L’economia e la letteratura
Le contaminazioni reciproche della scienza economica e dell’espressione letteraria
Il mercante di Venezia (1596-98) di William Shakespeare è un testo utile per meglio comprendere i concetti di interesse e usura, e l’evoluzione delle leggi che li regolano. La trama dell’opera vede il giovane Bassanio che, per sposare Porzia, chiede in prestito del denaro al suo amico Antonio, il facoltoso mercante di Venezia. Avendo investito tutta la sua liquidità in traffici marittimi, Antonio chiede a Shylock, l’usuraio, di anticipare a Bassanio la somma necessaria, garantendo per la restituzione del prestito. Shylock odia Antonio perché questo non chiede interessi sui prestiti, facendo così abbassare il tasso. Antonio a sua volta odia Shylock in quanto ritiene il prestito a interessi moralmente disdicevole. Il contratto di prestito a interesse viene tuttavia concluso e i suoi termini vengono vivamente discussi nella scena terza dell’atto primo.
Il self-interest, principio cardine dell’economia moderna, emerge da La favola delle api (1714) del medico olandese Bernard de Mandeville. Come ogni favola, anche quella delle api ha una morale: i vizi privati creano pubbliche virtù, per esempio la fama di denaro, la cupidigia, gli eccessi e il lusso stimolano l’economia e, di conseguenza, la prosperità, di un Paese. Si tratta di una testimonianza storica di una svolta epocale, che rompe con l’etica tradizionale, secondo la quale la ricerca dell’interesse personale è considerata moralmente deplorevole, e introduce al nascente sistema economico capitalista in cui l’individuo, svincolato dai retaggi feudali che ne ostacolavano la mobilità sociale, è finalmente libero di fare la propria fortuna grazie al proprio ingegno personale. Diversi critici scorgono nella favola di Mandeville, in cui api viziose ma industriose e auto-interessate rendono il buon miele, un’espressione esemplare del liberismo economico. Come di lì a poco avrebbe sostenuto Adam Smith ne La ricchezza delle nazioni (1776), la favola interpreta l’economia come portatrice di pace, armonia e benessere nella società. Più recentemente, Mandeville è stato citato anche dall’economista austriaco Friedrich von Hayek quale esempio letterario più efficace a sostegno della sua teoria sull’ordine spontaneo.
A distanza di poco più di un secolo, l’avidità e l’interesse personale che Mandeville mise a premessa del progresso sociale, sono al centro della critica dello scrittore inglese Charles Dickens. Scritti in un periodo in cui rivoluzione industriale e liberismo economico avevano elevato l’Inghilterra a potenza mondiale, Canto di Natale (1843) e Tempi difficili (1854) rendono un’impietosa descrizione degli effetti del capitalismo sulla povera gente. Il protagonista del primo romanzo, il vecchio Ebenezer Scrooge è, notoriamente, una caricatura dell’avarizia e dell’amore per il denaro, atteggiamento che, in seguito, anche J.M. Keynes (1936) considerò deleterio per l’economia, e che Dickens considera al pari di una “infezione morale”.
Tempi difficili è ambientato a Coketown (Città del carbone), un’immaginaria città industriale posta a immagine e somiglianza della Londra vittoriana. In questo romanzo sociale Dickens descrive con grande efficacia le condizioni disumane degli operai, e la miseria delle loro famiglie, con l’intento di sollevare una campagna sociale in favore di una riforma politica delle condizioni di lavoro nelle fabbriche. L’opera contiene anche una satira dell’utilitarismo, con una critica nei confronti degli uomini d’affari che “vedono solo cifre e medie, e nient’altro”, e di un sistema educativo che, enfatizzando l’importanza di materie spendibili ad uso commerciale (la matematica e la statistica) a discapito delle materie artistiche (la letteratura e la poesia, l’arte e la musica), secondo Dickens, finisce per uccidere la creatività umana.
Le brutture della città industriale fanno da cornice alle poesie di Charles Beaudelaire. Ne I fiori del male (1857), questi esprime tutto il suo disprezzo per la borghesia capitalista e la società di massa con lo “spleen”, ovvero quella sensazione di disagio esistenziale che il poeta prova nei confronti della società moderna, che sente estranea e che lo rifiuta. Le poesie di Beaudelaire illustrano una Parigi in stato di rivoluzionaria trasformazione urbanistica per opera del Barone Haussmann, l’architetto che, su ordine di Napoleone III, rase al suolo l’impianto medievale della città per fare spazio ai grandi boulevard, alle “galeries”, ai “passages” e ai “magasin de nouveautés” (archetipi degli odierni centri commerciali) con le loro nuove “fantasmagorie” di mercato (W. Benjamin, I passages di Parigi, 1927-40). Al centro della moda parigina sin dagli anni Trenta dell’Ottocento, queste strutture caddero presto nel degrado, diventando ambiente privilegiato di episodi di corruzione, seduzione e gioco d’azzardo già in Thérèse Requin (1867), Nana (1880) e Il denaro (1891) di Émile Zola.
