Fare scuola con... il mondo in classe
La diversità come risorsa educativa
Le nostre classi sono sempre più eterogenee. Una caratteristica che porta una enorme ricchezza, a patto che si abbiano gli strumenti giusti per poterla gestire in modo costruttivo. Conoscere la normativa e l’importanza di alcune buone pratiche è il primo passo da compiere.
Parafrasato, il sottotitolo suona più o meno così: il confronto con l’altro diverso da me, quando avviene in contesti strutturati e protetti (come possono essere quelli di una classe equilibrata) è motivo di arricchimento e miglior apprendimento!
Ma a quale diversità si allude?
Il riferimento, che poi è l’oggetto del presente articolo, esplicitato dal titolo, è a quegli alunni provenienti da contesti migratori che, in quanto portatori di aspetti linguistici e culturali differenti (nell’accezione più ampia) rappresentano sì un elemento di diversità ma anche – se non soprattutto – un’occasione impareggiabile di confronto e commistione di stili cognitivi e opportunità didattiche ed educative.
Alla fine dell’anno scolastico 2021/2022 il numero totale di studenti e bambini di origine migratoria ammontava a 872.360, con un incremento di quasi 7 mila unità (+0,8%) rispetto all’anno precedente (in cui aveva subito, per la prima volta, una diminuzione). In termini percentuali, la presenza degli alunni con cittadinanza non italiana risulta essere il 10,6% dell’intera popolazione scolastica italiana. Nelle scuole della Lombardia, sul totale della popolazione scolastica regionale, il 18,6% è composto da studenti CNI (cittadinanza non italiana), mentre più del 25% di tutti i bambini e studenti stranieri presenti in Italia frequenta una scuola della Lombardia (fonte: “Ufficio di statistica – MIM”).
Altro dato significativamente rilevante è la costante crescita degli alunni CNI nati in Italia: il 67,5% degli studenti stranieri è rappresentato dalle seconde generazioni.
Basterebbe questo inquadramento numerico e statistico per attestare, senza timore di smentita, che le classi della scuola italiana sono sempre più permeate o, meglio, arricchite da una molteplicità di lingue e culture.
Può dunque questa diversità diventare un elemento di forza, nella direzione del cambiamento e del rinnovamento delle politiche scolastiche?
[…] Le classi, infatti, dovrebbero essere formate badando bene ad assicurare la compresenza di poveri e ricchi, bravi e meno bravi, italofoni e non italofoni. Il principio della cosiddetta equieterogeneità nella composizione delle classi. Nel Rapporto Invalsi 2016, come in altri studi, ci sono evidenze scientifiche del minor successo scolastico degli studenti delle classi omogenee – sia quelle di tutti “migliori” sia quelle di tutti “peggiori” – rispetto a quelli delle classi eterogenee, mancando in quelle più omogenee sia la sollecitazione a una didattica personalizzata e particolarmente qualificata sia gli effetti positivi della cooperazione tra studenti di livello diverso, e dell’effetto-traino da parte degli studenti più capaci.
(Fiorella Farinelli, Il diritto allo studio dei figli dell’immigrazione, contributo per il seminario di ScuoleMigranti, 7 novembre 2016).
Riteniamo che un simile cambiamento non solo sia possibile, ma soprattutto auspicabile!
Le categorie del “possibile” e dell’“auspicabile” per diventare realtà concrete necessitano però di azioni coerenti e finalizzate, frutto di indicazioni normative chiare, lungimiranti e di investimenti mirati. Ci soffermeremo in particolare sulle prime, convinti che la vision di una questione così complessa e delicata possa concretizzarsi solo all’interno di un solido quadro di norme e indicazioni pedagogiche. Missione impossibile? Nient’affatto!
Il «solido quadro di norme e indicazioni pedagogiche», in Italia, esiste già.
L’art. 45 del DPR n. 394 del 1999, stabilisce che “[…] I minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica”, ma anche che “[…] I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva. L’iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado.”
