo equilibrato delle singole regioni.

Gli strumenti previsti dai Trattati per la realizzazione dei predetti obiettivi sono i programmi generali di azione, adottati con un orizzonte temporale che si proietta oltre la scadenza degli organi elettivi, vincolando le scelte future.
L’ordinamento europeo, che bilancia la tutela ambientale con altri interessi (ad esempio il progresso sociale e la piena occupazione) è oggi in corso di trasformazione in quanto l’UE partecipa agli accordi sui cambiamenti climatici e adottando il programma d’azione in cui si articola l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e si è impegnata a realizzarne gli obiettivi. Questi sono stati sintetizzati nel Green Deal europeo (documento di indirizzo politico proposto dalla Commissione nel 2019), il quale prevede uno sviluppo fondato sulla sostenibilità e sull’economia circolare.

L’evoluzione della tutela ambientale nei trattati UE
L’articolo 2 del Trattato di Roma del 1957 non prevedeva la tutela dell’ambiente tra gli obiettivi della nuova Europa; tale carenza normativa non ha tuttavia impedito al soggetto europeo di normare la materia.
Con l’Atto unico europeo (1986) è stato introdotto nel Trattato di Roma il nuovo Titolo VII, concernente la tutela dell'ambiente.
Con il Trattato di Maastricht (1992) si è attribuito all’UE il compito di promuovere una crescita economica sostenibile e rispettosa dell'ambiente e con il Trattato di Amsterdam (1996) è stato precisato che i Paesi membri s’impegnano a garantire un elevato livello di protezione ambientale.
Con la dichiarazione n. 9 (allegata al Trattato di Nizza del 2001) l’Unione ha assunto l’impegno di promuovere la protezione dell’ambiente nel suo territorio e lo sviluppo sostenibile.
Con il Trattato per la Costituzione europea (2004) si è previsto che un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente ai principi dello sviluppo sostenibile.

La proposta di riforma della Costituzione

Nel quadro odierno caratterizzato da profonde trasformazioni, anche per l’adesione dell’Italia agli accordi internazionali per la tutela dell’ambiente, il solo riferimento dell’articolo 9 della Costituzione al “paesaggio”, che pure è stato sufficiente per la costruzione di un diritto costituzionale in materia, non è più sostenibile e si rende necessaria una riforma che conferisca all’ambiente il giusto valore, riconoscendolo come principio fondamentale e inviolabile.
Da queste esigenze origina un disegno di legge costituzionale, recante modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione. Il legislatore costituzionale intende aggiungere un terzo comma all’articolo 9 e modificare le disposizioni del secondo e del terzo comma dell’articolo 41 della Costituzione; la formulazione della proposta riprende gli orientamenti della Corte costituzionale e i principi e i valori emersi nel diritto internazionale.
La riforma ha natura innovativa: infatti con la revisione dell’articolo 117 della Costituzione la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema venne riservata alla competenza esclusiva dello Stato; mentre con la nuova formulazione dell’articolo 9 della Costituzione la materia per la prima volta, rientrerà tra i valori della Repubblica.

La revisione dei principi fondamentali
Nel caso il disegno di legge fosse definitivamente approvato, si tratterebbe, per la parte relativa all’articolo 9, della prima revisione dei principi fondamentali della Costituzione.
A questo proposito, occorre tener presente la pronuncia della Corte costituzionale, secondo la quale la Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali (Corte cost., sentenza n. 1146 del 1998). Si tratterebbe, tuttavia, in questo caso non di sovvertire, ma di integrare le disposizioni sulla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, senza in concreto stravolgere il loro nucleo di significato più caratterizzante.

Il nuovo articolo 9 della Costituzione

Con la revisione costituzionale si affida alla Repubblica, insieme alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione, anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Il nuovo testo contiene anche un principio di tutela degli animali, attraverso l’introduzione di una riserva di legge statale che ne disciplinerà le forme e modi. La disposizione, strettamente legata al più vasto principio di tutela ambientale, riguarda le specie animali come una componente della biodiversità da proteggere.
Questa ampia concezione deve garantire:

  • la prudente gestione e il miglioramento dell’ambiente (dell’aria, delle acque, del suolo e più in generale del territorio);
  • la conservazione della biodiversità, degli ecosistemi, di tutte la specie animali e vegetali e la realizzazione di un ambiente ecologicamente equilibrato.

