A lezione di matematica con Italo Calvino

Uno scambio fra due discipline, la letteratura e la matematica, che spesso gli studenti concepiscono come separate

I libri (intesi come saggi, romanzi, raccolte di racconti) offrono spesso spunti interessanti per percorsi didattici originali. In questo articolo una rilettura in chiave matematica delle Lezioni americane di Calvino.

Le Lezioni americane di Italo Calvino raccolgono gli appunti per un ciclo di conferenze sulla letteratura che si sarebbero dovute svolgere all’Università di Harvard nel 1985, anno della morte dell’autore. Uscito postumo in libreria nel 1988, il testo contiene, come recita il sottotitolo, sei proposte per il prossimo millennio, sintetizzate da altrettante parole chiave: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza (quest’ultima rimasta incompiuta).

Nel 2011 Gabriele Lolli, docente di filosofia della matematica alla Scuola Normale Superiore di Pisa, ha pubblicato una rilettura in chiave matematica delle Lezioni, dal titolo Discorso sulla matematica. Nell’introduzione Lolli sostiene che le Lezioni americane si possano leggere come una parabola della matematica, in accordo con la dichiarazione di Italo Calvino che «l’atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono: entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione». Il saggio di Lolli elenca una vasta gamma di esempi, dimostrazioni ed esercizi che mostrano come le caratteristiche individuate da Italo Calvino per la letteratura siano adatte anche per la matematica.

Fin dalle prime pagine, l’attenzione di Gabriele Lolli è centrata anche sull’insegnamento e l’apprendimento della matematica e vale la pena riportare le sue parole: «“Matematica” nella sua etimologia significa “ciò che si impara”; non è possibile fare matematica senza cercare di farla capire a qualcuno […] anche una dimostrazione codificata, riportata pressoché nello stesso modo in quasi tutti i libri, ogni volta che è ripetuta in un’aula è accompagnata da un atto creativo, inevitabile e doveroso; è diversa da qualunque versione stampata e può risultare più o meno buona, più o meno riuscita; basta chiederlo agli studenti» (pp. 12, 15). Dal ricchissimo testo di Lolli è possibile estrarre materiale didattico da utilizzare in classe, che segue la linea di un accordo fra due discipline, la letteratura e la matematica, che spesso gli studenti concepiscono come separate. In questo articolo ne riassumiamo solo alcuni, rimandando al testo per ulteriori approfondimenti.

shutterstock_156153188_magniLeggerezza

«Dedicherò la prima conferenza all’opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza. Questo non vuol dire che io consideri le ragioni del peso meno valide, ma solo che sulla leggerezza penso d’aver più cose da dire» recita l’incipit delle Lezioni americane, che poco dopo prosegue: «cercherò di spiegare – a me stesso e a voi – perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto; quali sono gli esempi tra le opere del passato in cui riconosco il mio ideale di leggerezza; come situo questo valore nel presente e come lo proietto nel futuro». In maniera analoga, Gabriele Lolli cita gli esempi in matematica che meglio rappresentano l’idea di leggerezza, intesa come “perdita di peso”. Con “peso” Italo Calvino intende «l’insieme dei particolari devianti, accessori, poco pertinenti, a volte anche interessanti ma trascurabili ai fini di una comunicazione efficace ed essenziale». E la matematica “toglie peso” alla realtà perché si dirige verso l’astrazione. «Il primo stadio della matematizzazione di un fenomeno toglie peso in senso letterale, sostituendo un linguaggio alle impressioni dei sensi» sostiene Lolli «l’operazione appare in effetti come la proposta di un linguaggio diverso, ma quello soppiantato è il linguaggio primitivo con il quale gli uomini cercano di esprimere e comunicare le impressioni fisiche» (pp. 53, 54).

Molti esempi di come la matematica abbia acquisito leggerezza si trovano lungo la sua storia: «ai suoi inizi, il linguaggio della matematica è ancora pesante, perché ha origine in discorsi sulle cose concrete […] i numeri sono insiemi di sassolini, “calcoli”, […] i segmenti della geometria vengono dalle corde dei misuratori di terra egiziani […] le curve più complicate considerate dai greci sono generate da macchine ingegnose, o da operazioni materiali, finché la matematica non trova semplici equazioni per descriverle» (p. 57).