Le “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”, emanate dal MIUR nel febbraio 2014, costituiscono un importante documento di riferimento pedagogico, organizzativo, procedurale e valutativo. Al loro interno si trovano indicazioni operative in merito alla distribuzione nelle scuole degli alunni stranieri, alla fase dell’accoglienza (iscrizione e documentazione), al coinvolgimento e partecipazione delle famiglie, alla valutazione, all’orientamento, all’insegnamento dell’italiano come L2.
Gli “Orientamenti Interculturali”, a cura dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale, rappresentano l’ultimo documento ministeriale in merito a idee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori: una sorta di “ritocco”, adeguandone i tempi, alle Linee guida del 2014.
Da ultimo, il documento “Diversi da chi? Raccomandazioni per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura” trasmesso dal MIUR a tutte le scuole nel settembre 2015. Vi sono contenute dieci raccomandazioni e proposte operative, desunte dalle migliori pratiche scolastiche, finalizzate a una corretta e più efficace organizzazione delle modalità di accoglienza e integrazione, nella dimensione plurilingue e multiculturale, facendo esplicito riferimento alla necessità di «valorizzare l’educazione interculturale e il dialogo tra le culture».
È dunque all’interno di questo avanzato quadro normativo e pedagogico che occorre muoversi per ampliare e migliorare l’azione inclusiva nei confronti degli studenti con background migratorio, ribadendo con forza ciò che va fatto e ciò che è inopportuno continuare a fare. La costruzione di una scuola e di una società che educhi – nell’accezione della crescita e del miglioramento – è possibile solo attraverso la gestione e la valorizzazione delle diversità!
Fare una scuola…di tutti e di ciascuno
La scuola è dunque chiamata a diventare un’occasione per tutti i bambini e le bambine che possono imparare a vivere una cittadinanza ancorata al contesto nazionale e insieme aperta a un mondo sempre più grande, interdipendente, interconnesso. A scuola ci si “può allenare” a convivere in una pluralità diffusa, poiché famiglie e comunità con storie diverse possono imparare a conoscersi, superare le reciproche diffidenze, sentirsi responsabili di un futuro comune. Valorizzare le diversità significa promuovere la collaborazione e l’empatia, mettersi nei panni dell’altro, ponendosi in ascolto e sospendendo il giudizio; sostenere l’autostima creando situazioni di confronto mediante il gioco, il dialogo e la cooperazione per raggiungere un fine comune; mantenere alta la motivazione all’apprendimento e la curiosità, garantendo a ognuno la possibilità di esprimere le proprie potenzialità, nel rispetto dei propri ritmi e modi di apprendere.
Un tale sistema educativo permette di accogliere alunni neoarrivati in Italia (NAI) riconoscendo il disorientamento di chi si trova a vivere improvvisamente una realtà diversa, spesso anche rispetto agli affetti familiari, e si ritrova “senza parole”.
Al momento dell’arrivo ogni bambino/a deve orientarsi nella nuova scuola confrontandosi e riconoscendo regole esplicite e implicite, ruoli, gesti e riferimenti culturali. Deve imparare a comunicare e interagire con i pari e con gli adulti in situazioni quotidiane scolastiche ed extrascolastiche, a studiare e apprendere i contenuti del curricolo per inserirsi e viversi positivamente come alunno e persona. Per sostenere questo processo è basilare che l’alunno parli, valorizzi e continui a studiare la lingua d’origine.
Tra i pregiudizi più comuni vi è la credenza che l’utilizzo della lingua madre sia da scoraggiare poiché non permette l’acquisizione della nuova lingua, in questo caso l’italiano. Gli studi neurolinguistici ci dicono che la lingua madre, detta anche L1, rimane alla base di ogni processo di apprendimento per costruire abilità cognitive complesse come la capacità di sintesi, l’analisi critica e l’assimilazione delle nozioni, sostituendola con la L2 si minerebbe la piena formazione di un tale sistema complesso. La lingua madre è, inoltre, la lingua degli affetti che crea un ponte tra il presente, il passato e il futuro.
