AI, robotica e mercato del lavoro
Rivoluzione tecnologica e nuove sfide
La rapida evoluzione tecnologica ha profondamente modificato le nostre vite. La percezione diffusa è che le novità tecnologiche siano radicalmente diverse da quelle del passato e che la loro diffusione possa generare tensioni tra l’uomo e la macchina nel mondo del lavoro e non solo.
La rivoluzione tecnologia e le nuove sfide
Le macchine ci stanno rubando il lavoro? È il quesito che da decenni assilla le società moderne. Nonostante le promesse di un futuro in cui la tecnologia ci libererebbe dai lavori più faticosi, la realtà sembra essere ben diversa. Keynes, nel suo celebre saggio del 1931, ipotizzava che l’avanzamento tecnologico, aumentando la produttività del lavoro, al fine del mantenimento dei livelli di occupazione avrebbe reso non solo possibile ma anche economicamente vantaggioso un progressivo accorciamento della giornata lavorativa, unito a una ridistribuzione del reddito a favore della classe lavoratrice. Nonostante le promesse, e in contrasto con le aspettative, l’aumento della produttività e la riduzione dell’orario lavorativo hanno fatto in modo che le disuguaglianze siano cresciute negli ultimi decenni, e i salari non hanno tenuto il passo con il progresso tecnologico. Inoltre, oggi l’intelligenza artificiale e l’automazione, in generale, stanno trasformando radicalmente il mondo del lavoro, mettendo potenzialmente a rischio milioni di posti di lavoro ma, contemporaneamente, aprendo le porte a nuove tipologie di “lavori”, che ancora non vediamo.
Quali competenze sviluppare per non rimanere indietro? Come ridistribuire la ricchezza prodotta dalle macchine? Quali prospettive avranno i lavoratori le cui competenze diventeranno obsolete a causa dell’automazione? Basterà il lavoro per tutti in un futuro sempre più automatizzato? Come cambierà la natura del lavoro con l’avanzare dell’automazione? Sono solo alcune delle domande a cui gli esperti cercano di rispondere.
Le risposte a queste domande lasciano aperte anche delle domande per gli attori della politica economica. Quali politiche sociali ed economiche dovremmo adottare per affrontare le sfide poste dall’automazione? Come possiamo garantire una transizione giusta verso un futuro del lavoro caratterizzato dall’automazione? Quali sono le implicazioni etiche dell’automazione sul mondo del lavoro e sulla società in generale?
Prima però dobbiamo caratterizzare questa “rivoluzione tecnologica”. E comprendere perché potrebbe essere diversa.
Cosa sono le rivoluzioni tecnologiche?
Le rivoluzioni tecnologiche sono dei salti improvvisi che trasformano radicalmente la società. La storia è piena di esempi: dalla rivoluzione industriale con le macchine a vapore, all’era dei computer, fino alla rivoluzione attuale caratterizzata da intelligenza artificiale. Queste rivoluzioni cambiano il modo in cui viviamo e lavoriamo, creando nuove opportunità e sfide. La tecnologia non avanza però in modo lineare, ma a balzi, con un impatto profondo sulla nostra vita. Secondo Schumpeter, il progresso tecnologico non è una semplice evoluzione, ma una interagiresorta di “distruzione creatrice”. Le nuove invenzioni, infatti, mentre generano crescita e sviluppo, causano allo stesso tempo la scomparsa di vecchie industrie e modelli di business. È come se un terremoto distruggesse una città, ma al suo posto sorgesse una metropoli più moderna. Questo meccanismo è il motore che spinge l’economia verso il futuro.
La rivoluzione tecnologica in corso presenta però delle peculiarità. Sono state individuate caratteristiche chiave dei robot moderni (struttura, hardware ecc.) che, evolvendosi grazie a tecnologie come i sensori Kinect[1], hanno portato a macchine più intelligenti e in grado di interagire meglio con gli umani. La connettività e il controllo sono due aspetti fondamentali che aprono nuove possibilità, come la collaborazione tra robot e la creazione di interfacce più intuitive. I robot di oggi sono sempre più sofisticati grazie a progressi in vari campi, dalla meccanica al software. L’uso di tecnologie come quelle dei videogiochi ha reso i robot più intelligenti e in grado di capire e rispondere alle nostre azioni. In futuro, potremmo vedere robot che lavorano con noi, ci aiutano nelle nostre attività quotidiane e forse, secondo alcune teorie, potrebbero addirittura fondersi con noi.
