Partire dal traguardo

La prima prova scritta nell’Esame di Stato di I e II ciclo

Ragionare sulle peculiarità della prima prova scritta d’Esame può essere lo spunto per impostare un percorso di scrittura più funzionale sulla lunga durata e nell’ottica della cosiddetta “ripresa a spirale”.

Nella percezione comune, la prima prova scritta dell’Esame di Stato appare come il traguardo che, se varcato felicemente, dimostra l’acquisizione da parte degli alunni e delle alunne delle varie competenze richieste. La prospettiva può però essere utilmente ribaltata: la prima prova, ovvero le indicazioni che su di essa sono state fornite dal gruppo di lavoro guidato da Luca Serianni, può essere non solo il traguardo ma anche e soprattutto il punto di partenza per impostare nel modo più funzionale un percorso di scrittura sulla lunga durata e nell’ottica della cosiddetta “ripresa a spirale”.

 

Per un curricolo di scrittura verticale

Le Indicazioni per l’Esame finale del II ciclo sono state diffuse nel 2019, a un anno di distanza da quelle elaborate dallo stesso gruppo di lavoro per la prova scritta di Italiano dell’Esame conclusivo per il I ciclo, e la forte coerenza che caratterizza i due documenti permette di ragionare nell’ottica di un curricolo verticale che presuppone ripensare l’insegnamento della lingua e letteratura italiana nell’arco di otto anni, non più con la scansione tradizionale: tre del I ciclo + due del primo biennio + tre del secondo triennio del II ciclo. Purtroppo la scomparsa di Luca Serianni ha privato troppo presto la scuola di una mente lucidissima e con una notevole sensibilità per la didattica, ma la strada da lui tracciata con tanta autorevolezza e convinzione è ormai aperta e tante generazioni di suoi allievi effettivi o elettivi, sia nel mondo accademico sia in prima linea nelle classi, continuano a portare contributi significativi perché la lingua italiana, con un diffuso impegno nel rinnovamento della didattica e un’assunzione di responsabilità sempre più condivisa, diventi una competenza di cittadinanza sicura e irrinunciabile.

Un curricolo di scrittura verticale:

  • avrebbe il vantaggio di ottimizzare il tempo a disposizione, riservando a ciascuna fascia di età la parte più adeguata alle diverse capacità cognitive dei ragazzi e delle ragazze rispetto al percorso complessivo;
  • eviterebbe inoltre il pericolo della noia e della disaffezione per il ripetersi ciclico degli stessi contenuti e temi (una crux è la grammatica, che viene spesso ripresentata con lo stesso approccio a distanza di pochi anni).

A proposito del tempo a disposizione, va detto che se si individuano obiettivi realistici, circoscritti e ben definiti non risulta poi impossibile selezionare, anche drasticamente, i contenuti e le attività da proporre alla classe e riorganizzare la didattica concentrandosi sulle competenze testuali fondamentali, che sono oltretutto trasversali e possono quindi avvalersi anche della collaborazione tra i vari insegnamenti.

 

Scrivere per imparare a scrivere

Un luogo comune da sfatare è che per imparare a scrivere sia sufficiente leggere molto: leggere porta di sicuro a impadronirsi di parole nuove e di idee, che certamente hanno un ruolo importantissimo nel momento in cui ci si dedica alla scrittura. Ma per imparare a scrivere si deve soprattutto scrivere, aggiungendo alla fase consueta della stesura e della correzione quella dell’abitudine alla pianificazione (non solo la classica “scaletta”, ma qualcosa di più articolato) e alla revisione del proprio elaborato. Quest’ultimo aspetto, a mio modo di vedere, è quello attualmente più penalizzato: la verifica scritta (soprattutto all’Esame) viene svolta in poche ore, senza la possibilità di consultare fonti né di far passare il tempo necessario per rileggersi con la dovuta “distanza”, né tanto meno di far rivedere da un lettore esterno il proprio testo, sulla base delle cui osservazioni poi procedere a interventi migliorativi. Una modalità richiesta dalle circostanze oggettive, certo, ma completamente diversa da come la scrittura viene poi praticata concretamente nella vita lavorativa e associata.

 

Praticare testi non letterari

È auspicabile l’incremento della presenza di testi non letterari per le competenze di comprensione, riassunto e manipolazione ai fini dell’arricchimento lessicale ed esercizio sulla sintassi e su forme di scrittura alternativa a quella del tema-saggio. Riassunto, riscrittura e altre forme di manipolazione del testo hanno infatti il vantaggio di richiedere forte attenzione a buoni modelli, che necessitano di essere compresi e analizzati a fondo prima di procedere alla rielaborazione, e aiutano a bypassare l’eterno problema del “non avere idee” per concentrarsi invece sulla scrittura tout court. In particolare il riassunto, tuttavia, se serve a imparare a distinguere le informazioni fondamentali e a gerarchizzarle, andrebbe esercitato su testi non letterari: come si fa, infatti, a “togliere il superfluo” da un testo letterario?

