Le criptovalute sono considerate moneta?

Una disamina tra miti e realtà

Nonostante dottrina e giurisprudenza condividano un andamento ondivago sulla qualificazione giuridica da assegnare alle criptovalute, la crescente richiesta del mercato ha generato la necessità di nuove disposizioni in materia. Recentemente l’Unione Europea ha sviluppato un impianto normativo generale che promuove lo sviluppo tecnologico, la stabilità finanziaria e un’adeguata tutela dei consumatori.

La moneta: definizione e funzioni

Per gli economisti non è possibile fornire una definizione univoca di moneta a causa delle trasformazioni subite nel tempo e nelle società.
La moneta nasce e si evolve per agevolare le transazioni commerciali, affiancando per secoli il baratto.
La Grecia dell’VIII secolo a.C. utilizza la cosiddetta moneta-merce. La funzione di unità di conto è svolta dal bue, che rappresenta l'unità standard per la misurazione del valore di mercato di beni e servizi, i quali vengono acquistati con mezzi di scambio come pellicce o schiavi.
Dal VII secolo a.C. il Regno di Lidia (odierna Turchia) utilizza come moneta un bene fabbricato con metalli preziosi (a titolo esemplificativo: oro, argento) le cui qualità e pesantezza vengono garantite dall’apparato regnante.
In epoche successive l’autorità assicura con il suo prestigio il valore della moneta, nel frattempo divenuta cartacea. La garanzia consiste quindi non più nella corrispondenza alla qualità e al peso del metallo utilizzato per la fabbricazione, ma è legata alla credibilità dell’emittente, grazie alla quale gli agenti economici accettano la moneta cartacea come forma di pagamento.
Nasce quindi la cosiddetta moneta fiduciaria, priva di valore intrinseco, ma ricevuta in cambio di beni e servizi dagli operatori economici che confidano nella stabilità del suo valore nel tempo.
L’approccio seguito dagli economisti per fornire una definizione del termine “moneta” è quello di natura funzionale: definiscono che un bene è moneta in base alle funzioni che svolge.
Gli economisti tradizionali hanno formulato la teoria della Prima Triade (successivamente sviluppata da due pensatori economici inglesi: John Maynard Keynes, 1883–1946 e John Richard Hicks, 1904–1989), attribuendo alla moneta le seguenti funzioni:

  • mezzo di pagamento: svolge un ruolo di intermediario nelle transazioni di beni e/o servizi;
  • riserva di valore: è la stessa attività di altri strumenti finanziari (azioni, obbligazioni) ed indica la possibilità della moneta di essere accumulata;
  • unità di conto e misura di valore: esprime il valore di beni e/o servizi.

Per svolgere le sue funzioni, in particolare quella di intermediazione, la moneta deve avere specifiche caratteristiche: deve essere spendibile, disponibile, fungibile, generalmente accettata, accessibile, durevole, portatile e affidabile, ossia deve mantenere una capacità di acquisto di beni e servizi stabile nel tempo.
Per questo essa viene dichiarata dallo Stato “a corso legale” ed emessa da una banca centrale.