La particolarità di quest’ultima rivoluzione tecnologica è che la robotica, una volta confinata nelle fabbriche più avanzate, ha sperimentato una diffusione capillare nei luoghi di lavoro a partire dalla fine del XX secolo. Inizialmente limitata a compiti ripetitivi e pericolosi, l’automazione ha progressivamente conquistato nuovi settori, dalla produzione all’assistenza sanitaria così come i servizi alla persona. I robot, sempre più sofisticati e dotati di intelligenza artificiale, sono in grado di svolgere compiti sempre più complessi, collaborando fianco a fianco con gli esseri umani.
Robotica e AI: qualche dato
Secondo l’ultimo rapporto dell’International Federation of Robotics (IFR), nel 2022 sono state installate oltre 553.000 nuove unità robotiche, segnando un nuovo record e una crescita del 5% rispetto all’anno precedente. Si stima che nel 2025 il numero di robot industriali installati a livello mondiale supererà i 5,4 milioni. Il 73% di tutti i robot di nuova installazione nel 2022 è stato destinato all’Asia, con la Cina in testa. L’Europa ha assorbito il 15% delle nuove installazioni, mentre le Americhe il 10%. I settori che adottano più robot sono quelli dell’auto, l’elettronica e la metallurgia. C’è da notare anche che il 79% delle installazioni globali di robot avvengono in soli cinque paesi: Cina, Giappone, Stati Uniti, Repubblica di Corea e Germania. La Cina da sola rappresenta la fetta più grande del mercato dei robot con il 52% delle installazioni al 2022. Anche l’agricoltura, la logistica e la sanità stanno adottando sempre più soluzioni robotiche. Si stanno diffondendo, in particolare, robot collaborativi (cobot) in grado di lavorare fianco a fianco con gli operatori umani. L’integrazione dell’IA nei robot sta consentendo di svolgere compiti sempre più complessi e flessibili. Oltre all’ambito industriale, si sta assistendo a una crescita significativa della robotica di servizio, con applicazioni in ambito domestico, sanitario e di assistenza agli anziani.
All’accentuata automazione si è affiancato, negli ultimi anni, l’uso estensivo dell’intelligenza artificiale (IA). Questa sta rivoluzionando il settore manifatturiero, portando a una maggiore efficienza, produttività e flessibilità. Sempre più aziende manifatturiere stanno adottando soluzioni basate sull’IA per ottimizzare i propri processi. Gli investimenti in IA nel settore manifatturiero sono in costante aumento, guidati dalla promessa di un ritorno sull’investimento significativo. Specificatamente, l’IA è usata molto nel controllo di qualità dei prodotti, per ispezionarli in modo più accurato e rapido, identificando ad esempio difetti che potrebbero sfuggire all’occhio umano. Un ruolo determinante lo ha anche nella manutenzione predittiva, perché permette di prevedere guasti ai macchinari, riducendo i tempi di fermo impianto e i costi di manutenzione, così come nell’ottimizzazione della catena di approvvigionamento e la personalizzazione della produzione. Quest’ultima sta rivoluzionando la manifattura perché consente di produrre prodotti personalizzati su larga scala, soddisfacendo le esigenze individuali dei clienti.
Effetti sul mercato del lavoro
L’automazione è un processo dinamico che può avere effetti contraddittori sul mondo del lavoro. Da un lato, può creare nuovi posti di lavoro e aumentare la produttività, dall’altro può ridurre la domanda di lavoro in alcuni settori e aumentare la disuguaglianza sia fra percettori di salari che fra salariati e chi detiene il capitale.
Mentre è indubbio che l’innovazione tecnologica abbia contribuito alla crescita economica a lungo termine, è altrettanto evidente che i benefici di tali progressi non sono sempre stati equamente condivisi. Teoricamente, i miglioramenti tecnologici e quindi l’automazione e l’IA, possono avere effetti diretti e indiretti, così come di breve e medio-lungo periodo sul mercato del lavoro.
