Storytelling e digital storytelling
Esempi e istruzioni d'uso per attività a scuola
Lo storytelling è una pratica didattica ormai consolidata e considerata efficace ai fini dell'apprendimento perché una storia è più facile da capire e ricordare di una spiegazione, perché usa le stesse strategie che gli esseri umani usano per dare significato a quanto hanno intorno, perché mantiene sullo stesso piano il linguaggio quotidiano e il linguaggio proprio delle discipline. L'utilizzo didattico dello storytelling comprende una prima parte in cui si impara la grammatica delle narrative, e una seconda che prevede la creazione di storie come strumento per lo sviluppo di nuove competenze.
Imparare gli elementi delle storie
"Il re è morto e poi la regina è morta" è una cronaca, "il re è morto e poi la regina è morta di dolore" è una storia (Forster, 1968). Una storia può essere definita come una serie unica di eventi o di stati mentali che non hanno una vita o un significato autonomo, ma lo acquistano solo all'interno della sequenza con la quale sono disposti nella trama (Bruner, 1992): nell'esempio iniziale del re e della regina l'aggiunta di una sola parola permette di trasformare una cronaca in una storia. Le narrative hanno elementi comuni, l'equilibrio dei quali determina e costruisce il significato di quanto viene raccontato (Norris, 2005). Nelle attività didattiche proposte in classe questi elementi possono essere facilmente riconosciuti all'interno di storie note agli allievi, come quelle dei film o delle serie TV, e utilizzati per imparare a interpretarle.
È successo qualcosa: è morta Laura Palmer (serie TV Twin Peaks). Una storia racconta di eventi, di episodi che coinvolgono particolari personaggi in un particolare luogo e in un particolare momento; tali eventi sono cronologicamente collegati tra loro e sono legati da un tema comune con eventi successivi, che portano a un cambiamento e permettono di capire quelli precedenti. Anche quando è fantascienza, la narrativa si occupa del passato, perché racconta qualcosa che è avvenuto.
Qualcuno lo racconta. Il creatore della storia può essere in primo piano o in sottofondo, e determina la chiave di lettura della storia da raccontare. Il narratore ha il compito di selezionare gli eventi e di determinare il significato della storia attraverso l'ordine con cui sono messi in sequenza. Ci può essere un unico narratore come nel film Sleepers, o più narratori che si intrecciano come nel film Pulp Fiction.
E poi cosa succede? Lettori, ascoltatori o spettatori devono avere il desiderio di sapere quello che accadrà sulla base di una serie di anticipazioni (alla fine di un episodio della serie TV Grey's Anatomy dobbiamo voler vedere quello successivo); per questo le storie non solo devono essere resoconti di eventi, ma resoconti di eventi fatti da qualcuno che sa qualcosa di più. Le aspettative si basano sulla conoscenza del mondo, delle convenzioni del genere narrativo, del pensiero e delle azioni probabili nella cultura in cui si trova la narrazione; suspense, inversioni e imprevedibilità all'interno dei confini culturali sono mezzi per sostenere l'interesse nella storia e per mantenere il coinvolgimento. Nella letteratura internazionale per indicare questo coinvolgimento si usa la parola engagement, la stessa che indica il fidanzamento. Per questo le narrative iniziano con mancati equilibri, introducono complicazioni, e terminano con un successo o un fallimento; la struttura di riferimento è quasi sempre il "paradigma" in tre atti (Field, 1991): impostazione della storia, confronto e risoluzione, con passaggi da un atto all'altro attraverso punti chiave (il combattimento con l'orso e l'arrivo al forte nel film Revenant) e un punto centrale a metà del secondo atto (la caduta nel fiume, Revenant). Le narrative sono strutturate su due livelli temporali: la sequenza degli eventi della trama e la sequenza in cui sono collegati; nel film 21 grammi è proprio il montaggio privo di logica temporale a creare suspense e coinvolgimento.
Chi è stato? I protagonisti sono responsabili delle loro azioni, per questo causano e subiscono gli effetti degli eventi. Le narrative riguardano gli esseri umani o un senso morale che permette di capire meglio il mondo naturale e le persone che ci vivono, che ci aiuta a immaginare e sentire l'esperienza di altri, ma anche che serve per intrattenerci. I protagonisti ricoprono un ruolo, svolgono una funzione che consente alla narrativa di evolversi (Propp, 1966): in tutti gli episodi della serie TV Tredici, Clay è l'eroe che cerca di trovare il colpevole della morte di Hannah, accompagnato dal suo amico/mentore Tony.