Le criptovalute

Le criptovalute sono definite dalla Banca d’Italia valute virtuali che “costituiscono una rappresentazione digitale di valore e sono utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento. Possono essere trasferite, conservate o negoziate elettronicamente”.
Si tratta dunque di un tipo di valuta non esistente in forma fisica, ma solo in via telematica, utilizzabile conoscendo un determinato codice informatico, che costituisce la “chiave di accesso”.
Le criptomonete utilizzano la tecnologia della blockchain, ossia un archivio digitale di transazioni. Qualsiasi scambio di beni e di valuta digitale viene registrato in modo trasparente, immutabile e condiviso tra tutti gli utenti. Questa infrastruttura digitale elimina la necessità di intermediari come le banche e non necessita di regolamentazioni da parte di un’autorità centrale, come uno Stato.
La prima criptovaluta è il bitcoin, creato nel 2008 da Satoshi Nakamoto, la cui reale identità è tuttora sconosciuta. L’obiettivo di questo misterioso ideatore era quello di decentralizzare le transazioni tramite un sistema peer to peer, per consentire ai pagamenti di essere inviati da un soggetto all'altro senza l’obbligo di passare attraverso un’istituzione finanziaria.
I bitcoin vengono progressivamente “coniati” dai cosiddetti miners, quale ricompensa per la soluzione di complesse operazioni matematiche finalizzate a “validare” le transazioni effettuate dagli utenti.
Le transazioni vengono registrate sulla blockchain, accessibile agli utenti tramite chiavi di accesso crittografate comunemente dette wallet (portafogli elettronici).
I diversi portafogli si identificano per il loro address, ovvero una stringa di numeri e lettere paragonabili all’IBAN bancario.
Le operazioni sono dette pseudo-anonime, visibili a tutti, senza possibilità di essere collegate a persone fisiche. Per questo motivo, i bitcoin possono essere permeabili a tentativi di uso con finalità di riciclaggio, di finanziamento del terrorismo o di acquisto di beni illegali.
Oggi esistono più di 24.000 criptovalute, classificabili in molti modi a seconda di quale macro-criterio di distinzione viene utilizzato (a titolo esemplificativo: modalità di creazione, incidenza sulle operazioni economiche, funzioni, scopo).
La classificazione scientificamente più attendibile e completa sembra essere quella proposta dall’Università di Zurigo, il cui sistema tassonomico più utile riguarda l’obiettivo perseguito in via principale dalla criptomoneta. Perciò si distinguono:

  • le Coin, denaro digitale che persegue lo scopo di divenire valuta globale (bitcoin o altre AltCoin, Alternative Coin, ossia qualsiasi valuta digitale che differisca dal bitcoin, come Ethereum. Tra le AltCoin si segnalano le Stable Coin, ovvero quelle monete virtuali che puntano a mantenere stabile il loro valore, come gli USDT ancorate al valore di una moneta avente corso legale: 1 USDT = 1$);
  • gli Utility Token, che conferiscono un trattamento preferenziale rispetto a determinati servizi. A titolo esemplificativo, i Lazio Fan Token sono emessi per coinvolgere i tifosi della squadra calcistica romana attraverso esperienze innovative. I possessori di questi token possono esercitare il diritto di voto per le decisioni del club, ottenere incontri con i giocatori, biglietti VIP per lo Stadio Olimpico, speciali accessi a eventi di livello mondiale, merchandising esclusivo, arte digitale, NFT[1] in edizione limitata, sconti;
  • i Security Token, che sono simili alle azioni in quanto conferiscono il diritto alla partecipazione agli utili o ai dividendi.

Le criptovalute sono considerate moneta?

Non si può dubitare che le criptovalute abbiano un carattere finanziario, in quanto sono per lo più oggetto di negoziazione a scopo di investimento/speculazione. Il detentore cerca di ottenere un guadagno sfruttando la differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita.

A parte questo carattere, dottrina e giurisprudenza condividono un andamento ondivago sull’effettiva qualificazione giuridica da assegnare alle criptovalute, ammesso che possano essere fatte rientrare in una categoria giuridica esistente.