Le attività di scrittura da praticare per raggiungere una buona padronanza testuale complessiva sono diversificate, spesso proficuamente ancorate a un testo di partenza da comprendere, e non consistono necessariamente in un testo disteso (a questo riguardo, va ricordato che la scrittura oggi non può prescindere dalla capacità di organizzare liste ed elenchi, per arrivare ai quali la selezione e gerarchizzazione delle informazioni praticata nel riassunto si rivela importantissima, né dalla capacità di costruire titoli espliciti e accattivanti oppure di saper scegliere le parole-chiave più efficaci).

 

Quali competenze sviluppare

Le competenze di lingua, in generale, non sono da ridurre alla pur fondamentale correttezza grammaticale e agli aspetti espressivi, ma sono strettamente connesse a quelle logico-argomentative, recuperando il senso del logos così come lo intendevano i Greci: il pensiero che prende forma, prima di tutto interiormente, attraverso la capacità di verbalizzarlo. Un aspetto importante è anche l’adeguatezza del registro alla situazione comunicativa: e su questo la competenza dei ragazzi va costruita in modo costante e portando l’accento soprattutto sul registro colloquiale, ammissibile solo in contesti ristretti e per lo più personali (e invece molto presente negli autori che oggi riscuotono maggior successo tra i giovani), e sulle insidie del linguaggio burocratico, che viene spesso sentito come il modello “illustre” da imitare ma che il più delle volte porta invece a risultati goffi se non grotteschi: le sempre attuali pagine di Calvino sull’antilingua del brigadiere dovrebbero entrare di diritto nel canone dei testi da leggere a scuola, e l’insegnamento dell’Educazione civica potrebbe esserne la collocazione più adeguata.

 

Continuità delle prove finali dei diversi cicli

In apertura ho ricordato la coerenza riconoscibile nelle prove finali di I e II ciclo: comuni a entrambe sono l’attenzione riservata al testo, sia in quanto punto di partenza (e quindi comprensione, analisi, restituzione in forma più sintetica) sia in quanto frutto della produzione personale, e la verifica di competenze anziché della conoscenza di contenuti (questo è evidente in particolare nell’analisi del testo letterario, che non deve necessariamente essere noto per poter essere compreso e analizzato in modo soddisfacente).

Un altro elemento di continuità è la possibilità di sostenere la prova scritta conclusiva attraverso tipologie testuali diversificate e tali da valorizzare al meglio le attitudini di ragazzi e ragazze.

Utile ricordare anche il forte accento posto sulla cura necessaria nel formulare le tracce: devono essere chiare, contenere preferibilmente indicazioni operative puntuali utili a guidare il lavoro di studenti e studentesse, le richieste non devono essere rivolte a saggiare la conoscenza di aspetti tecnici troppo minuti e alla fine poco significativi ma devono portare alla comprensione puntuale e approfondita del testo e alla successiva produzione autonoma partendo dalle premesse migliori. La formulazione delle tracce, evidentemente, non è intesa come appannaggio solo dei funzionari ministeriali che nel II ciclo le predispongono per l’Esame, ma anche e soprattutto degli insegnanti che lungo tutto il percorso portano le classi a esercitarsi nel processo della scrittura.

 

Tipologie per riflettere in modo critico e consapevole

Può essere utile anche richiamare le caratteristiche delle varie tipologie e ragionare su quali siano le competenze specifiche per ciascuna di esse:

  • nell’Esame del I ciclo, la tipologia A richiede, partendo da un testo che stimoli e guidi la personale creatività, di elaborare un testo narrativo e descrittivo;
  • nell’Esame del II ciclo, la tipologia C prevede un testo d’appoggio riguardante temi di attualità a partire dal quale riflettere criticamente con un elaborato di carattere espositivo-argomentativo.

Le due richieste, evidentemente graduate rispetto all’età, risultano piuttosto simili, e la creatività degli adolescenti diventa la capacità di riflettere in modo critico e consapevole utilizzando in maniera autonoma il patrimonio di conoscenze acquisito attraverso il percorso scolastico e quello di arricchimento culturale personale. Per affrontare al meglio questa tipologia, è essenziale che i ragazzi e le ragazze abbiano familiarità con la scrittura di testi abbastanza lunghi e articolati, il che presuppone la capacità di costruire delle solide “architetture” e di svilupparle attraverso una lingua particolarmente ricca e appropriata e con uno stile vivace e il più possibile personale. Naturalmente, il giovane adulto che sceglie la tipologia C all’Esame di Stato deve poter contare anche su un bagaglio di conoscenze e idee che sia la scuola sia la curiosità personale gli avranno fornito nel tempo, e deve anche avere – se è il caso, non certo per esibizionismo o provocazione – la capacità di andare controcorrente per affermare il suo punto di vista.

Ecco, sono forse questi gli obiettivi a cui maggiormente la scuola dovrebbe tendere per formare cittadini consapevoli e responsabili: “Stay hungry, stay foolish” esortava Steve Jobs una ventina d’anni fa nel famoso discorso agli studenti dell’università di Stanford, e la fame di conoscenza non disgiunta dal pizzico di follia necessario per affrontare le grandi sfide e osare i grandi cambiamenti è proprio quello di cui i giovani che hanno vissuto il dramma della pandemia sembrano aver maggiormente bisogno.