Costruire storie digitali
Le nuove tecnologie offrono molteplici strumenti per la creazione di storie e la combinazione tra l'arte di inventare una storia e l'uso di una varietà di strumenti multimediali come grafica, audio, video e web si definisce "digital storytelling". Se apparentemente la produzione di questa tipologia di prodotti può sembrare semplice, la creazione di un digital storytelling richiede una dettagliata pianificazione delle operazioni da svolgere e pone gli studenti nella necessità di utilizzare differenti strumenti tecnologici, così come di risolvere i problemi emersi nel corso del loro utilizzo, sia riguardo alla padronanza tecnica sia alle dinamiche sociali e comportamentali a essi correlati.
In pratica possono essere individuati otto passaggi per la realizzazione di un digital storytelling (Morra, 2013):
- Definire l'idea iniziale attraverso una breve descrizione, un diagramma, una domanda
- Ricercare, raccogliere, studiare informazioni sulle quali sarà costruita la storia
- Scrivere la storia definendo lo stile della narrazione
- Tradurre la storia in una sceneggiatura
- Registrare immagini, suoni, video
- Montare e ricomporre il materiale
- Distribuire il prodotto
- Raccogliere e analizzare i feedback
Questi passaggi diventano particolarmente delicati in presenza di studenti che, nonostante siano "nativi digitali", hanno in pratica nessuna o pochissime competenze digitali, anche se a volte ci facciamo intimorire dall'apparente facilità con cui usano strumenti come smartphone o social network.
Per questo lo storytelling è una delle tecniche usate nella promozione delle competenze digitali ridefinite di recente dalla Commissione Europea nel DigCOMP 2.1. Tra queste molte sono direttamente legate ad attività di digital storytelling, come per esempio quelle relative a informazione e data literacy (ricercare, valutare e gestire dati, informazioni e contenuti digitali), alla comunicazione e alla collaborazione (interagire, condividere e collaborare con le tecnologie digitali), alla creazione di contenuti digitali (sviluppare, integrare e rielaborare contenuti digitali, utilizzare copyright e licenze), al problem solving (risolvere problemi tecnici e usare creativamente le tecnologie digitali). Per queste ragioni il Piano Nazionale della Scuola Digitale promuove azioni volte a garantire spazi per svolgere attività di storytelling e offrire percorsi di lettura e scrittura in ambienti digitali e misti. Lo storytelling è anche uno degli strumenti proposti per la realizzazione delle attività promosse con il bando PON 2669/2017 "Sviluppo del pensiero computazionale, della creatività digitale e delle competenze di cittadinanza digitale" per il finanziamento dei percorsi formativi diretti agli studenti; tale bando richiede la progettazione di iniziative per l'educazione alla valutazione della qualità e della integrità delle informazioni, alla comprensione e all'uso dei dati, all'uso dei nuovi linguaggi e alla collaborazione in ambienti digitali.
Un esempio interessante di digital storytelling è il lavoro dell'Istituto comprensivo Via Ricasoli di Torino, dove si realizzano storie con la tecnica dello stop motion applicata ai disegni dei bambini, come "Animando ricordi", prodotta in occasione di una mostra sulla Grande guerra.
Come valutare?
Sebbene attività di questo tipo siano uno stimolo al coinvolgimento degli allievi nella didattica, rimane spesso il problema della loro valutazione. Un primo criterio, che aiuta anche l'autoregolamentazione degli allievi, è seguire il principio "Less is more", cioè usare solo i contenuti necessari e sufficienti a raccontare la storia: un video di 30 secondi oppure una pagina e mezza con doppia interlinea e non oltre 400 caratteri. La ricerca di una buona sintesi ha un forte valore didattico, perché richiede una significativa rielaborazione dei contenuti proposti ed è adeguata per tenere conto della scarsa attenzione e disponibilità di tempo di chi comunica sempre più con un linguaggio di tweet ed emoticon. Più in dettaglio si possono invece usare rubriche valutative come quelle proposte dal Center of Digital Storytelling di Berkeley, dalla Houston University, o loro rielaborazioni, in cui sono presi in esame alcuni elementi fondamentali (vedi tabella).
Creare una storia come lo studio di un caso
Lo "studio di un caso" è uno strumento di didattica attiva utilizzato in molti ambiti professionali che vanno dall'azienda al settore sanitario, dall'università ai servizi sociali. Il suo pregio è di indurre i partecipanti alla problematizzazione e all'analisi di situazioni complesse, su cui si richiede di proporre una o più soluzioni. Questo strumento nasce dal desiderio di capire fenomeni problematici, approfondire la conoscenza di un processo e la comprensione di un contesto nel suo insieme piuttosto che variabili specifiche, e si adatta agli ambienti dove ha un ruolo centrale la relazione (singola o di gruppo) con persone sia adulte che in età evolutiva (per approfondimenti si veda la pagina Case studies all'interno del sito della Brown University).
