Dalla Didattica a Distanza a una didattica in presenza

Nuove modalità per far ripartire la scuola

Laura Papetti intervista Vincenzo Ruta, docente di lunga esperienza nella Scuola primaria, esperto di TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), ambasciatore e-Twinning nonché autore e consulente per Pearson Editore, per capire, al di là dei limiti e delle criticità della DaD, come possiamo fare tesoro di strumenti e risorse offerti dal mondo digitale per realizzare una didattica più efficace ed entusiasmante.
1. Vincenzo, nella tua esperienza personale e professionale le tecnologie digitali sono molto presenti, e lo erano da ben prima della sospensione delle attività scolastiche “tradizionali” a causa del Covid-19. Molti docenti invece hanno colto quest’occasione per prendere finalmente confidenza con piattaforme, videolezioni, attività interattive online attraverso le quali proporre una didattica a distanza il più possibile motivante e adeguata ai propri studenti.
Per qualcuno è stata una dolente necessità. Altri ne hanno intravvisto le potenzialità per rendere la didattica più efficace anche fuori dall’emergenza. Tu cosa ne pensi?


Il Covid-19 ha ricalcato i tratti di un evento naturale a forte impatto e non ha concesso a nessuno il tempo di prepararsi, tantomeno al mondo della scuola.

Dopo un primo momento di stallo, in cui dominava l’impressione surreale di una sospensione totale, l’intero comparto educativo si è riconosciuto nella necessità di trovare nuove modalità per far ripartire la scuola e la comunicazione scuola - famiglia è diventata più importante che mai.
Un “sentimento educativo” così profondo e diffuso non si era mai sentito e ci ha scaraventati in turbini di aggiornamenti e ri-programmazioni attraverso un “digitale” conosciuto nominalmente, ma non ancora nelle sue reali potenzialità.
Chi era abituato a interagire sul cloud, o su eTwinning, Scientix, Europeana e altre comunità, è stato avvantaggiato, mentre per i neofiti le difficoltà si sono fatte sentire.
Le reazioni dei docenti sono state diverse e gli istituti, sul digitale, hanno dovuto fare rapidamente i conti con le realtà sociali dei rispettivi territori.
Impostare la DaD da principio è stata un’impresa difficile, ma nel contempo ha creato le condizioni per una crescita professionale significativa: ha aumentato esponenzialmente le competenze digitali di moltissimi insegnanti e ha ispirato nuove riflessioni sul rapporto tra insegnamento e apprendimento, tra alunni e docenti, tra scuola e famiglia.

2. Durante la DaD, nonostante i limiti e le criticità che questo modo di “fare scuola” ha evidenziato, quali elementi di valore hai potuto apprezzare nell’uso delle tecnologie digitali? E quale effetto hanno avuto sull’attività dei ragazzi?

Gli elementi di valore nella DaD ci sono stati e non sono da sottovalutare.
Si sono accesi riflettori più selettivi sulla qualità dei contenuti messi a disposizione degli studenti, sull’apprendimento per conoscenze e competenze, sull’importanza di inviare esercitazioni stimolanti e non puramente compilative. Un complesso di eventi generati da cause di forza maggiore, non va dimenticato, ma che hanno contribuito a rimodulare la concezione dei curriculi scolastici, talvolta sovrabbondanti di obiettivi.
Le difficoltà nella gestione dei tempi ci hanno portato a semplificare, a essenzializzare le lezioni, puntando più alla sostanza e meno ai dettagli, ripensando ai nuclei fondanti e a strategie efficaci. Anche la valutazione, sul finire dell’anno, è stata oggetto di attenzioni nuove: ha assunto un interessante ruolo di descrizione di percorsi e processi, superando la connotazione tradizionale, legata a performance e verifiche sommative.
Le tecnologie digitali, con qualche criticità oggettiva, hanno introdotto l’uso di linguaggi vicini alle nuove generazioni, su cui la scuola aveva investito fino ad ora troppo poco.
L’uso di strumenti didattici diversi, la scelta accurata dei canali comunicativi, la scoperta di piattaforme cloud per la condivisione sono stati accolti con generale positività dagli studenti, sono stati vettori stimolanti di conoscenze, presentate con codici che in un’era come la nostra non sono da sottovalutare, ma da analizzare, da adattare con scientificità.

3. Quali possibilità di interazione e collaborazione attraverso i media digitali trovi adatte ad alunni di scuola primaria?

