Qual è lo spazio di iniziativa per il docente?
Da qualche anno nella secondaria superiore non si parla più di "programmi", ma di "indicazioni nazionali". Non è una semplice questione di parole: le "indicazioni" riducono la vincolatività, pur senza lasciare interamente all'iniziativa del singolo docente o della singola scuola la scelta dei temi da studiare: in tal caso la libertà si trasformerebbe in arbitrio.
Ovviamente il margine di iniziativa cambia a seconda delle discipline. Esemplificando con l'italiano, è evidente che l'insegnamento della lingua può e deve rinnovarsi nei metodi, lasciando cadere certo grammaticalismo d'antan (la selva di complementi indiretti…) e aprendosi sempre più alla linguistica testuale. Ma al termine del biennio un alunno deve essere in grado di costruire una proposizione concessiva, senza fare come gli immatricolati a un corso di laurea in materie umanistiche che, in una prova d'accesso, a un siffatto quesito hanno risposto con frasi come "Ti concedo di lasciare la stanza" (l'aneddoto purtroppo non è inventato); né può avere dubbi se il che di "È giusto che tu sappia la verità" sia una congiunzione o un pronome.
Diverso il discorso per la letteratura. Anche qui ci sono alcuni punti fermi. Non è pensabile ignorare il Dante della Commedia, ossia il massimo poeta della nostra letteratura, così ricco di risonanze simboliche anche per la nostra identità nazionale. Ma occorre guardarsi da un atteggiamento che, pur storicamente fondato, rischia di essere didatticamente sterile. L'atteggiamento di chi dice: come faccio a spiegare Dante, se non ho adeguatamente illustrato quel che c'è prima di lui? O se non ho parlato della Vita nova e del Convivio? Se è per questo, è difficile trattare a fondo Dante anche se non si conoscono i presupposti filosofici del suo sistema di idee (San Tommaso…), la sua visione della scienza, le vicende delle lotte politiche alle quali egli prese direttamente parte. Ma la scuola deve scegliere; e in un liceo delle scienze sociali potremmo anche limitarci alla Commedia: recuperando, questo sì, una serie di informazioni e di stimoli attraverso il commento diretto dei versi. Perché – e qui non si possono fare sconti, quale che sia la scuola di riferimento – l'importante è accostarsi direttamente alla lettura dei testi, riducendo l'impatto delle notizie puramente manualistiche (la vita e le opere, col riassunto di quelle di cui non si legge nemmeno una riga).
Dante è Dante; ma cosa fare dei minori, latamente intesi? Qui diventa decisiva la formazione culturale dell'insegnante. Immaginiamo che, negli anni dell'Università o per sua personale curiosità, il docente abbia studiato a fondo il poema eroicomico. Perché privare gli alunni di un approfondimento sulla Secchia rapita, che servirebbe per portare alla luce la linea alternativa, quella burlesco-giocosa, che agisce a lungo nella tradizione letteraria italiana rispetto alla poesia "seria", dalla lirica all'epica tassiana? Un altro docente potrebbe essere sensibile ai rapporti tra letteratura e scienza. Nel Seicento non c'è solo Galilei, c'è tutto un insieme di scienziati, come Francesco Redi, che guardano alla natura con occhi nuovi e che hanno anche la capacità letteraria di rappresentare con efficacia l'entusiasmo della scoperta. Un altro può essere un melomane. Ottima occasione, oltre che per fare entrare un po' di musica nelle aule della scuola superiore, per illustrare l'opera ottocentesca che, per la prima volta in questa misura, si apre agli stimoli che provengono dalle letterature straniere: nella produzione verdiana solo un libretto ha una fonte italiana, I Lombardi alla prima Crociata, da Tommaso Grossi; tutti gli altri mettono in circolo nelle platee dell'epoca Shakespeare (Macbeth ecc.), Schiller (Luisa Miller ecc.), Byron (I due Foscari ecc.), Dumas figlio (Traviata), Hugo (Ernani, Rigoletto). Un altro ancora può essere appassionato del cinema, una realtà da cui è difficile prescindere se si vuole trattare davvero la letteratura del secondo Novecento e il sempre più intenso commercio tra realtà italiana e realtà straniere (quella anglosassone, ma anche quella francese, per esempio).
Quel che importa è che il docente, sulla base di una robusta (e imprescindibile) competenza disciplinare, non rinunci a far valere i suoi personali gusti di persona colta, ovviamente avendo cura di collegarli al sistema di valori – nel nostro caso la letteratura italiana – che è chiamato a trasmettere agli alunni.
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