L’ultima sirena

Il romanzo d'esordio della scrittrice Iida Turpeinen, che unisce letteratura, saggistica e scienza

A ispirare il libro L’ultima sirena, che ha acquisito una meritata fama nei numerosi paesi in cui è stato pubblicato, è la figura di Georg Wilhelm Steller, eccentrico biologo e zoologo tedesco vissuto nella prima metà del Settecento e protagonista, insieme all’esploratore e cartografo danese Vitus Bering, della spedizione incaricata di esplorare la penisola della Kamčatka, lo stretto che separa l’Asia dall’America, le isole Aleutine e l’Alaska.
Il romanzo spazia dal Settecento fino ai giorni nostri, seguendo le storie dei numerosi protagonisti le cui vite furono per sempre legate ai resti di alcune creature marine, le Ritine, delle quali attualmente si conserva, in maniera completa, lo scheletro di un solo esemplare, ricomposto nel Museo di Storia naturale finlandese.

Helsingin Sanomat, il più importante quotidiano finlandese, ha attribuito nel 2023 alla scrittrice Iida Turpeinen il prestigioso premio per il miglior esordio letterario, l’Helsingin Sanomat Literature Prize, istituito nel 1964. Il libro (titolo originale finlandese Elolliset, Esseri viventi), divenuto in breve un autentico caso letterario, è stato tradotto in 27 lingue e in Italia dall’editore Neri Pozza, con il titolo L’ultima sirena.

L’ispirazione del volume

All’origine di questo avvincente romanzo/saggio, che ha acquisito una meritata fama nei numerosi paesi in cui è stato pubblicato, si trova l’intrigante figura di Georg Wilhelm Steller, eccentrico biologo e zoologo tedesco vissuto nella prima metà del Settecento e protagonista, insieme all’esploratore e cartografo danese Vitus Bering, della spedizione incaricata di esplorare la penisola della Kamčatka, lo stretto che separa l’Asia dall’America, le isole Aleutine e l’Alaska.

L’avventuroso viaggio, durante il quale Steller ebbe modo di descrivere la flora e la fauna locali ancora sconosciute in Europa, terminò nel 1741 con un naufragio su un’isola remota, in seguito denominata Isola di Bering, luogo desolato, dal clima rigidissimo, dove perse la vita lo stesso Bering e dove i dodici uomini dell’equipaggio si salvarono grazie alle conoscenze mediche del naturalista tedesco.Scienze_01gennaio2025_Campus_shutterstock_1336711367

In quel luogo inospitale lo scienziato descrisse il comportamento e l’anatomia di un’eccezionale quanto pacifica creatura erbivora marina: l’Hydrodamalis gigas (Vacca di mare), che in seguito avrebbe preso il nome di Ritina di Steller, ancora oggi considerata il più grande mammifero vissuto in tempi storici a eccezione dei grandi cetacei (poteva infatti raggiungere gli 8 metri di lunghezza e le 9 tonnellate di peso) e l’unico sirenide adattatosi a vivere in acque fredde dopo la fine dell’ultima era glaciale.

Il romanzo si dipana in maniera avvincente dal Settecento fino ai giorni nostri, seguendo le storie dei numerosi protagonisti (uomini e donne, ricercatori, scienziati, avventurieri, responsabili di musei, artisti, tassidermisti), le cui vite furono per sempre legate ai resti di questi imponenti sirenidi, dei quali attualmente si conserva in maniera completa lo scheletro di un solo esemplare, ricomposto nel Museo di Storia naturale finlandese.

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Steller e i suoi compagni di avventura si nutrirono di quelle creature per sopravvivere nell’ambiente inospitale dell’isola di Bering, ma non furono i responsabili dell’estinzione della specie, che avvenne appena tre decenni dopo, quando gli spietati cacciatori di pellicce di foca e di volpe catturarono e uccisero tutti gli esemplari di Ritina esistenti, non più di tre migliaia, utilizzandoli come provvista di carne durante le battute di caccia e per la robusta pelle.

Perché leggerlo

Iida Turpeinen riesce a raccontare con grande intelligenza e senza moralismi un’epopea storica e scientifica, evitando di inframmezzare la narrazione con dialoghi diretti e proponendo in tal modo i protagonisti come attori insostituibili sul palcoscenico di una vicenda che li vede protagonisti alla pari con i rappresentanti del mondo animale.

Le riflessioni sul carattere invasivo della specie umana rispetto all’ambiente circostante sono riportate dall’autrice senza alcun intento polemico, registrando la realtà degli accadimenti per fare luce su un episodio dimenticato nella storia delle scienze biologiche. Possono risultare altresì utili come spunti di riflessione e approfondimento per un pubblico di giovani lettori, vista l’attinenza con i temi presenti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, e in particolare con gli obiettivi riguardanti la salvaguardia dell’ecosistema terrestre e marino, nel rispetto della biodiversità.

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Nella narrazione primeggiano la figura di Steller, studioso dalla mentalità moderna e precursore degli odierni naturalisti, che pagò la sua passione per la scienza morendo in una remota località siberiana sulla via del ritorno, e l’enigmatica Ritina, a cui l’autrice riesce a donare un’aura mitica pur rimanendo aderente alla realtà storico-scientifica dei fatti. I lettori ne rimangono affascinati per tutte le 250 pagine che compongono il testo e al termine della vicenda conservano la positiva sensazione di aver imparato divertendosi

In conclusione L’ultima sirena, oltre a essere un’ottima opera d’esordio, è la dimostrazione di come sia possibile coniugare la letteratura con la scienza, senza tediare i lettori e costruendo una storia più avvincente di un romanzo d’avventura.

Referenze iconografiche:  PAUL D STEWART / SCIENCE PHOTO LIBRARY,
Victor Ivin / Shutterstock, Wikimedia Commons, SCIENCE PHOTO LIBRARY

Silvio Campus

È stato curatore di rubriche culturali e organizzatore di eventi artistico-letterari. Agli studi sulla Preistoria del Mediterraneo antico (ha pubblicato con Mimesis un saggio sulla civiltà nuragica), affianca molteplici interessi per l’Arte, l’Architettura, la Fotografia artistica e la Letteratura del Novecento. È autore di testi critici multidisciplinari e da lungo tempo lavora nel mondo dell’editoria.