I neutrini
Andiamo alla scoperta dei neutrini, le particelle più misteriose fino a oggi conosciute
I neutrini sono tanto elusivi da poterli immaginare come particelle fantasma che aleggiano indisturbate intorno a noi. Fantasmi un po’ bizzarri che si trasformano cambiando identità, ma capaci di svelarsi come messaggeri di informazioni provenienti dalle regioni più remote dell’Universo.
La scoperta dei neutrini
L’esistenza dei neutrini fu ipotizzata dal fisico austriaco Wolfgang Pauli nel 1932 per risolvere il mistero del decadimento beta, il processo in cui un nucleo atomico emette un elettrone trasformandosi in un nucleo di tipo diverso. Ipotizzando che fosse un decadimento in due corpi, ci si aspettava che gli elettroni emessi avessero tutti la stessa energia, a differenza di quanto veniva invece misurato. Nel tentativo di salvare il principio di conservazione dell’energia, Pauli ipotizzò l’emissione di un’altra particella tale che la somma della sua energia e di quella dell’elettrone rimanesse costante. Doveva trattarsi di una nuova particella di piccola massa e priva di carica elettrica per poter sfuggire alla rilevazione. Una sorta di particella fantasma tale da indurre lo stesso Pauli ad affermare che aveva fatto una cosa terribile, ipotizzando una particella che non può essere rivelata.
L’esistenza della nuova particella animava le conversazioni all’Istituto di fisica di via Panisperna a Roma e fu Edoardo Amaldi a coniare il nome neutrino per distinguerla, forse in maniera un po’ scherzosa, dal neutrone da poco scoperto. Il termine si diffuse poi in tutta la comunità scientifica internazionale quando, nel 1934, Enrico Fermi lo adottò nella sua descrizione teorica del decadimento beta.
Nella foto: Ritratto di Enrico Fermi a Chicago nel 1942
La probabilità di rivelare i neutrini è sì piccola, ma non nulla. Per rivelarli è necessaria una sorgente di neutrini molto intensa e un rivelatore di grandi dimensioni, costruito sotto una montagna o dentro una miniera per schermarlo dai raggi cosmici. Sebbene sia stato necessario attendere ben 25 anni, il primo neutrino fu infine rivelato e a confermarne l’esistenza fu l’esperimento di Cowan-Reines. Pauli, dunque, non fece nulla di così terribile, ma anzi ipotizzò una delle particelle più affascinanti fino a oggi conosciute.
Secondo il Modello Standard, la teoria che descrive le proprietà delle particelle fondamentali, i neutrini possono interagire solo con un’interazione cosiddetta debole, perché la probabilità che essa avvenga è veramente molto piccola. Esistono tre diversi tipi di neutrino, chiamati sapori (anche se i fisici non li hanno mai assaggiati…). I tre sapori sono quello elettronico, muonico e tauonico, associati al nome delle tre particelle che vengono prodotte quando essi interagiscono con la materia: rispettivamente l’elettrone, il muone e il tauone. Sempre secondo il Modello Standard, i neutrini non hanno massa, come i fotoni, e per anni i fisici “ci hanno creduto”, sebbene qualcosa non quadrasse…
Le oscillazioni di sapore
Il Sole è un’intensa sorgente naturale di neutrini elettronici. A produrli sono le stesse reazioni nucleari alla base dell’emissione di energia che scalda il nostro pianeta. Il primo esperimento dedicato allo studio dei neutrini solari fu il rivelatore Homestake nel Dakota del Sud, Stati Uniti.
Quando, a metà degli anni Sessanta, l’esperimento cominciò a rivelare i neutrini solari, si osservò che quelli che giungono sulla Terra sono circa un terzo di quelli attesi.
L’anomalia fu confermata anche da altri esperimenti come GALLEX, presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’INFN, SAGE in Unione Sovietica, Super-Kamiokande in Giappone. Per lungo tempo si mise in discussione un altro Modello Standard della fisica: quello solare, che descrive la struttura interna della stella a noi più vicina. Si pensò per esempio a un errore nella stima di temperatura e pressione interne del Sole. In generale, però, qualunque tentativo di modificare il modello solare per prevedere il flusso osservato di neutrini falliva nello spiegare il tasso di produzione di energia solare.
Nella foto: il gigantesco serbatoio di liquido per il lavaggio a secco che costituisce il rilevatore Homestake per i neutrini solari.
Fu Bruno Pontecorvo, uno dei ragazzi di via Panisperna, a intuire che la soluzione al problema fosse da cercarsi nella natura stessa di queste particelle. Il fisico italiano ipotizzò che i neutrini avessero una massa diversa da zero, seppur piccolissima.
