L’equilibrio tra i poteri dello Stato

Riflessioni sulle forme di governo e sulla forma di governo italiana

Dopo aver comparato diverse forme di governo, il testo analizza quella italiana nelle sue dinamiche costituzionali e reali ed esamina le proposte di revisione costituzionale per eliminare le debolezze del sistema istituzionale e rendere più stabile ed efficace la funzione esecutiva, con particolare attenzione alla cosiddetta “riforma del premierato”.

Tutto sarebbe perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti o le controversie dei privati. Perché non si possa abusare del potere, bisogna che, per la disposizione delle cose, il potere freni il potere. 

C. L. de S. Montesquieu, De l’esprit des lois, Libro XI, 1748

La separazione dei poteri

Nella disciplina costituzionale una forma di governo descrive i rapporti che si instaurano tra i poteri dello Stato, in particolare il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario.
Non esiste una forma di governo ideale, valida per tutti i contesti; queste emergono dalle esigenze politico-istituzionali di un Paese, le quali influenzano la forma di governo e, di conseguenza, il sistema istituzionale.
È essenziale osservare che le forme di governo sviluppatesi nelle democrazie liberali negli ultimi due secoli, principalmente riconducibili a modelli parlamentari, presidenziali o a loro combinazioni, si fondano sul principio della separazione dei poteri e sull’indipendenza degli organi. Questo sistema prevede l’assegnazione di compiti distinti a specifici organi, denominati legislativo, esecutivo e giudiziario, in base alle rispettive funzioni. Tale suddivisione si basa sull’idea che le potestà dello Stato non debbano essere concentrate, ma distribuite tra organi costituzionali autonomi, in modo da bilanciare il potere di ciascuno.

Le forme di governo di democrazia liberale: sistemi a confronto

La Costituzione degli Stati Uniti d’America, per esempio, assegna al Congresso il potere legislativo, al Presidente il potere esecutivo e alla Corte Suprema, insieme alle corti istituite dal Congresso, il potere giudiziario.
Una ripartizione simile delle funzioni si trova in Svizzera, dove la Costituzione conferisce all’Assemblea federale le competenze della Confederazione, al Consiglio federale l’autorità esecutiva suprema e al Tribunale federale l’amministrazione della giustizia.
In Germania, la Legge fondamentale attribuisce il potere legislativo al Bundestag e al Bundesrat, il potere esecutivo al Governo federale e il potere giurisdizionale alla magistratura.
In Austria la funzione legislativa è esercitata congiuntamente dal Consiglio nazionale e dal Consiglio federale, mentre il Governo federale detiene la suprema funzione amministrativa e la giurisdizione è affidata ai tribunali.
La Costituzione francese assegna il potere legislativo al Parlamento, il potere di determinare e dirigere la politica nazionale al Governo e il potere giurisdizionale all’autorità giudiziaria. Il Presidente della Repubblica, investito direttamente dal voto popolare, esercita alcune funzioni esecutive, ma ha anche un ruolo di garanzia.
Infine, la Costituzione italiana distribuisce il potere statale tra il Parlamento, responsabile della funzione legislativa, il Governo, che esercita la funzione esecutiva, e la Magistratura, a cui compete il potere giudiziario.

Le Costituzioni spesso prevedono forme di collaborazione, collegamento e condizionamento tra gli organi istituzionali.
In merito alle funzioni normative, che sono generalmente attribuite alle Assemblee elettive e sono esercitate mediante l’adozione di norme di diritto primario, è importante notare che spesso gli esecutivi possono emanare norme con la stessa forza giuridica delle leggi parlamentari. Questo è previsto dalla Costituzione italiana e francese e dalla Legge fondamentale tedesca.
Negli Stati Uniti, pur esistendo una separazione formale tra esecutivo e legislativo, la Costituzione prevede forme di condizionamento tra i due organi. Un esempio è il potere di veto sospensivo del Presidente sulle leggi approvate dal Congresso, che condiziona l’attività legislativa e il potere del Congresso di approvare il bilancio federale, che influenza l’attività del Presidente. Oltre a questi legami formali, la prassi ha sviluppato ulteriori forme di interazione, come il potere di iniziativa legislativa esercitato dal Presidente e dalla sua amministrazione, che si manifesta attraverso la presentazione di proposte legislative da parte dell’amministrazione presidenziale, formalmente introdotte tramite membri del Congresso.

