Perché il razzismo continua a essere un fenomeno così diffuso?
Il punto di vista dell’antropologia sul tema sempre attuale del pregiudizio razziale e del complesso rapporto tra differenti culture

La superiorità che quasi naturalmente attribuiamo alla nostra cultura, così come la paura del nuovo e del diverso, sono ragioni profonde che continuano ad alimentare atteggiamenti razzisti, soprattutto in una fase storica di crisi in cui noi europei siamo portati a chiuderci in un “fortino” per difendere la nostra identità e la nostra economia.
Ma quali possono essere gli antidoti per contrastare questo fenomeno?
Le ragioni economiche
La prima tentazione nel chiederci perché il razzismo continui a essere un fenomeno così diffuso e importante nel mondo contemporaneo è quella di fare ricorso a motivi pragmatici, economici, strategici. Questi spiegano, ad esempio, gli atteggiamenti razzisti verso i migranti con l’idea che in Occidente ci siamo chiusi in una sorta di “fortino” – qualcuno parla di “fortezza Europa” – fatto di privilegi e vantaggi. Insomma, non vogliamo dividere la torta con altri più poveri di noi. È un’idea da non buttare: in effetti, se pensiamo alla parola “extracomunitario”, spesso impiegata con il significato di “migrante”, “povero”, “marginale”, ci rendiamo conto che essa non viene quasi mai utilizzata per definire un cittadino statunitense o svizzero.
Il concetto di “naturalizzazione delle differenze”
La ragione economica, tuttavia, spiega soltanto in parte la presenza del razzismo. L’antropologia sottolinea piuttosto il tema della “naturalizzazione delle differenze”. L’essere umano nasce alquanto incompleto: siamo nudi alla nascita, non possediamo praticamente alcuna abilità che ci possa far sopravvivere. Dobbiamo affidarci agli altri: per nutrirci, per scaldarci, per imparare a parlare, persino per capire come esprimere le nostre emozioni. Gli antropologi chiamano “cultura” tutto quel complesso insieme di saperi che noi acquisiamo in quanto facciamo parte di una certa società. Possiamo dire che la cultura ci modella, ci dà forma, ma non lo fa in modo universale, bensì attraverso saperi, abilità – pensate alle lingue – sempre, almeno un po’, differenti. Siamo esseri culturali, ma non esiste la cultura bensì un insieme variegato di culture, tutte adatte a costruirci come esseri umani. E qui sta il punto. La naturalizzazione della nostra cultura è quel fenomeno per cui pensiamo di essere i più razionali, i più intelligenti, i più evoluti tra gli esseri umani: siamo etnocentrici e l’etnocentrismo è uno dei motori del razzismo.
La paura del nuovo e del diverso
Un altro aspetto del razzismo nasce dalla paura del nuovo, delle “contaminazioni”, del meticciato. I regimi politici razzisti e dittatoriali, non a caso, hanno sempre avuto timore dei matrimoni cosiddetti “misti”, ossia tra persone di diverse etnie. Soprattutto in periodi di crisi economica, sociale e ambientale, come quello che stiamo attraversando, la “novità” spaventa e lo status quo, cioè la situazione presente in cui viviamo e che conosciamo, fatta di categorie fisse e considerate naturali, appare a molti più rassicurante.
Le “vie di fuga” dalla nostra cultura
Che fare allora? Vivere concretamente con persone in carne e ossa un po’ diverse da noi può essere un buon punto di partenza per apprezzare la varietà culturale. Coltivare esperienze che ci portano “fuori” dai confini della nostra cultura è un altro buon modo di combattere il razzismo. Percorrere vie di fuga dal “noi” quotidiano: leggere un bel romanzo, per esempio, ci permette di immergerci in un’altra realtà. Lasciarci catturare da un film che ci porta altrove, essere autoironici, ascoltare con interesse quello che gli altri ci raccontano, viaggiare lontano o anche soltanto in un altro quartiere della nostra città, osservando, parlando con le persone, lasciandoci catturare dalle loro storie. La formazione dovrebbe consistere in gran parte nel percorrere vie di fuga dalla nostra cultura e nel provare ad allontanarci almeno un po’ dalla nostra identità.
Mettersi nei panni degli altri
Una delle abilità dell’antico dio greco Zeus consisteva nella capacità di prendere forme umane e non umane. Come spesso avviene, i miti ci dicono molto di noi. Gli esseri umani, infatti, attraverso l’immaginazione, la letteratura, il viaggio, il sogno e molte altre attività possono “mettersi nei panni degli altri”. L’antropologia e altre scienze sociali ci aiutano a uscire almeno un po’ da noi stessi per capire punti di vista diversi dai nostri. Non sarà risolutivo, ma è un buon antidoto al razzismo.
Proposta di attività didattica
Riflessione e discussione in classe
Dopo aver letto l’articolo qui proposto, rifletti sui seguenti punti e annota le tue risposte.
- Quali sono a tuo parere i motivi principali che portano alcune persone ad avere comportamenti razzisti e discriminatori?
- Ti è mai capitato di assistere a un episodio di razzismo? Come hai reagito?
- Sei d’accordo con i rimedi proposti dall’autore per mettersi nei “panni degli altri”?
Sotto la guida dell’insegnante, potrete poi confrontarvi in classe sulle ragioni del razzismo e sugli atteggiamenti da adottare per contrastarlo.
Referenze iconografiche: Monkey Butler Images/Shutterstock