Nell’incontro con l’alunno NAI è fondamentale non fermarsi all’incomprensione linguistica poiché così si rischia di guardare il bambino solo dal punto di vista di una mancanza! Chiediamoci cosa sa fare e scopriamo quali vissuti e competenze porta con sé: utilizziamo i linguaggi, verbali e non, per dargli la possibilità di esprimersi, di mostrarci le proprie eccellenze e i propri gusti. Senza lo strumento linguistico i bambini possono apparire con difficoltà di socializzazione o cognitive, generalmente invece aspettano solo di potersi esprimere ed entrare nuovamente in contatto con se stessi. Per questo è fondamentale, soprattutto nella fase iniziale, costruire relazioni positive e di fiducia, basate sul riconoscimento dell’altro senza caricare di ansie eccessive i momenti di difficoltà e guardare al “tempo” come un alleato che aiuterà a dipanare quella complessità fatta di aspettative, silenzi e sguardi che inizialmente sembra inestricabile.
L’apprendimento dell’italiano, definita L2, passa attraverso la costruzione di un sistema linguistico, detto interlingua, instabile e in continua evoluzione. I livelli d’interlingua sono stati delineati dal Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER) che fornisce una banca di criteri sulla progressiva acquisizione della competenza in una lingua: ciò permette di tenere dentro al percorso scolastico tutti gli alunni poiché, descrivendo aspetti della competenza linguistica, pragmatica e sociolinguistica, consente di misurare i risultati raggiunti nel corso dell’anno, quindi di non valutarli rispetto alla lingua di arrivo “non sa parlare, non comprende…” ma secondo i passi che stanno compiendo nel loro cammino personale.
Per promuovere le abilità produttive primarie in alunni NAI citiamo il Total Physical Response che si basa sull’esecuzione di comandi verbali associati a un’azione corrispondente. Si utilizza fin dal primo momento in cui l’alunno entra in classe poiché il rapporto tra la parola e il movimento fisico rende evidente il significato e l’input comprensibile (learning by doing).
Il TPR permette un approccio alla lingua semplice ma potente al tempo stesso, poiché consente ai bambini di acquisire velocemente un’enorme quantità di lingua target; il suo impiego fa in modo che si raggiungano facilmente i primi obiettivi del processo di apprendimento, cioè la capacità di comprendere e di sentirsi parte di una comunità.
Le tecniche di glottodidattica sono dunque procedure operative che permettono alle indicazioni di metodo di tradursi in “atti didattici”, non un semplice esercizio bensì sussidio ai processi cognitivi. Possono essere proposte a piccoli gruppi di bambini NAl, come laboratorio linguistico, ma anche a tutta la classe affinché l'affascinante operazione di conoscere una lingua, appropriandosene come fosse un oggetto reale, diventi esperienza creativa e di crescita per tutti!
FARE ITALIANO L2. IL TEMPO DELLE PAROLEPER BAMBINE E BAMBINI NEOARRIVATI IN ITALIA
Le parole ci servono per comprendere e trasmettere significati, per negoziarli e per ampliare le conoscenze che già abbiamo. Fare Italiano L2 Il tempo delle parole nasce proprio da queste considerazioni, che riconoscono al lessico un ruolo fondamentale soprattutto nelle fasi iniziali di apprendimento di una lingua. Il volume è parte della collana “Fare” dedicata agli insegnanti della Scuola Primaria, pensata per essere un supporto nell’attività didattica che viene svolta giorno per giorno in classe. Si rivolge principalmente a bambine e bambini neoarrivati in Italia, che necessitano di un supporto immediato per apprendere le parole che servono per intraprendere il lungo percorso di apprendimento dell’italiano come lingua di contatto. |
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