Nelle forme di governo parlamentari o semiparlamentari (altrimenti dette semipresidenziali), la funzione di indirizzo politico è esercitata dall’Assemblea elettiva attraverso il voto di fiducia, necessario affinché l’Esecutivo possa svolgere le proprie funzioni e generalmente concesso previa presentazione di un programma da parte del Governo.
In questi sistemi l’Assemblea rappresentativa può esprimere un orientamento politico diverso da quello del Governo mediante il voto di censura.
In Germania, per esempio, il Cancelliere federale è eletto dal Bundestag e può essere rimosso tramite una mozione di censura, seguendo la procedura stabilita dalla Legge fondamentale, ossia eleggendone contemporaneamente un altro. Se il Bundestag non riesce a eleggere un nuovo Cancelliere, il Presidente della Repubblica scioglie l’Assemblea.
In Austria, il Governo federale è nominato dal Presidente federale e deve dimettersi se il Consiglio nazionale gli nega la fiducia, mentre il potere di scioglimento del Consiglio è affidato al Presidente federale.
In Italia, il Governo è legato al Parlamento da un rapporto di fiducia iniziale, che può essere revocato dal Parlamento attraverso una mozione di censura. Nel caso non si riesca a formare un nuovo esecutivo il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere.
In Francia, sebbene non sia previsto un voto di fiducia iniziale, la Costituzione stabilisce che l’Assemblea Nazionale può mettere in discussione la responsabilità del Governo mediante l’approvazione di una mozione di censura; se la mozione è approvata, il Governo è costretto a dimettersi. Anche in Francia la Costituzione affida il potere di sciogliere l’Assemblea Nazionale al Presidente della Repubblica, che lo esercita anche nel caso non si riesca a formare un nuovo esecutivo. Il mandato presidenziale, invece, essendo legittimato dalla volontà popolare non è revocabile con una mozione di censura.

Altri sistemi prevedono una netta separazione tra potere legislativo e potere esecutivo. In Svizzera i rapporti tra il Parlamento e l’Esecutivo sono regolati da un principio più rigido di separazione dei poteri. Anche se il Consiglio federale entra in carica grazie alla fiducia iniziale dell’Assemblea federale, non può essere rimosso prima della scadenza del mandato di quattro anni, né è previsto lo scioglimento dell’Assemblea federale prima del termine della legislatura quadriennale.
Anche negli Stati Uniti, la Costituzione prevede l’assoluta indipendenza tra il Congresso e il Presidente: il Presidente non può sciogliere le Camere anticipatamente, né le Camere possono sfiduciare il Presidente e costringerlo alle dimissioni; il Congresso può soltanto avviare una procedura di impeachment per presunti crimini commessi dal Presidente.

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La forma di governo italiana: genesi, debolezze e organi di garanzia

Tra il 1946 e il 1947, il dibattito sulla Costituzione italiana prese in considerazione sia il presidenzialismo che il cancellierato, quest’ultimo poi adottato dalla Costituzione tedesca del 1949. Nell’immediato dopoguerra, la preoccupazione principale era evitare il ritorno a un Governo autoritario; la scelta finale cadde sulla forma di governo parlamentare, un sistema in cui il potere esecutivo è costantemente soggetto al controllo del potere legislativo.
Il sistema istituzionale italiano, dunque, si basa sul Parlamento, che riceve la propria legittimazione direttamente dal voto degli elettori e rappresenta la sovranità del popolo. Il Governo e il Capo dello Stato sono scelti dal Parlamento: il primo tramite la fiducia, il secondo attraverso elezione.

