AstroSamantha, missione compiuta!
Il grande sogno di andare nello spazio
"Quando ero bambina, di notte, nella mia casa vicino a Trento, vedevo un cielo immenso e stellato, che un po' mi sgomentava e un po' mi incuriosiva. Credo sia nato lì il desiderio di andare nello spazio". Samantha Cristoforetti - ingegnere, Capitano dell'aeronautica militare e astronauta in servizio dell'ESA, l'Agenzia spaziale europea - ricorda così l'inizio del suo sogno. Un sogno coltivato per tutta la vita, mettendo insieme - dice lei - un mattoncino dopo l'altro. "Ma senza ossessione, perché comunque mi sono sempre piaciute molto le varie cose che ho fatto nel quotidiano per arrivarci". Gli studi, certo, ma anche le attività extra, che si trattasse di fare la scuola subacquea o di imparare il russo.
Il primo, entusiasmante risultato di questo lavoro di accumulo è arrivato in una calda giornata del maggio 2009. "Avevo appena fatto una doccia e mi sono accorta di aver perso una telefonata. Ho richiamato e ho scoperto che era l'ESA, che mi annunciava di essere stata selezionata come astronauta". A quel punto, "andare nello spazio" era solo una questione di tempo: il sogno si è avverato definitivamente il 23 novembre 2015, quando la navicella spaziale Soyuz lanciata dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, l'ha portata con altri due colleghi sulla Stazione spaziale internazionale (ISS), in orbita a 400 chilometri dal nostro pianeta. Nel primo collegamento video con la Terra, poco dopo l'arrivo, la mamma le ha chiesto se l'esperienza fosse davvero come se l'era sognata. "È molto meglio" ha risposto lei, emozionata ma allo stesso tempo sicura.
Sulla Stazione spaziale internazionale ci è rimasta 199 giorni, il record di permanenza in orbita per una donna. Poco più di sei mesi, in cui ha preso confidenza con un ambiente particolare, fatto di microgravità e assenza di peso, ha condotto esperimenti scientifici (dall'allevamento di drosofile a indagini neurologiche, dalla coltivazione di cellule alla stampa di polimeri in 3D), ha fatto esercizio fisico per non perdere massa muscolare (almeno due ore al giorno), ed è perfino riuscita a preparare un caffè espresso, il primo dello spazio. Adesso sogna di tornare in orbita, ma intanto lavora al Centro astronauti europeo per i prossimi progetti spaziali - l'idea è tornare prima o poi sulla Luna - e frequenta a Bochum, in Germania, un corso intensivo di cinese.
Le lingue, del resto, sono sempre state mattoncini importanti nel suo percorso. "In realtà già alle elementari e alle medie, che probabilmente sono state le scuole più formative che ho fatto, mi interessavano soprattutto le materie scientifiche, ma per le superiori ho fatto una scelta un po' strana e mi sono iscritta al liceo linguistico" racconta. "Non è stato proprio un salto nel buio: conoscevo l'insegnante di matematica e fisica, sapevo che era brava e in effetti mi ha trasmesso moltissimo. Il quarto anno l'ho passato all'estero, negli Stati Uniti, e al mio ritorno mi sono trasferita al liceo scientifico. All'esame di maturità, il commissario di matematica mi ha fatto i complimenti per il rigore del mio compito: un rigore che mi aveva insegnato proprio la mia professoressa del linguistico".
E che Cristoforetti si è portata dietro negli anni successivi: quelli della laurea in ingegneria meccanica a Monaco, delle specializzazioni in propulsioni aerospaziali a Tolosa e Mosca, del percorso con l'Aeronautica militare italiana. AstroSamantha - ormai tutti la conoscono così - comunque, tiene molto a sottolineare che la scuola non è stato l'unico elemento importante per centrare il suo obiettivo. "Mi è sempre piaciuto imparare, in generale, e penso che tutto ciò che impari ti serva a costruire te stesso". A mettere insieme quei mattoncini di cui parlava, insomma. Che si tratti di analisi matematica, pianoforte o pallavolo. Oppure, nel suo caso, del russo, imparato per conto proprio negli anni del liceo e che di sicuro le è tornato utile quando si è trovata a vivere alla Città delle stelle, vicino a Mosca, per l'addestramento al volo sulla Soyuz. O, ancora, dell'attività subacquea, che forse le ha permesso di non arrivare troppo impreparata alle simulazioni delle attività extraveicolari (quelle eseguite direttamente nello spazio, all'esterno delle navicelle), che avvengono proprio in enormi piscine. "Da ragazzi si ha il lusso di avere tanto tempo a disposizione, bisogna essere voraci nell'acquisire conoscenze e abilità" consiglia. "Quando si è a scuola non ci si pensa, ma è un momento unico nella vita, non sarà sempre così. Vorrei avere oggi il tempo per leggere che avevo allora!".
Antenne sempre dritte per imparare qualcosa di nuovo, dunque, senza mai perdere occasioni. Anche a questo proposito Cristoforetti ha un consiglio da offrire: "Quando incontro degli studenti, mi accorgo che i più piccoli sono più intraprendenti, si lanciano in domande e commenti, mentre i ragazzi delle superiori sono più timidi, hanno qualche freno in più. Capisco che l'adolescenza sia un'età difficile, nella quale si teme molto il giudizio degli altri, però così si perdono opportunità di crescere e di mettersi in gioco. Ecco, forse ci si potrebbe imporre un piccolo esercizio: non perdere mai l'occasione di fare una domanda, durante una lezione a scuola o se capita di incontrare qualcuno di particolare, che possa trasmettere cose nuove".
Parole che, ancora una volta, rivelano il primo, fondamentale motore del successo di Astrosamantha. Passione, impegno e rigore, certo, sono stati fondamentali, ma niente di quello che è accaduto sarebbe arrivato davvero se a spingerla non ci fosse stata la molla della curiosità. Una molla sulla quale bisognerebbe far leva, sostiene, anche per appassionare i ragazzi allo studio delle materie scientifiche. "Un minimo di alfabetizzazione matematica o scientifica è ormai imprescindibile, perché ne va della capacità di stare al mondo in maniera consapevole e di fare scelte ragionevoli come cittadino", afferma Cristoforetti. Però non sempre è facile raggiungere questo livello minimo, coinvolgere davvero i ragazzi nello studio delle scienze. "Forse un modo per riuscirci potrebbe essere quello di presentare la scienza per quello che è: una ricerca continua e non una serie di risposte preconfezionate da imparare a memoria. La scienza è come un thriller e bisognerebbe recuperare questa sua dimensione, fatta di investigazione e, perché no, di gioco. Del resto anche i ricercatori non sanno mai come andranno a finire le loro indagini. Magari falliscono - sulla ISS è successo con un esperimento con le drosofile: c'è stato un problema di habitat e non siamo riusciti ad allevarle come avremmo dovuto - o magari rivelano qualcosa di inaspettato. Per questo sono in difficoltà quando mi chiedono qual è stato l'esperimento che mi ha appassionata di più tra quelli condotti in orbita. Ciascuno è stato interessante, perché da ciascuno è stato possibile imparare qualcosa di nuovo".
Referenze iconografiche: NASA, European Space Agency (ESA) astronaut Samantha Cristoforetti, a Flight Engineer with Expedition 42, photographs the Earth through a window in the Cupola on the International Space Station