Il coraggio della poesia
È possibile raccontare in maniera inedita la figura di Giacomo Leopardi? Valerio Cruciani commenta la miniserie Leopardi. Il poeta dell’infinito diretta da Sergio Rubini per la RAI
Il 7 e l’8 gennaio 2025 la RAI ha mandato in onda la sua nuova produzione Leopardi. Il poeta dell’infinito. La miniserie, diretta da Sergio Rubini, ha rappresentato un vero evento televisivo. Infatti, era alta l’attesa del pubblico, curioso di scoprire se è davvero possibile raccontare in modo diverso la difficile figura del poeta Giacomo Leopardi.
Il biopic è forse uno dei generi più complessi da affrontare al cinema o in TV. Creare una drammaturgia che dia senso alla vita di personaggi realmente esistiti, infatti, obbliga gli autori ad affrontare tutta una serie di scelte che necessariamente dovranno scontentare più di qualche spettatore. Soprattutto se il personaggio in questione è arcinoto, ricco di sfumature e legato indissolubilmente ai ricordi di scuola.
Leopardi. Il poeta dell’infinito è una miniserie che non si è sottratta a questi rischi e trappole. Gli autori (Carla Cavalluzzi, Angelo Pasquini e Sergio Rubini) hanno dovuto fare i conti in particolare con un ostacolo: raccontare in modo nuovo la vita di Giacomo Leopardi, cercando di avvicinarlo al pubblico odierno.
Il tentativo è riuscito soltanto in parte, proprio perché pesa sul risultato finale la tensione costante di voler gettare una luce inedita sulla figura del poeta, cercando di fare (almeno un po’) piazza pulita dei pregiudizi e dei vizi di forma acquisiti. La miniserie vorrebbe accontentare tutti: parla contemporaneamente sia agli adulti che ai giovani, sia a un pubblico non troppo colto che a chi conosce l’opera di Leopardi.
Il racconto circolare si apre e si chiude con la morte del protagonista, in mezzo si dipana la storia della sua vita in una lunga analessi. Sono tre gli assi intorno ai quali si struttura la sua esistenza: la poesia, il desiderio di libertà e l’amore.
La poesia non è esclusivamente letteratura, per questo Leopardi: è il senso stesso della vita, è un’attività della quale il giovane non può fare a meno perché è soltanto scrivendo che può dire tutto ciò che sente. E così scuote le vite di chi lo legge. È con le sue opere, con la sua presenza e la sua profondità di pensiero che nei salotti e nei circoli letterari, Leopardi, come un reagente chimico, mette in crisi le velleità degli ambienti intellettuali italiani fin troppo chiusi nelle proprie certezze.
Il desiderio di libertà è ciò che lo muove fin da bambino. Il padre autoritario (eccellente l’interpretazione di Alessio Boni, austero ma capace di manifestazioni d’affetto), la madre bigotta e distante, un ambiente ossessivamente chiuso al mondo esterno, un’educazione rigida, la biblioteca come unico luogo di svago: sono tutti gli elementi che spingeranno il ribelle Giacomo a fuggire e a cercare altrove la propria identità. Bella l’immagine ricorrente della finestra della sua camera, dalla quale il ragazzo osserva la vita del paese e si innamora della figlia del cocchiere, che gli ispirerà il famoso canto A Silvia.
E l’amore. L’amore è ciò che Leopardi cerca di realizzare in vita e che non potrà cogliere. La donna che più di tutte lo sconvolge è Fanny Targioni Tozzetti, interpretata con delicatezza e interessanti cambi di registro da Giusy Buscemi. Per rappresentare questa storia la serie offre una lettura romanzesca (concedendosi qualche ambiguità di troppo): Giacomo Leopardi è l’autore del «copione», mentre il suo grande amico Antonio Ranieri (ben incarnato dall’entusiasta e vigoroso Cristiano Caccamo) e Fanny sono gli interpreti della sua fantasia irrealizzabile.
La serie ha qualche difetto: un ritmo spesso eccessivamente lento; una frettolosa contestualizzazione storica; una recitazione che indulge troppo a toni bassi e sussurrati; una certa superficialità nel raccontare il lavoro intellettuale e artistico di Leopardi, come a voler dare più spazio ad elementi biografici che però non risultano pienamente accattivanti. Anche nell’ottimo lavoro dell’attore protagonista, Leonardo Maltese, si percepisce una sorta d’indecisione, come se fosse alla ricerca di un equilibrio recitativo tra lo stereotipo e il nuovo.
Con ottimi dati d’ascolto (24% la prima puntata e 21% la seconda), Leopardi. Il poeta dell’infinito offre un inedito approccio alla figura del poeta, ma allo stesso tempo non cancella del tutto il temuto ricordo scolastico. Peccato, perché si tratta dello scrittore che ha dato accesso alla modernità alla nostra lingua e alla nostra cultura. Se non nascono nuovi lettori curiosi di scoprire l’infinito stupore che generano le sue opere, la missione divulgativa è da rimandare a futuri tentativi di raccontare «il poeta dell’infinito».
Referenze iconografiche: GL Archive/Alamy Stock Photo