Un futuro ancestrale

Un saggio sull’Intelligenza Artificiale tra filosofia, letteratura e scienza

L’Intelligenza Artificiale è una minaccia esistenziale o una prodigiosa opportunità? Nel saggio L’algoritmo di Babele, Andrea Colamedici e Simone Arcagni collegano il mondo filosofico-letterario con quello scientifico per fornirci una mappa di comprensione elementare per orientarci tra le sfide tecnologiche del futuro e le tradizioni culturali del passato.

Il tema dell’Intelligenza Artificiale è ormai da tempo al centro del dibattito riguardante le nuove frontiere dell’informatica. Scienziati, filosofi, docenti, politici e giornalisti si dividono in due opposti schieramenti: da una parte gli “apocalittici”, i quali considerano l’IA (e la conseguente ibridazione tra uomini e macchine) come una minaccia esistenziale, come l’inizio di un’epoca in cui il destino del genere umano sarà deciso dall’informatica e da chi ne deterrà il controllo; dall’altra gli “integrati”, i quali vedono invece aprirsi nuovi orizzonti per un progresso in cui un’intelligenza superiore sarà in grado di migliorare la qualità della vita, risolvendo problemi complessi e liberando l’umanità da compiti gravosi o inutili.

Andrea Colamedici e Simone Arcagni – il primo filosofo e studioso di IA, il secondo professore universitario in Metodologie della Comunicazione digitale – autori del prezioso volumetto L’algoritmo di Babele (Solferino Editore, 2024), cercano di mediare tra queste due posizioni in apparenza inconciliabili, mettendo in collegamento il mondo filosofico-letterario e quello scientifico tramite l’analisi delle modalità attraverso cui i miti antichi sono stati integrati nei paradigmi scientifici moderni, per fornire una mappa di comprensione elementare dell’IA che permetta ai lettori, anche ai non addetti ai lavori, di orientarsi tra le sfide tecnologiche del futuro e le tradizioni culturali del non obliabile passato.

Scienze_04Aprile2025_Campus_shutterstock_2160589725I due studiosi partono da un archetipo indiscutibile: da sempre, nella storia delle civiltà umane, la conoscenza si è caratterizzata come il rapporto tra la somma delle informazioni e la rete di relazioni che si stabiliscono tra esse; tra quello che oggi chiamiamo il “polo digitale” e quello “analogico”. Partendo da questo presupposto, il percorso si addentra in un territorio affascinante e inatteso, in cui i lettori possono scoprire insospettabili connessioni tra il mondo della filosofia (Platone, Leibniz, Giordano Bruno, Bacone, Hobbes), il mondo letterario (Omero, Swift, Poe, Kafka, Borges, Levi, Calvino, Asimov, Lem) e quello scientifico (Pitagora, Vitruvio, Babbage, Wiener, Schrödinger, Turing, J. McCarthy, Minsky, T. Nelson); connessioni necessarie per comprendere fino in fondo il rapporto tra esseri umani e macchine, rapporto che è sempre esistito, fin dalla realizzazione del primo utensile. In questo senso, l’IA può essere considerata non tanto come una sorta di “pratica magica” utile per trovare celermente facili soluzioni a problemi complessi, ma soprattutto uno strumento in grado di analizzare in breve tempo grandi quantità di dati, per identificare modelli e schemi di difficile interpretazione, con la finalità di progredire più velocemente verso nuove scoperte e invenzioni.

Ovviamente gli autori non prendono in considerazione l’utilizzo dannoso e pericoloso dell’IA – come i nuovi e più letali armamenti, le frodi e la pirateria informatica dei dati – in quanto preferiscono analizzare le opportunità di reale progresso per l’umanità che questo strumento può concedere, indipendentemente dai profitti che alcuni potrebbero trarne.