Nella prima fase di applicazione della Costituzione, il Parlamento è stato al centro del sistema istituzionale: era l’organo in cui risiedeva la rappresentanza popolare, esercitava il controllo politico sull’Esecutivo ed era il luogo della discussione pubblica dove trovava soluzione il contraddittorio tra le forze politiche.
Nonostante l’Assemblea elettiva fosse al centro del sistema istituzionale, questo era comunque gravato dalla presenza di Governi instabili, i quali restavano in carica soltanto per brevi periodi, finché la maggioranza parlamentare riusciva a sostenerli.
La forma di governo parlamentare italiana ha rivelato nel tempo altre e diverse debolezze. Il Parlamento controlla il potere esecutivo, ma i partiti, ognuno con la propria linea politica, condizionano fortemente il Parlamento e hanno un ruolo determinante nella vita politica e nell’indirizzo del Governo.
Negli ultimi decenni, i partiti politici non sono riusciti a formulare efficaci proposte per determinare adeguate politiche nazionali. Questo ha portato a un diffuso discredito nei confronti della classe politica, che ha finito per colpire anche l’Istituzione parlamentare e l’Esecutivo, accusati di non rispondere adeguatamente ai bisogni dei cittadini. Inoltre, la forma di governo parlamentare e alcune leggi elettorali hanno alimentato il trasformismo politico e la modifica delle maggioranze durante la legislatura, creando una spaccatura tra l’orientamento espresso dagli elettori e quello effettivamente emerso dal Parlamento.
Il centro decisionale del sistema si è gradualmente spostato verso l’Esecutivo, che, nonostante la sua debolezza in termini di legittimazione elettorale, è diventato il principale attore nella produzione normativa grazie all’uso della decretazione delegata e d’urgenza, relegando così l’Assemblea elettiva a un ruolo secondario.

La forma di governo parlamentare in Italia prevede due organi di garanzia: il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale, che intervengono quando il sistema si blocca.
Negli ultimi decenni, il sistema italiano ha funzionato grazie a questi interventi, ma queste azioni hanno condizionato l’indirizzo politico del Governo e del Parlamento. L’estensione dei poteri del Capo dello Stato ha compensato le debolezze del Parlamento e del Governo, ma ha portato alla formazione di Esecutivi nati su iniziativa diretta del Presidente della Repubblica che, sebbene abbiano ottenuto il voto di fiducia delle Camere, sono stati avviati su sua precisa indicazione.
Anche la Suprema Corte è intervenuta più volte per sopperire all’inattività del Parlamento, introducendo nell’ordinamento giuridico le tutele fondamentali richieste dalla società. Naturalmente, questa creazione di nuove norme è avvenuta attraverso la via giurisdizionale anziché tramite l’iter parlamentare.

Le riforme costituzionali negli anni e la “riforma del premierato”

Da decenni si discute della necessità di razionalizzare la forma di governo parlamentare, con l’obiettivo di rafforzare l’efficienza del Parlamento e stabilizzare il Governo. Diversi progetti di riforma, elaborati da Commissioni bicamerali appositamente istituite, sono rimasti a livello progettuale; altre revisioni costituzionali proposte da Governi in carica, sebbene approvate dal Parlamento, non sono state attuate a causa della mancanza di consenso popolare nei referendum confermativi, come accaduto nel 2006 e nel 2016.
L’ultimo progetto di riforma, di iniziativa del Governo e contenuto nel disegno di legge costituzionale A.S. 935, prevede modifiche significative dell’assetto istituzionale e del sistema dei pesi e contrappesi dell’ordinamento costituzionale. Colloquialmente definito come “riforma del premierato”, in quanto prevede tra le altre cose l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il progetto, dopo la prima lettura dal Senato della Repubblica, è attualmente all’esame della Camera dei Deputati ed è composto da otto articoli.

