Gaza, la guerra che non finisce
La situazione sul campo e i possibili esiti spiegati da un esperto di Medio Oriente
L’offensiva più lunga e violenta mai sferrata da Israele dall’inizio del conflitto con i palestinesi continua ad insanguinare la Striscia di Gaza e, superati i 700 giorni di guerra, sembra destinata a protrarsi nel suo terzo anno.
Davide Lerner, giornalista esperto di Medio Oriente, descrive la situazione sul campo e traccia i possibili scenari futuri.
La distruzione del nemico
La guerra di Gaza iniziata il 7 ottobre 2023 sembra non avere fine. Il prolungarsi di questa situazione di conflitto risiede nella politica di Israele e nell’ostinazione di Hamas a non rassegnarsi a una resa.
Per quanto riguarda Israele, forze politiche molto influenti all’interno del governo del premier Benjamin Netanyahu vedono nella guerra la condizione ideale per portare avanti il proprio progetto di espansione all’interno dei territori palestinesi. Netanyahu, da parte sua, considera lo stato di guerra utile a sfuggire da crisi politiche e giudiziarie.
L’altro elemento fondamentale è la determinazione del movimento Hamas a non rassegnarsi a una resa totale, quali che siano le conseguenze in termini di distruzione e numero di vittime a Gaza. Dall’inizio della guerra sono stati uccisi oltre 64.000 palestinesi e la devastazione in alcune zone della Striscia è totale. Al punto che l’uso del termine “genocidio” per descrivere la carneficina in corso è divenuto sempre più diffuso.
Eppure, malgrado tutto questo, i militanti di Hamas continuano a detenere circa un quinto degli ostaggi israeliani rapiti durante il primo giorno di ostilità, ad organizzare operazioni di guerriglia e a chiedere il ritiro israeliano dal territorio.
Da parte sua, anche il governo israeliano ha dato prova di considerare la distruzione del nemico più importante rispetto alla liberazione dei propri ostaggi.
La situazione sul terreno
Dopo due anni di guerra la striscia di Gaza è completamente sfigurata. La decisione israeliana di non consentire l’accesso ai giornalisti, oltre a quella di colpire i cronisti locali in violazione del diritto internazionale - ne sono stati uccisi 260 dall’inizio del conflitto -, rende complesso avere un quadro generale della situazione sul campo.
Ma le immagini satellitari e le testimonianze dei residenti descrivono la distruzione di quasi tre quarti del tessuto urbano della Striscia e la concentrazione della popolazione in piccole sacche di territorio equivalenti al 15-20 per cento di questa martoriata regione. Il resto del territorio è sottoposto all’occupazione delle forze israeliane o ai suoi ordini di evacuazione.
Inoltre, le autorità dello Stato ebraico ostacolano l’ingresso degli aiuti internazionali provocando una gravissima crisi alimentare. Ad oggi le autorità stimano che quasi 400 palestinesi siano morti a causa della malnutrizione, di cui quasi 150 bambini.
Israele accusa Hamas di svolgere ancora un ruolo nella distribuzione degli aiuti e nella gestione della realtà locale. Eppure, i funzionari delle agenzie ONU e delle numerose organizzazioni internazionali che lavorano nelle enclave palestinesi raccontano che la presenza di Hamas è totalmente invisibile sul campo e che nei colloqui con la popolazione locale Hamas non viene mai citata come entità amministrativa ancora esistente.
Gli scenari futuri
Nell’opinione pubblica israeliana il sostegno all’operazione militare rimane diffuso, anche se tre quarti della popolazione sarebbe favorevole a un accordo di cessate il fuoco che porti alla liberazione degli ostaggi. I cittadini israeliani però, considerano in prevalenza “incosciente” concedere forme di autonomia ai palestinesi dopo la fine del conflitto. È dunque presumibile che i leader israeliani vogliano stabilire un controllo sulla Striscia di Gaza.
L’occupazione, dunque, è destinata a continuare. L’offensiva di terra iniziata nel settembre 2025 con l’obiettivo di acquisire il controllo del capoluogo del territorio, Gaza City, è un ulteriore segnale che si vada in questa direzione.
L’esito più probabile della guerra è che il territorio rimanga sotto un governo militare simile a quello in vigore da quasi sessant’anni nel territorio palestinese della Cisgiordania. Gaza potrebbe essere gestita direttamente da Israele oppure affidata in parte a partner locali o internazionali che lo Stato ebraico considera sensibili alle proprie esigenze di sicurezza.
I cambiamenti attesi con le elezioni del 2026
Una svolta potrebbe arrivare con le nuove elezioni israeliane, previste nell’ottobre 2026. Le forze governative, secondo i sondaggi, non sono più da tempo le più popolari presso l’elettorato israeliano. Lo stesso Netanyahu potrebbe perdere il sostegno a favore di politici più moderati e favorevoli a mettere fine alla guerra di Gaza.
A quel punto, prima che si possa ricostruire, qualunque amministrazione dovrà affrontare l’enorme problema di come rimuovere gli ammassi di macerie in tutta la Striscia, un’operazione per la quale potrebbero volerci decenni.
Proposta di attività didattica
Comprensione e riflessione
Secondo l’indicazione dell’insegnante, dividetevi a coppie. Rileggete attentamente l’articolo e riassumetene per punti il contenuto: per ogni paragrafo dovrete indicare almeno due concetti principali che sintetizzerete in brevi frasi. A conclusione del riassunto, scrivete un commento in cui esprimete una vostra opinione personale sul conflitto in corso.
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