La guerra nella Striscia di Gaza
I principali sviluppi dall'ottobre del 2023 a oggi
Bombardamenti e invasione
A gennaio l’avanzata dell’esercito israeliano si è spinta fino alla città di Khan Yunis, conquistata in poche settimane.
L’obiettivo dichiarato dal governo israeliano, guidato dal presidente Netanyahu, è eliminare Hamas. La strategia adottata (bombardamenti e invasione) comporta l’uccisione di moltissimi civili palestinesi: dall'ottobre 2023 all'aprile 2024 i morti sono stati più di 30 mila e i feriti più di 70 mila. In varie occasioni i bombardamenti hanno colpito ospedali, campi profughi e sedi di organizzazioni umanitarie: i rappresentanti dell’esercito israeliano hanno giustificato questi attacchi spiegando che erano luoghi usati dai miliziani di Hamas.
Ad aprile l’Iran – che sostiene Hamas e che è uno storico avversario di Israele – ha lanciato verso Israele droni e missili, che sono stati intercettati e distrutti; pochi giorni dopo Israele ha reagito con un simile attacco verso alcune città iraniane, ma fortunatamente non c’è stata una successiva escalation (aumento del conflitto).
Gaza è un territorio palestinese autonomo e uno stretto lembo di terra situato sulla costa del Mar Mediterraneo, confinante con Israele ed Egitto.
(Peter Hermes Furian/Shutterstock)
La crisi umanitaria
A causa del conflitto armato, la popolazione palestinese della Striscia di Gaza sta vivendo una gravissima crisi umanitaria. Già prima dello scoppio della guerra, questo territorio, grande appena 365 km2 (nove volte più piccolo della Valle d’Aosta, che è la più piccola regione italiana), popolato da circa 2,2 milioni di persone, era estremamente povero: ora mancano i servizi essenziali e si stanno diffondendo fame e malattie.
Gli alimenti sono carenti e costosi: molte persone sono costrette a cibarsi di erbe di campo o di mangime per animali. Non ci sono medicine a sufficienza e anche gli ospedali sono diventati luoghi insicuri.
Negli ultimi mesi giungono molti meno camion con aiuti umanitari, per i controlli dell’esercito israeliano al confine, per le strade distrutte dai bombardamenti e per gli attacchi di bande armate. La comunità internazionale sta cercando altri modi per intervenire, paracadutando aiuti umanitari o facendoli arrivare via nave. Nessuno di questi due sistemi però è risolutivo rispetto all’aggravarsi della crisi.
Tentativi diplomatici
Mentre la guerra infuria, ci sono state anche azioni diplomatiche, cioè dei tentativi di trattare per trovare un accordo. Nel 2023 gli sforzi diplomatici a livello internazionale avevano portato a una tregua di una settimana a fine novembre (con lo scambio di alcuni ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi). A fine agosto 2024, invece, la diplomazia non ha ottenuto risultati.
I rappresentanti di Israele e di Hamas non si incontrano direttamente, ma attraverso mediatori internazionali. I Paesi maggiormente impegnati nella gestione delle trattative diplomatiche sono gli Stati Uniti, l’Egitto e il Qatar. I negoziati di pace si sono svolti a febbraio a Parigi, in Francia, e da marzo al Cairo, in Egitto. Tutte le proposte (di interrompere il conflitto, di riconsegnare ostaggi e prigionieri, di stabilire confini certi ecc.) vengono respinte o dal governo di Israele o dai capi di Hamas.
Il muro che separa la Palestina da Israele, ricoperto di graffiti a tema pace.
(PhotopankPL/Shutterstock)
L'opinione pubblica internazionale
Questo conflitto è seguito con particolare attenzione da moltissimi Paesi in tutto il mondo.
In seguito all’attacco terroristico di Hamas, il 7 ottobre 2023, la reazione di Israele era stata appoggiata dai suoi tradizionali alleati, in particolare gli Stati Uniti, e dalla maggior parte dei Paesi europei. Nella prima metà del 2024, invece, il consenso verso l’azione militare israeliana è diminuito, soprattutto per la forte preoccupazione nei confronti dei civili palestinesi, ma anche per il crescere dei timori di un possibile allargamento del conflitto ad altri Paesi della regione mediorientale.
Nelle università statunitensi ed europee si estendono le manifestazioni in difesa degli abitanti della Striscia di Gaza.
Ci sono state anche notevoli tensioni tra il governo israeliano e alcuni organismi dell’ONU. La Corte internazionale di giustizia dell’ONU a gennaio ha chiesto a Israele di evitare in tutti i modi il rischio di un genocidio della popolazione palestinese. Il governo israeliano ha accusato l’Agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi (UNRWA), affermando che alcuni suoi dipendenti avevano collaborato agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, ma ad aprile una commissione indipendente ha smentito queste accuse.
Ad aprile il World Press Photo 2024 (uno dei concorsi di foto-giornalismo più prestigiosi al mondo, istituito nel 1955 dall’omonima organizzazione non profit con sede ad Amsterdam) è stato vinto dal fotoreporter palestinese Mohammed Salem per la foto di una donna palestinese che abbraccia il corpo senza vita di sua nipote.