Grazie alle app del web 2.0, da molto tempo si ha la possibilità di usufruire di ambienti funzionali alla cooperazione. Non parlo solo delle classi virtuali, che hanno facilitato la sistematizzazione di flussi e contenuti, ma delle bacheche digitali a costruzione condivisa, delle presentazioni e del mind mapping collaborativo, della scrittura creativa a più mani, dei mini-dibattiti nelle breakout rooms durante le video lezioni, ovviamente dove possibile.
L’uso didattico della rete, grazie all’ampio panorama di strumenti disponibili, esalta la cooperazione: spinge verso una didattica in cui gli oggetti della conoscenza vanno ricercati, smontati, rimontati e rielaborati in profondità, agevola la creazione di gruppi di lavoro in grado di affrontare compiti di realtà davvero coinvolgenti, che stimolano lo spirito d’iniziativa, attivano il problem solving e guidano l’alunno oltre la ricezione acritica di nozioni.
Penso alle potenzialità della flipped classroom, alla gamification con quiz e questionari creati da studenti che si confrontano a squadre, alle cacce al tesoro in lingua straniera, alle sfide delle escape rooms, ai brainstorming e ai voting cooperativi, all’uso dei QR code, allo storytelling digitale dove la buona narrazione, costruita in gruppo, richiede il contributo di tutti.

4. Come si può promuovere l’autonomia dei bambini nei loro percorsi di apprendimento, ciascuno al proprio livello, attraverso il digitale?

Promuovere e sviluppare l’autonomia nei bambini è tra gli obiettivi più difficili, non è un problema creato ex-novo dalla DaD. Affonda le radici in aspetti della psicopedagogia che vanno tenuti costantemente presenti. L’autonomia non è infatti un obiettivo di apprendimento, ma una finalità alta, di formazione globale della persona.
La didattica attraverso gli strumenti digitali richiede maggior collaborazione tra scuola e famiglia, ma offre nuove prospettive per guidare i bambini a riflettere sul proprio apprendimento.
La promozione dell’autonomia non può prescindere dalle competenze fondamentali sulle TIC, che non devono spaventarci per la velocità con cui i bambini giungono a padroneggiarle. L’invio di messaggi e di mail, o il caricamento di elaborati da trasmettere, sono un valore strumentale non trascurabile e implicano importanti competenze di classificazione e sistematizzazione. Tenere in ordine il proprio materiale, che sia all’interno dello zaino di scuola, nel proprio device o nel cloud, è una questione di ergonomia mentale che contribuisce infatti al benessere psicofisico, a qualunque livello. Lo stesso si dica per le visioni d’insieme dei calendari digitali, validi oggigiorno quanto un diario scolastico, perché consentono agli alunni di valutare gli impegni in riferimento a tempi, scadenze, priorità e distribuzione delle energie.
Autonomia e senso del dovere si uniscono così in un circolo virtuoso di competenze che sviluppano autoefficacia e autostima anche con la DaD.

5. In quale modo la didattica attraverso i media digitali si può rivelare un utile strumento di inclusione, per valorizzare le diversità e non lasciare indietro nessuno?

La carta vincente per l’inclusione è la convinzione condivisa tra colleghi che la “personalizzazione dei percorsi di apprendimento” sia fondamentale.
Il ricorso agli strumenti digitali, a distanza come in presenza, richiede conoscenza degli stili di apprendimento, selezione di metodi e strategie in riferimento ai singoli alunni. L’inclusione non è un obiettivo specifico ma generale dell’insegnamento e richiede il contributo di ogni mente educante del gruppo di lavoro.
Una puntuale programmazione dell’equipe pedagogica, la scelta di lezioni sincrone o asincrone, la selezione di contenuti da manipolare digitalmente creano modelli adatti a ciascuno stile di apprendimento, portando a risultati concreti e a successi formativi individualizzati.
Un altro fondamento per la valorizzazione delle differenze, a maggior ragione con la DaD, è l’interdisciplinarità, con la creazione di percorsi dove i collegamenti tra saperi diventano sentieri per crescere nella conoscenza. Le unità didattiche, raccordando discipline che non sempre si fanno dialogare, hanno motivato gli studenti: alcuni alunni hanno certamente faticato, ma altri, anche con problematiche di apprendimento, hanno tratto da questi nuovi approcci ispirazioni motivanti. Inoltre in molti hanno beneficiato della maggiore gradualità, tipica della DaD.

Gli scenari resi possibili dalla DaD troveranno ulteriore e vero compimento con il ritorno alla scuola in presenza: le nuove possibilità di “non lasciare nessuno indietro” meritano senz’altro di essere approfondite.
Non dovranno sostituirsi alla ricca tradizione didattica di cui siamo portatori, ma nemmeno essere derubricate a puro strumento d’emergenza.
Gli strumenti e le modalità sperimentate a distanza potranno implementare sorprendentemente gli standard di qualità educativa, per diventare un valido alleato della didattica in presenza, creando gradualmente le possibilità di una didattica mista, del blended learning che in proporzioni studiate stimolerà nuove passioni e interessi, nel rispetto dei ritmi di ciascun bambino.