L’effetto diretto, nel settore in cui viene incrementata l’automazione, è una riduzione contemporanea della forza lavoro, proprio negli ambiti in cui il robot è stato adottato. L’effetto per il settore è un aumento della produttività. Questo effetto però si ripercuote – indirettamente - su tutti gli altri settori che vedono un aumento dell’efficienza e, per questa via, un aumento della domanda di lavoro. D’altra parte, la rivoluzione tecnologica nel medio-lungo periodo potrebbe aprire nuovi mercati e “creare” nuove tipologie di lavoro, al momento neanche immaginabili. Non è quindi teoricamente prevedibile se ci sarà un aumento dell’occupazione totale e se i salari cresceranno.
L’effetto totale dipende anche dal potere contrattuale dei lavoratori. La prima rivoluzione industriale offrì un chiaro esempio di come la concentrazione del potere nelle mani dei capitalisti industriali, unita alla debolezza dei movimenti sindacali, potesse portare a un deterioramento delle condizioni di lavoro e a una crescente disuguaglianza. E l’automazione e l’uso dell’IA di oggi presentano anche dei risvolti negativi sulla qualità del lavoro e dei luoghi di lavoro stessi. Le tecnologie sviluppatesi negli ultimi anni, permettono sì un aumento di produttività ma anche un maggior controllo – e più facilità di punizione – dei lavoratori stessi, riducendo la qualità del lavoro. D’altra parte, questa rivoluzione tecnologica non ha solo risvolti sul sistema economico ma anche sulla società e sulla democrazia.
In breve, è fondamentale comprendere le dinamiche di questi processi per poter intervenire con istituzioni e politiche adeguate a mitigare gli effetti negativi dell’automazione sui lavoratori.
Le rilevazioni preliminari
L’impatto dell’automazione sul mercato del lavoro è un tema molto dibattuto. Alcuni economisti, come Sachs e Kotlikoff, hanno previsto un futuro in cui le macchine sostituiranno completamente il lavoro, portando a una forte diminuzione dei salari, soprattutto per i lavoratori meno qualificati. Un fenomeno simile, sostengono, a quello causato dalla globalizzazione.
Tuttavia, studi empirici offrono un quadro più complesso. Acemoglou e Restrepo in un lavoro del 2020, ad esempio, hanno analizzato l’impatto dei robot industriali negli Stati Uniti e hanno trovato una correlazione negativa tra l’aumento dei robot e l’occupazione e i salari. L’effetto sull’occupazione è più pronunciato nel manifatturiero e, soprattutto, nei settori in cui si adottano maggiormente i robot. Sono maggiormente colpite le mansioni routinarie e gli operai semplici. Inoltre, sottolineano come l’impatto dovuto all’introduzione dei robot sia notevolmente più grande di quello dato da altre tecnologie. Questo effetto è significativo anche tenendo conto di altri fattori come la globalizzazione e la delocalizzazione produttiva. Gli stessi autori in un lavoro del 2022, hanno documentato che il declino dei salari negli Stati Uniti degli ultimi 40 anni è ascrivibile per più del 50% proprio alle mansioni routinarie, colpite dall’automazione. Questo risultato spiegherebbe anche l’aumento dei divari salariali fra lavoratori qualificati e non.
D’altra parte, altri studi suggeriscono che l’automazione non porta necessariamente alla distruzione di posti di lavoro, ma piuttosto a una riallocazione delle attività tra macchine e lavoratori. I robot possono svolgere compiti ripetitivi e pericolosi, aumentando l’efficienza e la produttività dei lavoratori umani. Bessen, ad esempio, sostiene che l’automazione creerebbe nuovi posti di lavoro in settori più qualificati. Per quanto riguarda l’Unione Europea, Zierahn, Gregory e Arntz hanno stimato che l’informatizzazione ha portato a un aumento della domanda di lavoro. Solo recentemente ci sono stati lavori sull’impatto dell’IA su occupazione e salari. I dati però sono ancora pochi per capire se c’è un effetto sostituzione oppure di creazione di nuove tipologie di lavoro.
