La rappresentazione di genere e l’uso del gender-fair language nei libri di Business English

I libri hanno un ruolo fondamentale nel processo di apprendimento e sono strumenti essenziali per la socializzazione e la rappresentazione di genere. Molti studi evidenziano che tale rappresentazione è ancora lontana dalla realtà del mondo del lavoro e rimane legata a stereotipi di ruoli che uomini e donne ricoprono negli ambiti lavorativi.

L’inizio del dibattito sulla parità di genere e di ruolo delle donne nel mondo del lavoro risale all’inizio del secolo scorso e tanto si è detto sull’argomento che potrebbe sembrar futile riaffermare il principio che le donne abbiano pari diritti e pari opportunità degli uomini. In realtà, nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, le discriminazioni contro le donne e il divario di genere in ambito lavorativo persistono ancora in molti Paesi. Questo è il motivo per cui l’Agenda 2030 include “il raggiungimento effettivo della parità di genere” tra gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile, obiettivo a parer mio strategico e cruciale per il conseguimento di tutti gli altri.

Come docente e autrice di testi di Business English, mi sono sempre sentita coinvolta in prima persona nel raggiungimento di questo obiettivo. I libri hanno un ruolo fondamentale nel processo di apprendimento e sono strumenti essenziali per la socializzazione e la rappresentazione di genere. Molti studi evidenziano che tale rappresentazione è ancora lontana dalla realtà del mondo del lavoro e rimane legata a stereotipi di ruoli che uomini e donne ricoprono negli ambiti lavorativi. È stato rilevato che in molti testi di Business English:

  • vi è un numero maggiore di immagini che ritraggono uomini;
  • è presente una forte disparità nelle attività e ruoli in cui uomini e donne vengono raffigurati, per esempio gli uomini sono spesso rappresentati in ruoli di potere (presiedono riunioni) mentre le donne in ruoli subordinati (scrivono i verbali delle riunioni);
  • molti comportamenti sociali e professionali sono associati a stereotipi di genere, per esempio, in molti dialoghi e role-play, gli uomini hanno spesso ruoli attivi e orientati verso il cambiamento e l’innovazione, soprattutto tecnologica, mentre le donne assumono spesso comportamenti conservatori e tendenzialmente passivi;
  • nei monologhi il numero di speaker maschili è maggiore di quello di speaker femminili;
  • nei dialoghi gli interventi degli uomini tendono ad essere più lunghi e ad avere un ruolo cruciale ai fini dell’esito dell’interazione;
  • nei brani di lettura, la maggior parte dei testi che illustrano storie di manager di successo sono imperniati su modelli maschili.

I libri di testo non devono solo riflettere i cambiamenti avvenuti finora, ma anticiparli e proiettarli nel futuro presentando quegli scenari che la società si prefigge di raggiungere e in cui le nuove figure professionali si troveranno a interagire. Non si può educare al futuro se si usano libri radicati nel passato. E se nei libri non vi è un’equa rappresentazione di genere, è importante che le rappresentazioni stereotipate diventino oggetto di discussione e analisi critica in classe. Per esempio, è importante proporre attività didattiche che promuovano la riflessione sulle discriminazioni che ancora avvengono al momento dei colloqui di lavoro o sulle informazioni che non è necessario includere in un CV (genere, età, stato civile) perché potrebbero determinare subconscious gender bias.

Un altro aspetto forse ancora più importante è l’uso della lingua, uno degli strumenti più potenti attraverso cui si veicolano pregiudizi, stereotipi e discriminazione. Le scelte lessicali e grammaticali che vengono operate nella comunicazione riproducono le asimmetrie di status sociale e potere a favore degli uomini e influenzano la percezione dei ruoli di genere. Le persone in genere non sono molto consapevoli del linguaggio che usano, ma l’utilizzo che fanno delle cosidette gendered words non solo riflette le loro idee in termini di percezione di genere, ma determina anche il modo in cui vedono il mondo e identificano il loro ruolo come uomo o donna.