Il mago di Oz (1900) di Frank Baum, racconta le avventure di una giovane americana del Kansas, la piccola Dorothy che, investita da un tornado con tutta la sua fattoria, si trova catapultata nel fantastico mondo di Oz. Atterrando, la fattoria schiaccia accidentalmente la Cattiva Strega dell’Est. La Buona Strega del Nord si complimenta con Dorothy per l’operato, le regala delle scarpette d’argento e, con queste, le suggerisce di incamminarsi sulla strada dai mattoni gialli fino al palazzo del potente mago del Paese, il solo in grado di riportarla in Kansas. Durante il viaggio la giovane incontra uno spaventapasseri, un uomo di latta e un pavido leone, anch’essi in cerca dei favori del mago. Dopo mille peripezie, la compagnia trova il mago, ma questi si rivela un impostore e Dorothy riesce a trovare la via di casa grazie alle sole scarpette d’argento. Diversi critici scorsero nella favola un’allegoria della politica monetaria americana di fine Ottocento. La tromba d’aria rappresenta la deflazione che colpì gli Stati Uniti nel 1880 e causò un drastico crollo dei prezzi (e, di conseguenza, del potere d’acquisto). Ciò aumentò il valore reale dei debiti dei contadini (lo spaventapasseri) e della classe operaia (l’uomo di latta) nei confronti delle banche dell’Est (la strega cattiva). Poiché, al tempo, il sistema monetario americano era ancorato al Gold Standard (il valore della moneta veniva fissato con un controvalore in oro) il candidato democratico alla presidenza, William Bryan (la strega buona), intravvide la soluzione alla depressione nel bimetallismo, ovvero, nell’assunzione dell’argento (le scarpette) come moneta da affiancare all’oro (i mattoni gialli). Innescando l’inflazione, ciò avrebbe riportato i prezzi a valori normali. Se non che, Bryan (il pavido leone) perse le elezioni che vennero vinte dal repubblicano William McKinley (il mago impostore), si continuò sulla sola via dell’oro, e la manovra anti-deflattiva sfumò (Oz è abbreviazione di “oncia”, unità di misura dell’oro e dell’argento).
I romanzi di George Orwell e Aldous Haxley offrono utili spunti di riflessione su progresso economico e totalitarismi nel Secolo Breve (Eric Hobsbawn, 1994). Benché socialista militante, Orwell critica duramente la Russia stalinista, di cui La fattoria degli animali (1945) è una chiara allegoria. In 1984 (1949), lo scrittore immagina il pianeta Terra suddiviso in tre regimi totalitari (Eurasia, Estasia e Oceania) dove le nuove tecnologie, nel romanzo impersonate da Big Brother (il Grande Fratello), controllano azioni e pensieri dei cittadini. Il governo è suddiviso in quattro ministeri: Amore, che si occupa di reprimere ogni sintomo di dissenso contro il Grande Fratello; Verità, che si occupa di censura e propaganda; Pace, che si occupa della guerra; Abbondanza, “responsabile dei problemi economici”, che si occupa di mantenere la povertà dei cittadini al fine di indebolirne la capacità di reazione. La lingua imposta dal regime è il Newspeak, un linguaggio artificiale epurato da ogni pensiero astratto e ridotto a un vocabolario infantile, volto ad appiattire il pensiero e inibire le capacità di ragionamento.
Distopico quanto le opere di Orwell è Il mondo nuovo (1932) di Aldous Huxley, ambientato in un fantastico futuro post-bellico in cui tutti i libri sono stati distrutti al fine di poter riscrivere una storia più consona al nuovo indirizzo di regime, e la datazione degli anni inizia nel 1908, anno in cui viene messo in commercio il primo modello della Ford T, cioè la prima automobile prodotta con il sistema della catena di montaggio.
Il romanzo si svolge nella Londra dell’era Ford 632 (l’anno 2540), in cui un governo dispotico ricorre alla “cintura Malthusiana” per controllare le nascite e a principi eugenetici per giustificare la suddivisione della società in classi.
Se teorie e fatti economici hanno ispirato romanzi, saggi e poesie, gli economisti hanno dato il volto delle loro teorie a personaggi letterari. Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe è l’esempio classico dell’individualismo economico. Citato, tra gli altri, da Jevons, Marx, Menger, Böhm-Bawerk e Marshall, l’omonimo protagosita incarna il comportamento tipico dell’homo œconomicus, autointeressato, calcolatore e volto al profitto personale. L’isola su cui approda dopo il naufragio rappresenta l’Inghilterra, che Crusoe amministra come una proprietà privata, facendo l’elenco delle voci in attivo e passivo del naufragio, come se fosse il ragioniere di una piccola impresa nell’intento di evitare la bancarotta. Nel momento in cui Crusoe incontra Venerdì, l’indigeno che introduce al colonialismo inglese, il loro rapporto calza perfettamente la scatola di Edgeworth, un diagramma molto usato in microeconomia in quanto, in un sistema chiuso (l’isola), esso rappresenta tutte le possibili allocazioni tra due consumatori della quantità di beni disponibili.
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