In generale, dagli studi possiamo dedurre che l’automazione sembra portare a una ridistribuzione dei posti di lavoro sia tra macchine e lavoratori, sia tra lavoratori qualificati e non qualificati. Mentre i lavoratori meno qualificati potrebbero subire un impatto negativo, i lavoratori altamente specializzati potrebbero beneficiare della creazione di nuovi posti di lavoro. Allo stesso tempo, si assiste a una riallocazione geografica del lavoro verso Paesi con un settore tecnologico più avanzato.
I possibili scenari
Tirando le somme, possiamo concludere che storicamente, le rivoluzioni tecnologiche hanno seguito un percorso a due fasi: un iniziale periodo di sostituzione del lavoro con le macchine, seguito da una fase di crescita dell’occupazione in nuovi settori. Purtroppo non sappiamo se ci troviamo ancora nella prima fase, dove l’impatto sul lavoro è più evidente. Ed è difficile prevedere quale sarà lo scenario futuro. La storia ci può insegnare ad esser meno pessimisti, ricordandoci che potremmo assistere a una combinazione di questi due scenari, con variazioni tra i diversi Paesi. Sicuramente il settore della robotica e lo sviluppo dell’IA svolgeranno un ruolo cruciale nel determinare (o meno) la creazione di nuovi posti di lavoro, sia direttamente che indirettamente. Sono però le istituzioni che possono permettere una migliore transizione, non solo limitando i danni ma aiutando i lavoratori già presenti nel mercato come le nuove generazioni ad affrontare con ottimismo le nuove sfide.
In un mio precedente lavoro ho delineato tre possibili scenari per il futuro che qui riporto brevemente.
- Scenario 1: Il dominio delle macchine
Nel peggiore degli scenari, l’intelligenza artificiale consente alle macchine di sostituire quasi tutti i lavoratori. Un numero esiguo di super-specialisti sarebbe sufficiente a produrre tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Ma cosa succederebbe a tutti gli altri? Senza lavoro, non ci sarebbe reddito e quindi la domanda di beni e servizi crollerebbe. Un’opzione potrebbe essere, tornando a Keynes, ridurre l’orario lavorativo per tutti, ma le conseguenze economiche e sociali di una simile misura sarebbero profonde. - Scenario 2: Liberi dal lavoro, ma verso l’ignoto
Storicamente, le macchine hanno sempre liberato l’uomo da lavori pesanti e ripetitivi. La rivoluzione industriale ha spostato le persone dall’agricoltura all’industria, e poi ai servizi. Il problema è che non sappiamo ancora quali saranno i nuovi settori che assorbiranno la forza lavoro in futuro. L’intelligenza artificiale sta automatizzando anche lavori complessi, come l’analisi dei dati e la contabilità, minacciando così un numero sempre maggiore di professioni. D’altra parte, sarebbe necessaria proprio quella riduzione dell’orario di lavoro auspicata da Keynes per catturare al meglio l’aumento di produttività. Inoltre, un ruolo chiave dovrebbe essere giocato dalle istituzioni in grado di guidare i cambiamenti verso un miglioramento della qualità della vita, per tutti. - Scenario 3: Il lavoro si concentra nelle megalopoli
Simile al secondo scenario, ma con un’aggravante: i nuovi posti di lavoro si concentrerebbero in poche grandi città, dove si producono le tecnologie più avanzate. Si creerebbe così un divario enorme tra queste megalopoli e il resto del mondo, con gravi conseguenze sociali ed economiche. Il concetto di “Paese sviluppato” e “Paese in via di sviluppo” potrebbe scomparire, lasciando il posto a una divisione tra coloro che vivono nelle città del futuro e coloro che rimangono ai margini.
[1] Il Kinect è un accessorio, sviluppato da Microsoft per la Xbox, che consente al giocatore di interagire con il videogioco senza la necessità di usare joystick o indossare guanti o altre apparecchiature. È la macchina che segui i movimenti.
Referenze iconografiche: Stokkete/Shutterstock