Cambiamento climatico: a che punto siamo?

Un’analisi della “crisi delle crisi”

Per comprendere a che punto siamo nel contrasto al riscaldamento globale è utile verificare periodicamente i dati scientifici, ma anche chiedersi che cosa non ha funzionato finora, dato che la concentrazione di gas serra nell’atmosfera continua a crescere nonostante la stipula di accordi internazionali che ne chiedono la riduzione.

Quale idea di rapporto essere umano-ambiente ha guidato le azioni intraprese in questi anni, tanto a livello pubblico quanto privato?

La crisi delle crisi

La crisi climatica in atto non è isolata e si presenta collegata alla crisi degli ambienti naturali e alla crisi per inquinamento. Questi ambiti si influenzano l’uno l’altro e tutti insieme denunciano il rapporto problematico fra il Pianeta e i suoi abitanti. Parimenti, ciascun ambito ha visto negli ultimi decenni, da parte degli Stati, interventi spesso contraddittori.

La mancanza di interventi coerenti e strutturali si avverte in particolare nella crisi climatica, che oggi gli esperti definiscono la “crisi delle crisi”, ed è documentata nei rapporti delle agenzie specializzate, quali l’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) e l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change).

Che cosa non ha funzionato finora, nonostante gli accordi internazionali sul clima? 

Per trovare una possibile risposta a questa domanda partiamo dai dati.

Sulla base degli accordi sul clima, come il Protocollo di Kyoto del 2005 e l’Accordo di Parigi del 2015, negli ultimi decenni si sono sviluppate le fonti rinnovabili (sole, vento, acqua) nella produzione energetica (oltre il 7% annuo), ma nonostante la loro forte crescita, l’87% del fabbisogno mondiale è tuttora coperto dalle fonti fossili, come il carbone e il petrolio, che sono le più inquinanti e sono responsabili del riscaldamento globale delle temperature.

Questo è dovuto al fatto che la domanda mondiale di energia continua a crescere di circa il 2% l’anno, in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Si pensi, per esempio, che, da sole, Cina e India assorbono un terzo della produzione energetica mondiale a causa della loro crescita demografica, economica, tecnologica.

I dati studiati dagli scienziati mettono in luce alcune profonde contraddizioni che limitano o addirittura possono annullare l’efficacia delle politiche ambientali.

Per esempio, gli Stati Uniti hanno deciso di uscire dall’Accordo di Parigi per perseguire, senza vincoli internazionali, la propria indipendenza energetica. A tal fine, stanno spingendo sullo sfruttamento massiccio delle fonti fossili interne, mentre però al tempo stesso cercano di accaparrarsi diritti di sfruttamento delle terre rare ovunque si trovino, come per esempio in Ucraina. Le terre rare sono minerali essenziali per il funzionamento di tecnologie verdi, come i veicoli elettrici, e saranno quindi sempre più indispensabili nel processo di transizione energetica dalle fonti fossili alle fonti sostenibili.

Unione Europea, Brasile, Cina, India, dal canto loro, hanno l’obiettivo della decarbonizzazione (riduzione dei combustibili fossili) in linea con gli accordi internazionali, ma a fronte di queste dichiarazioni d’intenti, per esempio, la Cina sta realizzando centinaia di centrali a carbone e l’India ha altre priorità, come assicurare a tutta la popolazione l’accesso all’elettricità.

La Ue punta a triplicare la produzione energetica da fonti rinnovabili entro il 2030 e a sviluppare tecnologia sicura e a basso impatto ambientale per lo sfruttamento dell’uranio, ma trova grande resistenza nella diffusione dei veicoli a motore elettrico: nel 2024 soltanto il 15% delle auto vendute aveva un motore elettrico e in Italia la quota si è fermata al 4,8%.

Per ora la scadenza del 2035 per la messa al bando dei veicoli con motore termico resta fissata, ma le riserve di molti stati dell’Unione, fra cui l’Italia, sono forti e sono per lo più di natura economica. Le motivazioni economiche costituiscono dunque un freno alle politiche ambientali.

Il clima dovrebbe essere tutelato come patrimonio universale

La difficoltà ad affrontare con coerenza la crisi climatica ha però anche una motivazione più profonda: l’idea del rapporto tra esseri umani e ambiente improntata sul dominio nei confronti della natura. Si tratta di una concezione maturata in secoli di storia che ancora oggi costituisce il modello dei nostri comportamenti, e che ha come conseguenza lo sfruttamento indiscriminato delle risorse ai fini dello sviluppo sociale ed economico.

Affinché le azioni di contrasto al riscaldamento globale siano efficaci a lungo termine occorre dunque una vera e propria rivoluzione culturale, per cui il clima dovrebbe essere considerato una risorsa indivisibile, che appartiene all’intera umanità, da tutelare come patrimonio universale e da preservare per le generazioni future.

Azioni concrete sono possibili ma occorre un cambio di visione

Scorrendo le pagine dell’ultimo rapporto dell’Ipcc, soltanto un grandissimo sforzo collettivo per la limitazione fino all’azzeramento delle emissioni di CO2 da qui al 2050 potrà contenere l’aumento della temperatura terrestre attorno alla soglia di + 1,5 °C, indicata dagli scienziati come limite massimo per contenere danni ambientali irreversibili.

In questo lasso di tempo, le temperature continueranno a salire, benché più lentamente, poi nella seconda metà del secolo, se tutto funzionerà e ciascuno avrà fatto la sua parte, cominceranno a diminuire.

Azioni concrete sono dunque possibili, ma occorre un cambio di visione, cui devono concorrere tutti: gli Stati, le imprese, i singoli cittadini, le istituzioni culturali, a cominciare dalla scuola.

Proposta di attività didattica

Ricerca in rete ed elaborazione delle informazioni

Divisi in gruppi di 2-3 persone, in base alle indicazioni dell’insegnante, collegatevi al sito di Ipcc Italia (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) al link https://ipccitalia.cmcc.it/ e analizzate gli argomenti e i dati presentati. Rispondete quindi alle seguenti domande:

1 Qual è l’ultimo Rapporto elaborato dagli scienziati sul cambiamento climatico?

2 Scorrendo il Rapporto di sintesi, sapreste individuare i punti principali? Indicatene almeno due.

3 Conoscete il significato dell’espressione “mitigazione dei cambiamenti climatici”? Dopo averla verificata sul dizionario, cercate sul sito qualche proposta per contenere o ridurre l’impatto del riscaldamento globale.

Referenze iconografiche: DOERS/Shutterstock

Cristina Tincati

Per oltre un trentennio è stata docente di geografia generale, economica e turistica negli Istituti tecnici commerciali e professionali per il commercio e il turismo, affiancando all’attività d’insegnamento la collaborazione scientifica e la pubblicazione di articoli, materiale didattico, testi geografici. Durante gli anni d’insegnamento ha partecipato ai gruppi di lavoro ministeriali preparatori del nuovo esame di Stato e alla revisione dei programmi di geografia economica.
Per Sanoma è autrice di testi di geografia e coautrice di testi di geostoria; fra i più recenti: Mappa Mundi, Il pianeta è anche tuo, La nostra casa.