  1. L’articolo 1 del testo di riforma conferma il primo comma dell’articolo 59 della Costituzione, che attribuisce al Presidente della Repubblica il titolo di Senatore a vita per diritto. Tuttavia, abroga il secondo comma dello stesso articolo, eliminando la possibilità per il Presidente della Repubblica di nominare cinque senatori a vita tra cittadini che abbiano onorato la Patria con meriti eccezionali nei campi sociale, scientifico, artistico e letterario. Questa modifica intende eliminare la possibilità che il Presidente della Repubblica, con i cinque senatori a vita, influisca sulla composizione e sulla maggioranza del Senato, che è stato numericamente ridotto a 200 membri con legge costituzionale n. 1/2020.
  2. L’articolo 2 del testo di riforma modifica il terzo comma dell’articolo 83 della Costituzione, cambiando il quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica. Per ridurre l’impatto del premio di maggioranza, introdotto in quello che diventerà il nuovo articolo 92 della Costituzione, e garantire una maggiore rappresentatività nelle scelte dei grandi elettori riuniti in seduta comune, viene stabilito che per essere eletto Presidente della Repubblica è necessaria la maggioranza dei due terzi dei voti fino al sesto scrutinio (invece che fino al terzo, come previsto attualmente). Dopo il sesto scrutinio, è sufficiente la maggioranza assoluta.
  3. L’articolo 3 del testo di riforma modifica parzialmente il primo e il secondo comma dell’articolo 84 della Costituzione. Viene eliminata la possibilità per il Capo dello Stato di sciogliere una sola Camera (dovranno essere sempre sciolte entrambe contemporaneamente) e regolato il semestre bianco, specificando che il Presidente della Repubblica potrà sciogliere il Parlamento nei sei mesi precedenti alla propria elezione soltanto se lo scioglimento è considerato un atto dovuto secondo la riforma costituzionale. Poiché la disposizione non lascia al Capo dello Stato alcun margine di discrezionalità, lo scioglimento potrà essere disposto soltanto nei casi previsti dal nuovo articolo 94 della Costituzione.
  4. L’articolo 4 del testo di riforma modifica integralmente il primo comma dell’articolo 89 della Costituzione, abolendo la necessità della controfirma governativa su vari atti del Presidente della Repubblica, ossia sugli atti di nomina del Presidente del Consiglio e dei giudici della Corte Costituzionale, sul decreto di concessione della grazia, sul decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, sui messaggi al Parlamento e sull’atto di rinvio delle leggi alle Camere.
  5. L’articolo 5 del testo di riforma rappresenta un punto centrale della revisione e modifica quasi integralmente l’articolo 92 della Costituzione. Il Governo rimane composto dal Presidente del Consiglio e dai ministri, ma si introduce l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri per cinque anni, contestualmente all’elezione del Parlamento.
    Nell’ipotesi prevista dalla revisione costituzionale, il Presidente del Consiglio viene eletto nella Camera per la quale si candida (quindi sarà sempre un parlamentare), con un limite di due mandati consecutivi (estendibili a tre se ha ricoperto l’incarico per meno di sette anni e sei mesi). Soltanto il Presidente del Consiglio eletto può ricevere dal Presidente della Repubblica l’incarico di formare il Governo; è il Presidente eletto che propone al Capo dello Stato la nomina e, l’eventuale, revoca dei Ministri.
    Per assicurare una stabile maggioranza parlamentare a favore del Presidente del Consiglio, si introducono dei vincoli costituzionali al sistema elettorale, con la previsione di un premio di maggioranza a livello nazionale che garantisca alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio eletto la maggioranza dei seggi nelle Camere. I dettagli e la soglia del premio di maggioranza saranno determinati da una nuova legge elettorale.
  6. Sempre per assicurare, in entrambe le Camere, una solida maggioranza a sostegno del Presidente del Consiglio eletto, l’articolo 6 della proposta di revisione costituzionale modifica in parte l’attuale articolo 57 della Costituzione. Il Senato della Repubblica continua a essere eletto su base regionale, ma il sistema elettorale dovrà prevedere un premio di maggioranza assegnato a livello nazionale.
  7. L’articolo 7 del testo di riforma modifica quasi integralmente l’articolo 94 della Costituzione e rappresenta l’altro fulcro della revisione. La disposizione mira a evitare la formazione di Governi che non siano sostenuti dalla maggioranza uscita dalle urne e, quindi, impone al Presidente della Repubblica l’obbligo di conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio eletto, unico soggetto costituzionalmente legittimato a riceverlo.
    Nonostante l’elezione diretta del Premier, l’Esecutivo deve presentarsi entro dieci giorni dalla sua formazione davanti alle Camere per ottenere la fiducia. Anche con un Presidente del Consiglio eletto, il Governo ha bisogno della fiducia per essere legittimato; infatti, nel caso in cui il premio di maggioranza non venisse attribuito per mancato raggiungimento di un eventuale quorum, il Capo del Governo dovrà cercare altre forze in Parlamento per ottenere una maggioranza.
    Se il Governo non dovesse ottenere la fiducia, il Presidente della Repubblica dovrà rinnovare l’incarico al Presidente eletto, che potrà ritentare con una nuova maggioranza o un nuovo programma; in caso di secondo esito negativo, il Capo dello Stato dovrà sciogliere le Camere.
    In caso di dimissioni volontarie o di revoca della fiducia da parte del Parlamento, entro sette giorni il Presidente eletto può richiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere. In questo caso, le elezioni anticipate sono una scelta affidata alle valutazioni del Presidente del Consiglio, a fronte delle quali il Capo dello Stato è obbligato (atto dovuto) a emanare il decreto di scioglimento.
    Tuttavia, il Presidente del Consiglio potrebbe non richiedere lo scioglimento; in tal caso, i poteri del Capo dello Stato si estendono, ma per una sola volta nel corso della legislatura. Il Presidente della Repubblica potrà incaricare il Presidente dimissionario o un altro parlamentare della stessa area politica di formare un nuovo governo (in questo caso si tratterebbe di un Presidente del Consiglio non eletto dai cittadini), garantendo così la continuità politica senza cambiare la maggioranza parlamentare.
    Se nessuna di queste soluzioni fosse possibile, il Capo dello Stato dovrà sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni.
  8. Infine, l’articolo 8 del testo di riforma prevede due norme transitorie. Il primo comma stabilisce che i senatori a vita nominati prima dell’entrata in vigore della legge costituzionale rimarranno in carica. Il secondo comma dispone che la legge costituzionale si applicherà a partire dal primo scioglimento o dalla cessazione delle Camere successiva all’entrata in vigore della riforma ed entro tale data dovranno essere deliberate le leggi per l’adozione del sistema per l’elezione delle Camere e le norme per l’elezione del Presidente del Consiglio.
Considerazioni finali