Lo studio di un caso ha molte caratteristiche in comune con lo storytelling perché un buon caso racconta sempre una storia, con una trama coinvolgente che crea empatia con i protagonisti; inoltre, le situazioni problematiche proposte negli studi di caso sono reali e per questo facilmente analizzabili e interpretabili. In ambito didattico le affinità tra tale tecnica e lo storytelling possono essere sfruttate in senso biunivoco: costruendo una storia per raccontare un caso o per affrontare argomenti complessi raccontando una storia. Qui sopra è proposta una tabella comparativa tra le due tecniche.
Un esempio: lo studio del caso della scienziata Lise Meitner, a cui non venne assegnato il Nobel per la scoperta della fissione nucleare, permette di affrontare la storia dei modelli atomici, delle vicende scientifiche e personali degli scienziati dell’epoca, le difficoltà di essere donna ed ebrea nella società del tempo (Dibattista, 2012); una attività di qusto tipo consente di realizzare percorsi interdisciplinari con particolare attenzione alla ricerca e allo studio delle fonti.
Progettare storie interattive
Una variante interessante per le attività di apprendimento basata sulla narrazione è la costruzione di scenari, storyworld, per lo sviluppo di storie interattive (Dettori, 2016). Questo si distingue dallo storytelling perché gli storyworld rappresentano insiemi di possibilità, piuttosto che sequenze di eventi prefissati, dove le differenti trame delle storie emergono dall'interazione tra l'utente e gli scenari proposti. Le storie interattive sono simili ai giochi di ruolo e ai videogame, e la loro progettazione implica diverse attività mentali, tra cui lo sviluppo della riflessione sulla struttura narrativa e sui vincoli di coerenza interna, che sono essenziali per rendere storie e narrazioni interessanti e significative; inoltre permette di applicare le competenze espressive e comunicative su un tema pratico conosciuto dagli allievi.
Questo tipo di attività permette anche di familiarizzare con approcci computazionali per la risoluzione di problemi, in particolare applicati alla composizione di storie coerenti sulla base di uno storyworld; infatti, è possibile introdurre le principali abilità di base del pensiero computazionale - quali astrazione e approccio algoritmico alla risoluzione di problemi - in un ambiente non strettamente tecnologico, ma legato a una attività familiare e accessibile a tutti come la forma narrativa, volta quindi a favorire la comprensione e il coinvolgimento di studenti con capacità e interessi diversi. "FearNot!" è un software progettato per le scuole medie sulla prevenzione del bullismo, che utilizza le storie interattive e di cui sono disponibili sia dimostrazioni video sia il codice sorgente da personalizzare (Vannini, 2009). L’ambiente virtuale propone episodi di bullismo rispetto ai quali i bambini prendono parte attivamente suggerendo strategie alla vittima per gestire tali situazioni (Fearnot! demonstrator).
In conclusione: le narrazioni sono una parte fondamentale delle culture di ogni epoca e hanno sempre avuto un ruolo centrale nell’educazione. La disponibilità di nuove tecnologie ci permette di rivisitare questa metodologia tradizionale per promuovere le competenze utili all’interpretazione e alla produzione di significati nella realtà quotidiana.
Bibliografia
- Bruner J., La ricerca del significato, Bollati Boringhieri 1992.
- Dettori G., Learning through the Design of Interactive Storie: Exploring the Concept of Storyworld, in Intelligent Networking and Collaborative Systems (INCoS), International Conference on (pp. 370-374), IEEE 2016.
- Dibattista L. e Morgese F., Il racconto della scienza. Digital storytelling in classe, Armando Editore 2012.
- Field S., La sceneggiatura. Il film sulla carta, Lupetti 1991.
- Forster E.M., Aspetti del romanzo, Garzanti 1968.
- Morra S., 8 Steps to great digital storytelling. Edtechteacher 2013.
- Norris S.P., Guilbert S.M., Smith M.L., Hakimelahi S. e Phillips L.M., A theoretical framework for narrative explanation in science. Science Education, 89(4), 535-563 2005.
- Piccione A., Storytelling: insegnare la scienza con un approccio narrativo, Science Magazine 01/2014, 2014.
- Propp V., Bravo G.L. & Lévi-Strauss C., Morfologia della fiaba, Einaudi 1966.
- Vannini N., Enz S., Sapouna M., Wolke D., Watson S., Woods S., ... & Aylett R., "FearNot!": a computer-based anti-bullying-programme designed to foster peer intervention. European journal of psychology of education, 26(1), 21-44, 2011.
Referenze iconografiche: ra2 studio/Shutterstock