In questi ultimi anni si è assistito a un crescente interesse per le criptomonete anche per compiere transazioni, specie riguardo al bitcoin.
Vi sono sempre più casi in cui il possessore le utilizza per acquistare beni, servizi o estinguere un’obbligazione, a patto che la controparte sia disposta ad accettarle.
Si pensi al crescente interesse per le criptovalute in paesi caratterizzati dal fallimento del sistema finanziario e da un’economia ad elevata inflazione tale da erodere il potere d’acquisto dei cittadini.
Il Libano è un esempio emblematico di come decenni di cattiva gestione economica hanno spinto la popolazione a immagazzinare, guadagnare e transare la ricchezza in modi alternativi alla lira libanese, ovvero attraverso i bitcoin.
L’inquadramento delle monete virtuali, se possibile, deve, in primis, tenere conto del concetto di “corso legale”.
Una valuta a corso legale è un mezzo di pagamento, creato e garantito dallo Stato e munito di un potere liberatorio: essa è cioè idonea a estinguere le obbligazioni pecuniarie, essendo impossibile per il creditore rifiutarne l’adempimento.
Affinché le criptovalute possano essere definite moneta occorre stabilire se siano provviste di detta caratteristica.
La risposta può essere ricavata dalla disamina delle disposizioni codicistiche in materia di obbligazioni pecuniarie.
Ai sensi dell’art. 1277 c.c.:“i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale”.
L’orientamento maggioritario ritiene che le criptovalute non possano essere disciplinate dal citato disposto normativo in quanto, non essendo riconosciute moneta ufficiale italiana, non hanno corso legale. Le valute virtuali non sono infatti emesse né dalla Banca Centrale (Europea), né da un organismo pubblico, ma da soggetti privati.
Per converso, l’euro () avente corso legale nello Stato italiano ha forza solutoria ex lege per l’estinzione di obbligazioni pecuniarie e, pertanto, non può essere rifiutato ai sensi dell’art. 693 c.p., pena il pagamento di un’ammenda. Le criptovalute sono sprovviste di detta forza, conseguentemente un pagamento effettuato con questi strumenti ben può essere rifiutato. 
Un altro orientamento giurisprudenziale, nettamente in contrasto con il precedente, si era invece spinto a inquadrare i bitcoin come monete avente valore liberatorio (cfr.: sentenza della Corte di Giustizia Europea C-246/14 del 22 ottobre 2015), sovvertendo quanto sopra ritenuto.

Incerta è anche la riconducibilità della citata questione all’art 1278 c.c., che stabilisce: se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento”.
Nella disposizione codicistica il Legislatore si riferisce a monete aventi corso legale estero.
Un orientamento maggioritario esclude che le criptovalute abbiano potere liberatorio in quanto non avrebbero corso legale in nessuno Stato.
Tuttavia, detto orientamento non tiene conto degli Stati in cui, in anni recenti, il bitcoin è stato dichiarato moneta legale come El Salvador e la Repubblica Centrafricana.
Tra l’altro, è interessante evidenziare che l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 72/E del 2 settembre 2016, si era spinta ad assimilare le criptomonete come valute estere. Secondo questa tesi le monete virtuali rientrerebbero nella disciplina dettata dall’art. 1278 c.c..
Superando l’irrisolta questione relativa alla forza solutoria delle criptovalute, è interessante citare la definizione di criptomoneta di cui alla Direttiva 2018/843/UE del 30 maggio 2018 (recepita in Italia con il D.Lgs. n. 125 del 4 ottobre 2019 in modifica alla IV direttiva antiriciclaggio): “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.
Per il Legislatore europeo le criptovalute riescono a soddisfare una delle tre funzioni tipiche della moneta: il mezzo di scambio.
Sorge quindi spontanea una domanda: se le criptomonete sono mezzi di scambio, come si può stipulare un contratto che preveda un’efficacia solutoria del pagamento tramite criptovalute, alla luce delle precedenti considerazioni?
La proposta dottrinale è quella di ricondurre il pagamento in criptovalute all’istituto della datio in solutum o prestazione in luogo di adempimento, disciplinata dall’art. 1197 c.c.. “Il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta […]”.
Il citato principio previsto dal Codice civile stabilisce che il debitore può estinguere l’obbligazione mediante una prestazione diversa da quella dovuta, solo se il creditore vi acconsenta, ritenendola egualmente idonea a soddisfare il proprio interesse.
Si offre quindi la possibilità di sostituire il corrispettivo pecuniario con la dazione delle criptovalute.
La questione relativa alla qualificazione giuridica delle criptomonete è annosa e non di facile soluzione. Nonostante rimanga tuttora aperta, la crescente domanda dei mercati e degli agenti economici ha generato la necessità di un’emanazione di nuove disposizioni in materia.

