Cambia il colloquio all’esame di maturità
Questa e altre novità del Decreto Scuola

L’esame di Stato che torna alla storica denominazione di “maturità”; il colloquio d’esame su quattro discipline e non più a partire dal “documento” scelto dalla commissione; l’obbligo per i candidati di sostenere tutte le prove: queste, insieme ad altre misure riguardanti vari ambiti del sistema scolastico, sono alcune delle novità introdotte dal recente “Decreto Scuola”.
Premessa
Il 9 settembre 2025 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 127 che introduce, con effetto immediato, “misure urgenti per la riforma dell’esame di Stato del secondo ciclo di istruzione e per il regolare avvio dell’anno scolastico 2025/2026”.
I cambiamenti apportati all’esame (concentrati nell’art. 1 del decreto), benché definiti “riforma”, non modificano sostanzialmente l’impianto della legge vigente (D.Lgsl. 62/2017), benché intervengano in misura significativa sulle sue finalità generali e su alcuni aspetti della struttura organizzativa.
La tempestività del provvedimento – prima dell’avvio dell’anno scolastico e comunque in anticipo rispetto ai consueti tempi della politica ministeriale scolastica – consente a studenti e insegnanti di approfondirne i contenuti e di prepararsi ai prossimi esami di maturità con relativa tranquillità.
La “riforma” dell’esame di Stato
Esame di maturità
Il primo cambiamento riguarda la denominazione dell’esame, che torna a essere quella storica di “maturità”, che di fatto aveva continuato a persistere nel linguaggio corrente e mediatico accanto a “esame di Stato” (ufficialmente introdotto a partire dal 1999).
Si tratta di una scelta non soltanto terminologica, dal momento che in essa il legislatore intende sintetizzare, enfatizzandolo, l’obiettivo generale dell’esame: non soltanto verificare i livelli di apprendimento (conoscenze, competenze e abilità) attesi nei vari ordini di scuola, ma anche valutare la “maturità” (appunto) del candidato, vale a dire il grado di crescita personale, di autonomia e di responsabilità acquisito sia in ambito scolastico, sia in esperienze extrascolastiche, da cui far discendere scelte consapevoli per il proprio futuro.
Le prove d’esame
Lo svolgimento dell’esame resta articolato, secondo il dettato del 2017, in due prove scritte e in una successiva prova orale.
Nessun cambiamento è previsto per le prove scritte, se non che il loro esito sarà comunicato soltanto dopo il colloquio, e non prima come in passato, con l’intento di non condizionare le prestazioni dei candidati in quella sede.
In relazione a ciò, viene sottolineato con forza che tutte e tre le prove vanno sostenute dai candidati affinché l’esame risulti valido, indipendentemente dal calcolo numerico dei punteggi ottenuti.
Il colloquio
Le modifiche più incisive riguardano il colloquio.
Quattro discipline
Abbandonata la discussione iniziale sul cosiddetto “documento” della commissione esaminatrice, su cui non erano mancate negli scorsi anni perplessità e incertezze, la nuova prova orale verte principalmente su quattro discipline individuate tra le più importanti e caratterizzanti del percorso di studi e comunicate dal Ministro entro il mese di gennaio insieme alla disciplina scelta per la seconda prova scritta.
All’obiezione formulata da alcuni circa il rischio di una sottovalutazione delle materie escluse da tale rosa da parte di studenti e insegnanti negli ultimi mesi di scuola, il Ministro ha replicato ricordando il ruolo dello scrutinio finale su tutte le materie per l’ammissione all’esame.
Disciplinarità vs. interdisciplinarità
La scelta ministeriale appare nettamente orientata a enfatizzare il valore disciplinare specifico a scapito della interdisciplinarità su cui era fondato il colloquio nella precedente versione.
Resta comunque, tra gli obiettivi del colloquio, quello di verificare, insieme all’acquisizione dei contenuti e dei metodi propri di ciascuna disciplina, la capacità di utilizzare e raccordare le conoscenze acquisite e di argomentare in modo critico e personale.
Colloquio non interrogazione
In continuità con la legge istitutiva (e le successive integrazioni) la prova mantiene il carattere di colloquio – e non di interrogazione – e la fondamentale finalità di accertare il conseguimento del complessivo profilo educativo, culturale e professionale del candidato, tenuto conto anche della sua partecipazione alle attività di formazione scuola-lavoro, delle competenze di educazione civica e di quelle digitali, oltre alle esperienze di valore culturale, educativo e sociale, maturate in ambiente extra-scolastico e certificate dal curriculum.
Di nuovo il recente decreto introduce una particolare sottolineatura del valore del colloquio come occasione per il candidato di esprimere la propria personalità complessiva, costruita attraverso il percorso di studi e altre esperienze di vita, e per i commissari di valutare tutto questo insieme di elementi.
Formazione scuola-lavoro
Una nota terminologica riguarda la formazione scuola-lavoro: questa definizione sostituisce, non soltanto nell’esame di maturità ma in tutto il sistema scolastico, quella di “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” (PCTO), che, a sua volta, nel 2019 aveva sostituito la “Alternanza scuola-lavoro”, istituita nel 2015. Viene dunque ripristinata la parola “lavoro”, da accogliere nel suo valore culturale e sociale.
Per quanto riguarda in particolare l’esame di maturità, la partecipazione alle attività di formazione scuola-lavoro è considerata ai fini della valutazione del profilo complessivo del candidato. È richiesto, come nella precedente normativa, che nel corso del colloquio ne venga esposta una relazione o un elaborato.
E la lingua straniera?
Il decreto non fa cenno all’utilizzo della lingua straniera nel corso del colloquio, previsto invece nella legge del 2017: una svista o una scelta deliberata? A tale riguardo si attende un chiarimento da parte del Ministero.
Voto di comportamento e ammissione all’esame
Tra le novità introdotte dal decreto alcune confermano le disposizioni in materia di comportamento e “voto di condotta”, emanate nella legge 150/2024 sulla valutazione. Eccole in sintesi.
- In sede di scrutinio della classe a fine anno scolastico, se la valutazione del comportamento dello studente è inferiore a sei decimi, il consiglio di classe delibera la non ammissione all’esame di maturità.
- Se è pari a sei decimi, lo studente è ammesso all’esame ma il consiglio di classe gli assegna un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale da trattare in sede di colloquio, la cui valutazione concorrerà allo scrutinio finale.
- Inoltre il voto in condotta incide sui crediti scolastici. Per ottenere il punteggio massimo in sede di calcolo dei crediti, sarà necessario avere almeno 9 in condotta.
Bonus per l’eccellenza
Un’altra novità riguarda il cosiddetto “bonus eccellenza” e sembra orientata verso una maggiore selettività.
Al momento dello scrutinio finale, infatti, se il candidato ha raggiunto un punteggio complessivo di almeno novantasette punti tra credito scolastico e prove d’esame, la commissione d’esame può integrarlo fino a un massimo di tre punti, mentre secondo la precedente normativa il bonus era di cinque punti e il candidato doveva aver raggiunto almeno trenta punti di credito scolastico e cinquanta di prove d’esame.
Commissioni d’esame
Il decreto modifica la composizione delle commissioni d’esame, che passano da sette a cinque membri: un presidente esterno, due commissari esterni e due commissari interni (per ciascuna delle due classi abbinate).
È inoltre prevista una formazione specifica, che costituirà titolo preferenziale per la nomina.
Referenze iconografiche: Stefano Guidi/Shutterstock