In Italia, la forma di governo parlamentare adottata nel 1948, che vede il Parlamento al centro del sistema istituzionale, con il Governo che deve ottenere e mantenere la fiducia parlamentare per rimanere in carica, negli ultimi decenni ha evidenziato diverse debolezze del sistema, che hanno spinto a riflessioni e proposte di riforma.

Tra le principali modifiche previste dall’ultimo progetto di riforma, in sintesi, vi sono:

  • l’eliminazione del potere del Presidente della Repubblica di nominare senatori a vita;
  • la modifica delle modalità di elezione del Presidente della Repubblica;
  • l’abolizione della necessità della controfirma governativa su alcuni atti presidenziali;
  • l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio con un sistema elettorale che garantisca una maggioranza parlamentare stabile.

Inoltre, si prevede una riforma del sistema di scioglimento delle Camere e un nuovo approccio per garantire la continuità politica in caso di dimissioni del Governo.

Le disposizioni sono progettate per rendere l’azione del Governo più efficace e per stabilizzare il potere esecutivo, in modo che la sua durata possa allinearsi con quella della legislatura. Per garantire questa stabilità, il potere di sciogliere le Camere è praticamente trasferito al Presidente del Consiglio, riducendo così alcune prerogative costituzionali del Presidente della Repubblica e attenuando la funzione di controllo politico del Parlamento.
Sebbene le riforme proposte mirino a rafforzare la stabilità e l’efficacia del Governo, esse comportano anche qualche rischio. La concentrazione del potere nelle mani del Presidente del Consiglio potrebbe indebolire i meccanismi di controllo democratico e ridurre la flessibilità del sistema politico, aumentando la possibilità di crisi istituzionali o elezioni anticipate.
Le disposizioni, inoltre, non garantiscono la durata quinquennale della legislatura (e nemmeno dell’organo esecutivo), poiché rendono complessa o difficile la formazione di maggioranze diverse da quella emersa dalle elezioni. In alcune situazioni, il Presidente del Consiglio potrebbe poi cercare di ottenere uno scioglimento anticipato attraverso una mozione di sfiducia da parte della propria area politica, favorendo nuove elezioni in un momento ritenuto opportuno per il suo partito.
Se la democrazia si basa sull’equilibrio tra i diversi poteri dello Stato, per mantenere la stabilità del sistema istituzionale è fondamentale che nessuno di essi prevalga sugli altri; pertanto, è fondamentale valutare con attenzione l’equilibrio tra stabilità governativa e la necessaria pluralità e controllo politico. Con il processo di revisione costituzionale ancora in corso, sarà importante osservare come la seconda Camera contribuirà a garantire i meccanismi di pesi e contrappesi necessari per una Costituzione destinata, per sua natura, a durare nel tempo.

Referenze iconografiche: Jose Luis Vega/Shutterstock

Rosa Piera Mantione

laureata in Giurisprudenza e in Scienze della amministrazioni pubbliche, ha una lunga esperienza di insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche. Attualmente insegna presso l'IIS Baldessano Roccati di Carmagnola (TO). È autrice di varie pubblicazioni didattiche, tra cui il corso di Diritto ed economia nel biennio Costituzione al futuro, pubblicato da Paramond.