Un esempio per la scuola

Un caso perfetto per un’analisi a scuola del tema della leggerezza è il calcolo delle aree. «Per calcolare l’area di una figura il metodo primitivo è materiale: si considera una sottile lamina della forma della figura, e se ne confronta il peso con quello di una forma di area nota. In matematica la lamina viene sostituita, con un esperimento mentale, da tante striscioline, equiparate a segmenti di larghezza infinitesima, e la figura viene concepita con la totalità di questi segmenti. Archimede (III a. C.) ha usato questo metodo per calcolare l’area di tante figure più complicate dei poligoni, per esempio il segmento parabolico.» (p. 58)

Matematica “In Volo”

Calvino termina la sua prima lezione considerando il legame fra la leggerezza e il volo. Anche in matematica, aggiunge Lolli, è possibile effettuare voli «sollevandosi verso domini numerici più ampi» come per esempio quando non si riescono a effettuare operazioni in un dato insieme. Si pensi all’impossibilità di trovare una soluzione all’equazione x2 + 1 = 0 nell’insieme dei numeri reali: «I tesori che desidera, il matematico li trova in altri reami. Se vuole scomporre x2 + 1, che è un blocco monolitico, che resiste alla possibilità che si vorrebbe per tutti i polinomi di scomporli in monomi lineari, deve abbandonare il dominio dei reali e spostarsi, dopo averlo costruito con la fantasia, nel dominio degli immaginari» (pp. 79, 80).

Rapidità

Se per Italo Calvino in letteratura «il racconto è un’operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo, contraendolo o dilatandolo», per Gabriele Lolli, in modo analogo in matematica «la dimostrazione va dritto allo scopo senza nessuna divagazione. Tutto quello che dice è un passo essenziale» e come nelle fiabe e nei racconti popolari, che «sono narrati con grande economia espressiva», si trascurano i dettagli. Nelle dimostrazioni matematiche, i lemmi hanno lo stesso scopo delle divagazioni dei romanzi, con il vantaggio di poter esser messi da parte, in appendice, per rendere il discorso più rapido: «con la soluzione dei lemmi, una dimostrazione torna a essere più simile alla fiaba che non al romanzo. […] Nessuno ha il coraggio di dire agli studenti che la matematica è come le fiabe» scrive Lolli, perché come succede con le fiabe e con i miti, bisogna appropriarsi del loro linguaggio simbolico astratto, «ragionarci sopra senza uscire dal loro linguaggio di immagini» perché «ogni interpretazione impoverisce il mito». A p. 101 si legge: «Uno studente non capirà cosa sia la matematica finché non sarà in grado di fare da sé una dimostrazione […] deve avere familiarità con gli oggetti causali […] senza pensare a cosa rappresentano». Senza togliere nulla alla matematica applicata, in questo frangente si valorizza il ragionamento formale, per rafforzare quella che Lolli chiama «educazione a vivere in un mondo astratto».

calvino_disegno_magniDai triangoli all’Orlando furioso

Uno degli esempi portati nel libro di Lolli è la dimostrazione nota come pons asinorum perché pare che nel Medioevo fosse uno degli esercizi per distinguere il pensatore agile da quello più lento: il teorema sui triangoli isosceli che afferma che gli angoli alla base sono congruenti. La dimostrazione si trova negli Elementi di Euclide (libro I, 5) e, come si legge anche nei libri di testo scolastici, consiste nel prendere due punti F e G sui prolungamenti dei lati obliqui (dalla parte dei vertici della base A e B), con F e G equidistanti dal vertice C. I punti F e G rappresentano due “oggetti magici” come lo sono le spade, gli scudi o gli elmi ne L’Orlando furioso dell’Ariosto, che animano l’intreccio, creando legami attraverso il passaggio di mano in mano ai vari personaggi. Unendo infatti F con B e G con A, si vengono a creare nuove situazioni, nuove figure geometriche: appaiono altri triangoli che permettono di trarre la conclusione voluta dal teorema. Si vede così che i nuovi punti F e G erano una buona idea, i passi dei quali la dimostrazione necessitava.

BIBLIOGRAFIA

  • I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Garzanti, Milano 1988.
  • G. Lolli, Discorso sulla matematica. Una rilettura delle Lezioni americane di Italo Calvino, Bollati Boringhieri, Torino 2011.

Referenze iconografiche:  Dino Fracchia/Alamy Stock Photo, Shutterstock / Peshkova

Francesca E. Magni

è laureata in Fisica e pubblicista. Da vent’anni insegna Matematica e Fisica al liceo. Ha pubblicato la raccolta Passaggi di stato. Racconti e divagazioni fra scienza e città (Scienza Express ed, 2020).