Il regime giuridico a livello europeo e nazionale: una panoramica delle recenti disposizioni

In questi ultimi anni l’Unione Europea sta sviluppando un impianto normativo generale sulla cripto-attività. L’esigenza è dettata sia dalla crescita repentina del mercato delle criptovalute, sia dalla necessità di ridurre i rischi collegati ai consumatori.
Basti pensare al recente fallimento della borsa di criptovalute FTX, il cui ex-CEO Sam Bankman-Fried ha utilizzato i fondi dei propri utenti in maniera fraudolenta.
Per sviluppare un approccio che promuova lo sviluppo tecnologico, la stabilità finanziaria e, contemporaneamente, un adeguato livello di protezione dei consumatori, l’Unione Europea ha approvato il cosiddetto Digital Financial Package (Pacchetto Europeo sulla finanza digitale), che contiene tre proposte per il settore della finanza digitale:

  1. il Market in Crypto-Assets Regulation (MiCAR), di seguito meglio descritto;
  2. il Regolamento DORA ( UE 2554/2022), indirettamente legato al settore delle criptovalute, che prevede un quadro normativo uniforme sulla resilienza operativa digitale del settore finanziario europeo per prevenire e mitigare le minacce informatiche. Il Regolamento sarà vincolante dal 17 gennaio 2025;
  3. il Regolamento Digital Ledger Technology o DLT o Pilot Regime ( UE 2022/858 pubblicato 2 giugno 2022 sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE), che disciplina l’utilizzo della blockchain. Composto da 19 articoli, ha trovato applicazione a partire dal 23 marzo 2023.

Nel mese di maggio 2023, i Ministri delle Finanze dell’Unione Europea hanno approvato il documento che disciplina il mercato delle criptovalute nell’Eurozona progressivamente dal mese di luglio 2024, diventando interamente applicabile alla fine del 2024.

Il Market in Crypto-Assets Regulation (MiCAR) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 9 giugno 2023 e prevede una normativa armonizzata in tema di cripto-attività che garantisca tutela agli investitori, aumentando la trasparenza e prevenendo il riciclaggio di denaro. Composto da 126 articoli, il Regolamento si prefigge di definire gli obblighi di trasparenza e informativa per l’emissione, l’offerta al pubblico, l’ammissione di cripto-attività alla negoziazione su una piattaforma specifica, i requisiti per l’autorizzazione e la vigilanza dei prestatori di servizi per le cripto-attività, per la tutela dei clienti e dei prestatori di servizi per le cripto-attività.

L’opinione degli operatori del settore relativamente al nuovo regolamento UE non è univoca.

C’è chi plaude all’iniziativa e chi sostiene che si sarebbe potuto regolamentare meglio il settore.

Il reale impatto andrà misurato alle risorse e ai mezzi a disposizione che si dovranno confrontare con le novità previste.

 

[1] NFT: detto anche “Non-fungible token” è un tipo di token crittografico, non duplicabile. Potrebbe essere un video, una foto, un audio, un disegno digitali, dotati di un certificato di autenticità che ne dichiara l’unicità. Il valore cresce dal momento che non esistono due NFT uguali. 

 

Referenze iconografiche: Artem Ermilov/Shutterstock

 

Donatella Cesarini

Avvocato del Foro di Piacenza e docente di scienze giuridico-economiche. È esperta sia di didattica tradizionale sia di potenziamento con utilizzo della metodologia CLIL. Al suo attivo ha varie pubblicazioni che trattano argomenti giuridico-economici attraverso un approccio CLIL e numerosi approfondimenti didattici pubblicati con Sanoma.