L’uso di quello che in inglese viene definito gender-fair language (GFL), un linguaggio neutro e inclusivo, può contribuire a ridurre gli stereotipi e la discriminazione di genere. Nel caso delle lingue caratterizzate dal genere naturale (come l'inglese) i nomi riferiti a persone sono prevalentemente neutri, mentre i pronomi personali sono specifici per genere. In queste lingue è già emersa da tempo la tendenza a ridurre l'uso di termini connotati in termini di genere, ricorrendo alla strategia della neutralizzazione. In inglese, per esempio, le parole che contengono il termine “man” come chairman e spokesman sono state sostituite da chair/chairperson e spokesperson. Per lo stesso motivo, sono da preferire humanity a mankind, staff a manpower, French person a Frenchman, synthetic o artificial a manmade, political leaders a statesmen.

Nelle lingue caratterizzate dal genere grammaticale (come l’italiano) ogni sostantivo ha appunto un genere grammaticale e non è possibile creare forme neutre che possano sostituire quelle già esistenti. In queste lingue si ricorre quindi alla femminilizzazione, ossia all'uso di forme femminili corrispondenti ai nomi maschili. Questo approccio è usato soprattutto in ambito professionale dove la discriminazione è più evidente. Termini come “cancelliera” o “assessora” sono ormai entrati nell’uso comune e il loro utilizzo è ancora oggetto di dibattito e controversia anche da parte di alcune donne.

Cambiamenti sono avvenuti anche nell’uso dei titoli: in inglese Mrs e Miss sono in via di sparizione a favore di Ms, mentre il tedesco Fraulein, il francese Mademoiselle e l’italiano Signorina non sono più usati nei documenti amministrativi dei rispettivi paesi dove gli unici titoli sono ora Frau, Madame e Signora.

In inglese si registra anche la tendenza ad usare they e i suoi derivati in riferimento a un soggetto singolare in modo da non dover specificare il genere, per esempio Everybody contributed with their ideas to the success of the discussion, forma preferibile a his/her ideas.

Si tratta di cambiamenti in atto da tempo e che a volte sono accolti con una certa irritazione da parte di chi non ne riconosce l’importanza, ma la volontà e determinazione a usare GFL nella comunicazione quotidiana è cruciale se si vuole contribuire a cambiare il modo in cui uomini e donne sono percepiti nella società e a ridurre dli stereotipi e la discriminazione di genere. I libri di Business English contribuiscono a formare e preparare i professionisti del futuro. Negli ultimi anni sono stati fatti passi avanti nella rappresentazione di genere in questi testi, ma molto rimane ancora da fare per raggiungere la parità di genere auspicata da organizzazioni quali UNESCO e il Parlamento Europeo. Nella scelta dei libri di testo i docenti dovrebbero analizzare attentamente il loro contenuto e scegliere quelli che dimostrano di avere un minor gender bias. Nel caso in cui si rendano conto che il libro che hanno in adozione proponga rappresentazioni stereotipate di genere, è importante che stimolino la discussione sull’impatto che tali rappresentazioni hanno direttamente sugli studenti, propongano materiali integrativi e incoraggino analisi e riflessione critica al fine di promuovere la rappresentazione positiva delle donne nel mondo del lavoro.

Bibliografia

  • Budziszewska, M., Hansen K., & Bilewicz M. (2014). Men against feminine job titles. The impact of gender-fair language on men’s and women’s perception of women. Journal of Language and Social Psychology, 33, 681–691.
  • European Parliament (2018), Gender-neutral language in the European Parliament, www.europarl.europa.eu
  • Heath. R. (2020), Stilettoed Damsels in Distress: the (un)changing depictions of gender in a business English textbook in Linguistics and Education, Volume 58, August 2020, 100820
  • Sczesny, S., Formanowicz, M. Moser, F., (2016) Can Gender-Fair Language Reduce Gender Stereotyping and Discrimination? Frontiers in Psychology

Referenze iconografiche: Mary Long/Shutterstock

Barbara Bettinelli

È docente di inglese specialistico presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.