Ma questa piccolissima massa poteva far cambiare tutto! Se il neutrino ha massa, infatti, il suo sapore può mutare nel tempo (oscillare, in gergo). Significa che un neutrino può nascere di un sapore e, dopo una grande distanza, essere rivelato con un sapore diverso. I neutrini solari possono quindi oscillare durante il loro viaggio verso la Terra e non essere rivelati da esperimenti sensibili solo al sapore elettronico.
Nella Foto: Bruno Pontecorvo nel 1955
Il problema dei neutrini solari fu finalmente risolto nei primi anni 2000 grazie a esperimenti quali SNO in Canada e Borexino presso i LNGS, capaci di rivelare neutrini di tutti e tre i sapori.I neutrini solari nascono tutti elettronici ed era necessario trovare nuove sorgenti di neutrini per poter studiare le oscillazioni di altri sapori. I fisici iniziarono quindi a studiare i neutrini atmosferici, prodotti dall’interazione dei raggi cosmici con la nostra atmosfera, ma anche a produrre fasci di neutrini nei grandi laboratori di fisica delle particelle. I neutrini prodotti al CERN di Ginevra percorrevano 730 km prima di essere rivelati dagli esperimenti OPERA e ICARUS, presso i LNGS. Era il 31 maggio 2010, quando OPERA rivelò il primo evento di oscillazione da sapore muonico a tauonico. Nel 2017 ICARUS fu smontato e trasportato al Fermilab di Chicago (laboratorio dedicato al nostro Enrico Fermi, che lavorò per un lungo periodo negli Stati Uniti). ICARUS è di nuovo in presa dati e va alla ricerca di neutrini sterili, speciali neutrini privi di sapore.
Nella foto: Esperimento Borexino
Alla scoperta dell’Universo
Le teorie cosmologiche prevedono che materia e antimateria siano state inizialmente prodotte in egual misura, sebbene la presenza di antimateria sia oggi quasi inesistente nell’Universo. Nuovi grandi esperimenti sono in costruzione per lo studio delle proprietà fisiche dei neutrini che sembrano essere alla base dell’attuale asimmetria tra materia e antimateria. In Giappone, il rivelatore Hyper-Kamiokande, costituito da 260 chilotonnellate di acqua, sarà cinque volte più grande del suo predecessore Super-Kamiokande. Negli Stati Uniti, l’esperimento DUNE produrrà neutrini al Fermilab per poi rivelarli nel Dakota del Sud, dopo che avranno percorso 1300 km di roccia terrestre!
I neutrini sono le particelle più abbondanti nell’Universo dopo i fotoni. Essi sono prodotti all’interno delle stelle, ma anche nell’esplosione di una supernova, nei processi di alta energia nel cuore delle galassie o durante la fusione di oggetti compatti come i buchi neri.
Nella foto: Galassia a spirale e buco nero, illustrazione realizzata a computer
Nel 2017 il telescopio per neutrini IceCube, un gigantesco rivelatore dalle dimensioni di 1 km3 costruito nei ghiacci del Polo Sud, ha osservato per la prima volta una possibile sorgente di neutrini cosmici. Nuovi telescopi per neutrini sono oggi in costruzione, come KM3NeT, al largo di Capo Passero (Sicilia), che insieme ad IceCube permetterà l’osservazione di tutta la volta celeste.
La neutrino astronomia è la nuova frontiera in campo astrofisico e completa il quadro dell’astronomia multimessaggera, un nuovo modo di esplorare il cielo combinando le informazioni che riceviamo da diversi “messaggeri”, quali le onde elettromagnetiche, le onde gravitazionali e appunto i neutrini. Questi ultimi hanno però una peculiarità che li contraddistingue. La probabilità che hanno di interagire con la materia è talmente bassa che potrebbero attraversare un muro di piombo dello spessore di diverse centinaia di anni luce senza fermarsi o essere deviati. I neutrini cosmici sono quindi messaggeri di informazioni utili che ci permetteranno in un futuro ormai prossimo di svelare i misteri dell’Universo a noi più remoto.
Referenze iconografiche: NASA, ESA, Robert P. Kirshner (CfA, Moore Foundation), Max Mutchler (STScI); Roberto Avila (STScI); ARGONNE NATIONAL LABORATORY / SCIENCE PHOTO LIBRARY; BROOKHAVEN NATIONAL LABORATORY / SCIENCE PHOTO LIBRARY; Wikimedia Commons; MASSIMO BREGA / SCIENCE PHOTO LIBRARY; ANDRZEJ WOJCICKI / SCIENCE PHOTO LIBRARY