La proposta introduce un riferimento all’interesse delle generazioni future e pone un preciso vincolo. L’attuazione della tutela ambientale non deve soltanto assicurare la soddisfazione dei bisogni delle odierne generazioni, ma deve essere concepita in modo tale da assicurare le migliori condizioni di vita alle generazioni che seguiranno. Di conseguenza, le politiche in materia non potranno essere pensate con obbiettivi di breve scadenza, ma dovranno essere rivolte al futuro in una prospettiva di lungo periodo.

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Il nuovo articolo 41 della Costituzione

Per dare maggiore concretezza al nuovo dettato dell’articolo 9, il legislatore costituzionale introduce due nuovi limiti in materia di esercizio delle attività economiche, stabilendo che l’iniziativa economica non può svolgersi con danno alla salute e all’ambiente e naturalmente nel rispetto di quelli già vigenti, ossia la sicurezza, la libertà e la dignità umana.

La nuova disposizione forse potrà risolvere la dimensione conflittuale tra la tutela dell’ambiente e della salute e l’esercizio delle attività economiche, che ad oggi è risultata di difficile composizione. A questo proposito di particolare interesse risultano le pronunce della Corte costituzionale sul “caso Ilva” (sentenze n. 85 del 9 maggio 2013; n. 182 del 13 luglio 2017; n. 58 del23 marzo 2018). In tali circostanze, la Consulta ha affermato che le considerazioni di ordine economico devono essere bilanciate con quelle relative al diritto alla salute (da cui deriva il diritto all’ambiente salubre) e al lavoro (da cui derivano l’interesse costituzionalmente rilevante al mantenimento dei livelli occupazionali e il dovere delle istituzioni pubbliche di spiegare ogni sforzo in tal senso).
Inoltre, sostiene la Corte, tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile, pertanto, individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona.

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Il legislatore costituzionale riserva alla legge la possibilità di indirizzare e coordinare l’attività economica, pubblica e privata, non soltanto ai fini sociali, ma anche ambientali. Delinea in questo modo un diverso modello nel quale l’ambiente diventa un motore per lo sviluppo e offre un indirizzo costituzionale ai principi che sono alla base dell’economia circolare; principi che potrebbero cambiare le logiche della produzione e del consumo e innescare un cambiamento sicuramente economico, ma anche culturale.
Porre la tutela dell’ambiente come limite alle attività economiche è anche coerente con i principi che ispirano il Next Generation EU e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (in particolare la missione n. 2, rivoluzione verde e transizione ecologica).

Conclusioni

L’introduzione nei principi fondamentali e nell’ordinamento costituzionale di riferimenti all’ambiente e alla salute pone un rimedio alle carenze attuali e adegua la nostra Carta costituzionale a quella degli Stati europei. Ma la nuova tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi può anche essere un passo importante per la realizzazione della transizione ecologica, nel momento in cui l’Unione europea ha assunto obiettivi ambiziosi nel contrasto ai cambiamenti climatici.
Nel giugno del 2021 il Parlamento ha approvato in prima lettura il disegno di legge di revisione costituzionale relativo agli articoli 9 e 41 della Costituzione. Il cammino che la revisione deve percorrere è ancora lungo: occorre che la Camera dei deputati confermi gli emendamenti del Senato della Repubblica, cui dovrà fare seguito la seconda deliberazione da parte di entrambi i rami del Parlamento. Questo percorso sarà da concludere nella fase finale della XVIII legislatura, in presenza di priorità politiche diverse, ma necessario per l’approvazione definitiva di una riforma che si presenta ormai indifferibile.

Referenze iconografiche: Zdravko Ciric/Shutterstock

 

Rosa Piera Mantione

laureata in Giurisprudenza e in Scienze della amministrazioni pubbliche, ha una lunga esperienza di insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche. Attualmente insegna presso l'IIS Baldessano Roccati di Carmagnola (TO). È autrice di varie pubblicazioni didattiche, tra cui il corso di Diritto ed economia nel biennio Costituzione al futuro, pubblicato da Paramond nel 2019.