Manifestazione tenutasi ad Amsterdam nell'ottobre 2023, in cui spiccano diverse bandiere palestinesi.
(pmvfoto/Shutterstock)
La situazione dei combattimenti
L’esercito israeliano ha continuato ad avanzare nel sud della Striscia di Gaza: a inizio maggio si sono intensificati gli attacchi alla città di Rafah, che è stata conquistata alla fine del mese. Nel 2023 Rafah aveva meno di 300mila abitanti, ed era già una delle aree più densamente popolate al mondo: ad aprile del 2024 è arrivata a ospitare 1,4 milioni di profughi palestinesi, fatti evacuare dalle altre zone della Striscia proprio per le operazioni militari; un numero di persone impressionante (più di quattro volte la popolazione precedente) per cui non bastavano gli ospedali, la rete fognaria, ecc. Questa situazione di estremo sovraffollamento oggi si è spostata verso la costa; infatti a Rafah sono rimaste circa 100mila persone, mentre le altre sono scappate.
A luglio e ad agosto l’esercito israeliano ha condotto di nuovo operazioni militari a Gaza City e a Khan Yunis. Vi sono stati diversi bombardamenti contro scuole usate come rifugio dalla popolazione: ogni volta l’esercito israeliano si è difeso sostenendo che vi si nascondevano anche terroristi, oltre ai civili.
Il fumo si alza dopo gli attacchi aerei israeliani sulla città di Rafah, nella Striscia di Gaza meridionale.
(Anas-Mohammed/Shutterstock)
L'aggravarsi della crisi umanitaria
Dall’inizio di ottobre 2023 alla fine di agosto 2024, nella Striscia di Gaza più di 40mila civili sono stati uccisi e più di 90mila sono rimasti feriti. Gran parte degli edifici è stata distrutta e la popolazione palestinese si concentra in accampamenti privi dei servizi basilari e in terribili condizioni igieniche.
Ad agosto in un bambino di 10 mesi è stato riconosciuto un caso di poliomielite, una malattia molto grave, quasi scomparsa grazie ai vaccini. L’ONU ha preparato milioni di vaccini chiedendo alcune pause umanitarie per poterli somministrare.
Il riconoscimento della Palestina
A fine maggio alcuni Paesi europei – Spagna, Irlanda e Norvegia – hanno riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina. Si tratta di un’azione che ha un forte valore simbolico di sostegno alla causa palestinese, e infatti è stata criticata dalle autorità israeliane.
I territori palestinesi – Cisgiordania e Striscia di Gaza – sono considerati uno Stato da circa tre quarti dei Paesi membri dell’ONU. Invece altri Paesi – come l’Italia – intrattengono relazioni diplomatiche con l’Autorità Nazionale Palestinese, che governa la Cisgiordania (mentre la Striscia di Gaza è controllata da Hamas), ma non riconoscono la Palestina come Stato.
All’interno dell’ONU la Palestina è considerata Paese osservatore non membro: può partecipare all’Assemblea generale, ma con meno diritti (è esclusa, per esempio, dalle decisioni).
Palestinesi ricevono aiuti alimentari presso un centro di distribuzione delle Nazioni Unite (UNRWA) nel campo profughi di Rafah.
(Anas-Mohammed/Shutterstock)
Nuovi fronti di guerra?
Intanto cresce il timore che possano aprirsi nuovi fronti di guerra.
- L’invasione israeliana nella Striscia di Gaza ha riacceso in parte anche il conflitto tra l’esercito israeliano e il gruppo armato libanese Hezbollah, sostenuto dall’Iran. Reciproci attacchi e bombardamenti hanno provocato numerosi morti (anche tra i civili) e creato momenti di grande tensione.
- I ribelli yemeniti Houthi hanno inviato missili e droni contro Israele, che a luglio ha risposto bombardando un porto in Yemen.
- A inizio agosto a Teheran (capitale dell’Iran) è stato assassinato Ismail Haniyeh, il capo diplomatico di Hamas. Anche se il governo di Israele non ha confermato di essere responsabile dell’omicidio, l’Iran ha minacciato una vendetta.
- A fine agosto Israele ha iniziato una grossa operazione militare in Cisgiordania, il principale territorio in cui vivono i Palestinesi (governato dall’ANP, l’Autorità Nazionale Palestinese).
Le difficili trattative per una tregua
La comunità internazionale spinge per una soluzione diplomatica, o almeno per una tregua umanitaria, ma il governo israeliano pare irremovibile nel continuare l’invasione.
A fine maggio il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha presentato una proposta di tregua. Il 10 giugno il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approva il piano statunitense votando una risoluzione per il cessate il fuoco (cioè stabilendo che ci deve essere una tregua).
Per tutta l’estate a Doha (in Qatar) e al Cairo (in Egitto) ci sono state trattative per trovare un compromesso tra le richieste del governo israeliano e quelle di Hamas, ma ancora non si è giunti a un accordo.