6. A quegli insegnanti che, in un clima di emergenza, hanno dato priorità al contatto e alla vicinanza, e hanno temporaneamente “risolto” la didattica online caricando sulle piattaforme compiti più tradizionali e lezioni “pronte”, ma che oggi vogliono mettersi maggiormente in gioco ed evolvere dal punto di vista tecnologico, da dove suggerisci di partire?

Partirei da una riflessione sul rapporto tra quantità e qualità degli apprendimenti. Sono docenti che partono da un presupposto fondamentale: la vicinanza e la comunicazione innanzitutto. Che la DaD riprenda o meno, anche solo in parte, questa è l’occasione perché ognuno osservi e rifletta, in ottica metacognitiva, sulle proprie competenze comunicative. Il problema tecnologico è solo apparentemente l’aspetto primario.
È basilare imparare a costruire lezioni create da noi, che siano esemplificative e fruibili.
Gli strumenti informatici per farlo sono numerosi e di pari passo vanno le formazioni a portata di tutti, comprese quelle promosse da Pearson. È importante imparare a parlare con gli studenti e accompagnarli, superando l’ansia dello schermo e le difficoltà della distanza.
È il momento buono per fare esperienza con lo screen recording, un tool fondamentale per la DaD. Non serve molto tempo per imparare i fondamenti di Screen Cast O Matic e Apowersoft, ottenendo risultati straordinari, o per esplorare il vasto mondo delle estensioni online di Google Chrome, come Loom, che consente di effettuare agili registrazioni di voce e schermo da archiviare a nostro piacere.
Si dà generalmente per scontato che la conoscenza di una disciplina e dei suoi contenuti siano passaporto per insegnarla, ma non è così. Ecco perché la creazione e il caricamento di una propria lezione asincrona, che non sia semplice rilettura di materiali altrui, è per me il primo passo da compiere.
Gli alunni hanno bisogno di vedere e ascoltare l’insegnante che interagisce costantemente con loro nella sua autenticità.
L’altro punto importante sono le videolezioni in diretta, che non sono semplici da gestire per tutti. Da settembre piattaforme tradizionali come Google, Microsoft e altre ancora, implementeranno nuove features per le videoconferenze: migliore gestione degli studenti, alzata di mano, breakout rooms, sondaggi, streaming. Saranno strumenti potenti e semplici da usare, che non richiedono estensioni speciali. Tanto vale provarli da subito.
Consiglio inoltre di fare pratica con le classi virtuali, in base alle scelte del proprio istituto (Google o Microsoft, ma anche Edmodo e WeSchool, che hanno funzionalità interessantissime).

Per l’infanzia e la primaria ricordo l’importanza delle bacheche digitali di Padlet e Linoit, delle lavagne di Jamboard o di AWW App, spazi cloud versatili per la condivisione in tempo reale di note, appunti, disegni/immagini, e del mind mapping collaborativo, dal semplice ed efficace Popplet al più elaborato e potente Mindomo.
In ultimo, per volgere tanti dei supporti in pdf ancora in circolazione in materiali interattivi fruibili con autocorrezione, consiglio di sperimentare le funzionalità di liveworksheets.com, al momento gratuito e particolarmente efficace.
Insomma, nella scelta di strumenti digitali le possibilità sono ampie e realisticamente percorribili. Sperimentiamone le potenzialità in collaborazione con i colleghi e non perdiamo l’occasione, appena rivedremo i nostri alunni, per provarle in classe insieme a loro: miglioreranno la nostra didattica in qualunque modo, sia che si rimanga definitivamente in presenza, come tutti auspichiamo, sia che si torni alla DaD per qualche tempo.
Tradizione e innovazione, saggiamente miscelate, saranno una combinazione vincente per il futuro della scuola.

Referenze iconografiche:  gpointstudio/123RF

Laura Papetti e Vincenzo Ruta

Laura Papetti ha lavorato per anni come progettista editoriale nel settore scolastico. Da alcuni anni è docente di scuola primaria nella provincia di Monza e della Brianza e collabora con Sanoma Italia in qualità di autrice e consulente editoriale.

Vincenzo Ruta, docente di Scuola Primaria dell'Istituto Comprensivo Gonin di Giaveno (TO), è eTwinning Ambassador e lavora come addetto all’area formazione/progetti internazionali dell’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte. È specializzato nella didattica multimediale e nell’e-learning, con particolare riferimento agli studenti con BES-DSA. In Piemonte tiene numerosi corsi di formazione sulla didattica delle lingue straniere nella Scuola primaria e sui progetti internazionali per docenti di ogni ordine e grado.