Don’t call me “lavoretto”!

La pratica artistica nella Scuola primaria come formazione di un senso estetico a trecentosessanta gradi

Se cerchiamo il significato della parola bellezza sul dizionario troviamo questa definizione: “La qualità capace di appagare l'animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di meritata e degna contemplazione”. La bellezza, in questa sua semplice ma efficace sintesi, si può estendere a tutto ciò che ci circonda: un luogo, una persona, un oggetto, un disegno. In questa prospettiva del bello a 360 gradi è chiaro che la scuola riveste un ruolo fondamentale. In quanto luogo di apprendimento e crescita, la scuola si pone come primo terreno fertile per la trasmissione del concetto di educazione estetica.

Come avviene nell’ambiente domestico quando ci prendiamo cura dello spazio in cui viviamo, riordinando, pulendo e decorando a nostro piacere, così nella scuola il primo approccio all’arte dovrebbe essere di tipo spaziale e architettonico, come avviene nel nord Europa in cui grandi vetrate, piante da accudire, pareti colorate e materiali selezionati, spesso legno, formano già un primo tassello inconscio di educazione del bello.
Sì, il bello (o il brutto) ci stanno intorno e contribuiscono a una formazione inconscia dell’apprendimento estetico.
Questo significa che ancora prima di selezionare progetti artistici da inserire nel Piano dell’Offerta Formativa, l’approccio artistico dovrebbe essere quello di pensare alle aule già come elemento di educazione artistica al fine di creare una sorta di abitudine alla bellezza costante.
Del resto a tutti noi piace tornare nei posti che reputiamo essere belli, proprio perché si crea immediatamente una sinergia tra noi e il luogo e si realizza – come suggeriva la definizione di bellezza iniziale – l’appagamento dei sensi, proprio come quando guardiamo un tramonto o un meraviglioso paesaggio.

Il secondo tassello di questo percorso di pratica artistica alla bellezza sono le parole.
A tal proposito una delle mie più tenaci battaglie affrontate nella scuola primaria è stata – ed è tutt’ora – quella di educare le stesse insegnanti a non chiamare più lavoretti i manufatti realizzati dai bambini durante le ore di arte. Prendendo ancora una volta in prestito le parole del dizionario possiamo leggere che lavoretto è un “lavoro di poca importanza o di scarso impegno”. Quindi: Don’t call me lavoretto! 

La pratica dell’arte nella scuola primaria è, al contrario della definizione di lavoretto, fondamentale e di assoluto valore perché da una parte l’impegno dei bambini non può essere associato al risultato estetico, dall’altra sappiamo che un bambino che viene educato al bello, conserverà la tendenza a generare lavori ben fatti e questa tendenza avrà un impatto anche sulle altre discipline e attività.
Uno dei primi tasselli dell’educazione artistica è proprio intendere l’arte non solo per ciò che si realizza (è venuto bene o male), ma come vero e proprio processo di crescita pensando alle competenze manuali e progettuali che vengono messe in atto.

Una volta che abbiamo dati per assodati questi primi due punti, ovvero lo spazio che ci circonda e le parole che utilizziamo per definire il fare artistico, possiamo parlare di progetti artistici e della loro pratica all’interno della scuola.
A mio avviso alla scuola primaria non dobbiamo insegnare ai bambini a disegnare, piuttosto insegnare loro a creare. La creazione è un processo artistico completo che parte dal nulla ma contiene tutto. Include l’ideazione, la progettazione, la sperimentazione ed infine la sua pratica realizzazione. Fare arte, quindi, significa rendere visibile un’idea.
Passare dall’estrazione al concreto, da un’illuminazione a un oggetto, denso di contenuto.
È un processo talmente potente che l’insegnante non dovrebbe soffermarsi sul risultato ma valutarlo nel suo complesso: valorizzare le intuizioni, i difetti, le uscite dalla carreggiata dei propri alunni che spesso sono l’anticamera della vera creatività.Purtroppo a volte i risultati dei lavori artistici prodotti a scuola sono fortemente omologati, seriali, privi di spunti di creatività anche dove esisterebbe terreno fertile per poter dare vita alle meravigliose intuizioni di cui i bambini sono pregni.
I progetti artistici da valorizzare nelle scuole sono quelli che considerano che tutto intorno a noi può essere grande fonte di ispirazione, il compito dell’adulto formatore sta nella capacità di suggerire dei modi che diano (all’adulto o al bambino) la possibilità di combinare materiali, colori e suggestioni che prendono spunto dal mondo dell’arte per poi essere reinterpretate nella vita di tutti i giorni. 

In questo cambio di prospettiva non è essenziale portare a termine il lavoro, piuttosto stimolare un metodo artistico dove la creatività diventa un modo di approcciarsi alle cose della vita. Per favorire questo tipo di apprendimento esiste un iter che durante i molti laboratori tenuti nelle scuole negli ultimi vent’anni, ritengo essere molto funzionale.
Scelgo un argomento o un artista, recupero materiale evocativo e cerco di semplificare i concetti senza mai perdere di vista la comunicazione dell’aspetto più magico (un artista dà vita a qualcosa che prima non esisteva). In questo modo si crea l’aspettativa che pone il bambino nella condizione di volerci provare e, dopo aver selezionato con cura i materiali facendo sempre una scelta estetica a priori, lascio aperta la possibilità di creare nuove connessioni in relazione ai materiali che ho messo a disposizione dei bambini. C’è una strada, ma aperta a cambi di rotta. Ci sono regole da seguire (come, ad esempio, la scelta limitata di materiali), ma si possono creare nuovi accostamenti.
In questo processo ho notato che i bambini riconoscono senza difficoltà un lavoro “più bello” di un altro: per l’uso di certi colori, di forme ben strutturate o per un risultato estetico sorprendentemente affascinante e cercano di emulare quel risultato con tenacia e volontà.
Si arriva quindi ad una consapevolezza estetica attraverso un processo del tutto creativo.

Possiamo concludere che nella scuola primaria è essenziale avviare un tipo di educazione estetica attraverso uno sguardo aperto verso la bellezza che ci circonda, una bellezza che diventa pratica e sensibilizzazione grazie all’intermediazione costante delle insegnanti.
Il senso estetico, il valore di ciò che è bello, non è un valore innato, ma lo si stimola attraverso l'esercizio e la cura in una pratica il più possibile aperta a una visione della meraviglia a trecentosessanta gradi. Attraverso questo approccio sarà molto più facile aiutare un bambino a scoprire le proprie abilità e di conseguenza gettare i semi per far fiorire i propri sogni.

Referenze iconografiche: SUKJAI PHOTO/Shutterstock

Rossana Maggi

Formatasi nell’ambito della scenografia teatrale, è illustratrice, artista visiva ed esperta di didattica dell’arte moderna e contemporanea. Dopo gli studi artistici tra Milano, Urbino, Torino e Oporto ha collaborato con il Museo Serralves di Oporto, il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli di Torino, Claudio Cavalli, il Muba (Museo dei Bambini di Milano), il Dipartimento Educazione del Castello Sforzesco e con l’Accademia dei Bambini della Fondazione Prada di Milano. Il suo lavoro spazia tra illustrazione, arte contemporanea e didattica dell’arte attraverso uno stile fortemente contaminato dai vari linguaggi artistici.