 

Tipologie per argomentare

La tipologia B prevede, tanto nel I quanto nel II ciclo, la stesura di un testo argomentativo:

  • nell’Esame del I ciclo, il testo richiesto prevede che venga esposta una tesi ma questa non deve essere sostenuta necessariamente con argomenti derivanti da una convinzione personale, è ammesso anche il ricorso ad argomenti noti;
  • nell’Esame del II ciclo, la richiesta è ovviamente più complessa e prevede sia il riconoscimento degli snodi argomentativi in un testo d’appoggio sia una riflessione critica corroborata dalle conoscenze acquisite nel corso degli studi.

Nel caso del testo argomentativo, va da sé che il requisito fondamentale è la capacità di cogliere tesi e argomenti a favore o contrari, di riconoscere con chiarezza gli snodi concettuali e di costruire un percorso argomentativo chiaro, lineare e coerente. Gioverà avere particolarmente chiara anche l’importanza dei connettivi, sia per riconoscere che per costruire la struttura dell’argomentazione; e accanto ai connettivi logici che evidenziano i vari passaggi del ragionamento (causa, aggiunta, analogia o differenza, possibile alternativa ecc.) vanno tenuti ben presenti anche quelli d’ordine, essenziali per “ritmare” il testo e scandirlo in maniera adeguata. Non guasterà infine un po’ di armamentario retorico, «di quello buono» direbbe Manzoni, per dare spessore e originalità all’argomentazione.

 

Tipologie per analizzare

La tipologia C del I ciclo consiste nella comprensione e sintesi di un testo, letterario o non letterario; a questa tipologia si avvicina molto la A del II ciclo, che presuppone però un deciso taglio letterario e la conseguente padronanza anche degli strumenti tecnici per l’analisi del testo e delle conoscenze necessarie per contestualizzarlo nel suo tempo e nella relativa cultura.

Nel caso del I ciclo, verrà in aiuto dei ragazzi soprattutto l’abitudine alla lettura e l’attenzione al significato figurato accanto a quello referenziale, e se qualcuno è dotato di una fantasia particolarmente vivace troverà in questa tipologia la più consona a esprimerla e valorizzarla. Sempre il linguaggio figurato richiede una buona dose di attenzione nella didattica della lingua perché ai giovani d’oggi, concentrati piuttosto sulla referenzialità che sulla ricchezza del linguaggio e la ricerca dei significati non immediatamente evidenti, manca la conoscenza non solo delle parole ma soprattutto di molte espressioni e modi di dire che racchiudono invece significati sfaccettati e anche aspetti della nostra cultura che rischiano di andare perduti.

 

A proposito della valutazione

Per concludere, vorrei dedicare qualche parola anche alla valutazione, a partire dalla griglia fornita dal Ministero per l’Esame del II ciclo, per più di un aspetto maldestramente elaborata rispetto ai suggerimenti del gruppo di lavoro degli esperti. In attesa di un’auspicabile revisione, non resta che affidarsi al buon senso di chi applica la griglia per limitare i danni derivanti da ridondanze e vistose mancanze (es. lo spirito critico non adeguatamente considerato nella tipologia C), nonché dalla collocazione sbagliata di indicatori, come la punteggiatura che viene presentata attualmente come elemento di correttezza grammaticale anziché di organizzazione logica.

Inoltre, se all’Esame di Stato la valutazione ha evidentemente l’obiettivo di valutare la prova, nel corso degli anni dovrebbe essere – anche e soprattutto – un momento utile per la formazione della consapevolezza, dell’autovalutazione e anche della gratificazione dei ragazzi: la tendenza è quella di prendere in esame soprattutto gli aspetti da correggere e migliorare, ma sarebbe molto utile riconoscere e valorizzare anche le scelte felici in termini di efficacia espressiva e personalità dello stile.

Sempre a proposito della valutazione, infine, non dobbiamo pensare sempre e comunque a un aggravio di lavoro per l’insegnante: questa figura è insostituibile per quanto riguarda la correttezza linguistica e la qualità dei contenuti, ma per quanto attiene al riconoscimento della piacevolezza dello stile, dell’efficacia comunicativa e della solidità del testo in termini di struttura anche i ragazzi stessi sanno essere ottimi giudici e riescono spesso a far passare nei loro pari riflessioni e consapevolezze molto più efficaci rispetto a quanto possa fare la valutazione dell’insegnante, malgrado l’impegno e la buona volontà che questi profonde nell’ attività forse più impegnativa e meno gratificante del suo lavoro.

Referenze iconografiche: Monster Ztudio/Shutterstock

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Bianca Barattelli

Ha insegnato Italiano e Latino nei licei e ha lavorato per diversi anni come lettore del Ministero degli Esteri nelle Università di Cracovia, Tubinga e Monaco di Baviera. Collabora con case editrici del settore scolastico, si occupa di formazione e ha una lunga esperienza nella didattica della scrittura, su cui ha pubblicato numerosi contributi, tra cui il volume Scrivere bene (il Mulino, 2015).