Dopo un lungo viaggio nel tempo, che parte dalle machinae vitruviane e da quelle rinascimentali progettate da Leonardo da Vinci per giungere fino alla prodigiosa macchina calcolatrice costruita da Alan Turing per decifrare i codici militari segreti dei nazisti – passando per gli “automi” immaginati da scrittori come Asimov, Levi, Lem, Dahl – i lettori si trovano di fronte a un ragguardevole elenco di algoritmi interdipendenti, sia letterari sia matematici, necessari per comprendere i procedimenti statistico-matematici che si trovano alla base dell’attuale IA, giungendo infine a un risultato inaspettato: la possibilità di ottenere da quest’ultima risultati creativi che in alcuni casi sembrano non derivare direttamente dai dati con i quali la macchina è stata “addestrata”. In questo caso ci troviamo di fronte alla ormai nota Intelligenza Artificiale Generativa, che tanto preoccupa gli umanisti e i filosofi contemporanei in quanto potenziale supplente di quella umana, in un futuro non troppo lontano.

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HAL 9000 frontalino computer del 2001: A Space Odyssey, 1968 (alluminio)

La trattazione prosegue con spiegazioni semplici ma rigorose e affronta il significato dei processi e degli elementi che regolano i modelli artificiali del linguaggio: token, algoritmi, mnemotecnica, statistica, microchip, pattern, reti neurali. Gli argomenti non sempre sono di facile comprensione, ma Colamedici e Arcagni riescono a trattarli in maniera piacevole, inserendo esempi legati alla quotidianità e stabilendo legami con varie discipline in modo da permettere continui approfondimenti. Tra questi, risultano accattivanti i riferimenti all’arte cinematografica, che ha affrontato il tema dell’IA con ottimi risultati: basti pensare a film come 2001: Odissea nello spazio, Solaris, Matrix.

Scienze_04Aprile2025_Campus_shutterstock_1008311737Ma il capitolo che più affascina è il quinto, Il sogno della biblioteca infinita, in cui si mette in evidenza l’antico desiderio degli esseri umani di possedere una conoscenza vasta, addirittura infinita, unita a capacità di ragionamento illimitate. Si tratta di un desiderio primordiale, presente in tutte le culture umane: la possibilità di accedere a una biblioteca che contenga tutto il sapere, e che oggi, con l’IA, sembra essere infine a portata di mano. Per spiegare meglio questo tema, i due autori ricorrono al grande scrittore argentino Jorge Luis Borges, che arriva a immaginare, nel suo racconto fantastico La biblioteca di Babele, uno spazio composto da numerose stanze contenenti innumerevoli libri, a loro volta costituiti da un’infinita combinazione di lettere dell’alfabeto, che rendono possibile la presenza, almeno in via teorica, di ogni libro concepibile. Per paradosso, la completezza assoluta di tale biblioteca la rende del tutto inutilizzabile, in assenza di un codice che permetta di effettuare ricerche logiche all’interno dei testi in essa contenuti. Il sogno dell’attuale IA è proprio la ricerca di questo codice, l’algoritmo di Babele, che potrebbe donare al genere umano la conoscenza del “tutto” e ogni significato in esso nascosto.

In conclusione, L’algoritmo di Babele si presenta ai lettori come un libro godibilissimo, che aiuta a comprendere il futuro imminente permettendoci di distinguere tra ordine e caos, tra conoscenza e confusione. In questo senso la frase di Borges messa in esergo può essere interpretata come un intelligente monito affinché il genere umano sappia utilizzare con moderazione e umiltà le scoperte che la Scienza mette a disposizione ogni giorno: 
Incantata dal suo rigore, l’umanità dimentica che si tratta d’un rigore di scacchisti, non di angeli.

Referenze iconografiche: pluie_r / shutterstock, Marko Aliaksandr / Shutterstock, Vadym Lysenko / Shutterstock, david pearson / Alamy Stock Photo

Silvio Campus

È stato curatore di rubriche culturali e organizzatore di eventi artistico-letterari. Agli studi sulla Preistoria del Mediterraneo antico (ha pubblicato con Mimesis un saggio sulla civiltà nuragica), affianca molteplici interessi per l’Arte, l’Architettura, la Fotografia artistica e la Letteratura del Novecento. È autore di testi critici multidisciplinari e da lungo tempo lavora nel mondo dell’editoria.