L’apprendimento è visibile

Strategie per favorire la comprensione profonda

Per essere efficace, l’apprendimento deve essere visibile all’insegnante, alle studentesse e agli studenti. Vediamo quindi come applicare il Visible Learning, le Thinking Routine e il modello SOLO nella didattica, con alcuni esempi sui Promessi sposi, sul Barocco in Letteratura e sulla Rivoluzione industriale.

Al di là dell’annosa polemica sull’efficacia del digitale in classe, resta il fatto che l’uso pervasivo del digitale fuori dalla classe sta modificando in modo significativo le attitudini mentali dei ragazzi e delle ragazze. I neuroscienziati parlano di un ridotto sviluppo della corteccia prefrontale, ovvero di quella parte del cervello che presiede alla concentrazione e ci permette di organizzare informazioni complesse, pianificare e prendere decisioni, mentre gli psicologi denunciano un aumento del disagio emotivo, dovuto in parte alla mancanza di relazioni di scambio durevoli e reali, fondamentali per la costruzione della propria identità, e in parte a un eccesso di stimoli emotivi, cognitivi, visivi troppo complesso da processare.
Ecco perché sta diventando sempre più urgente aiutare studentesse e studenti a sviluppare capacità come il saper prendere decisioni informate, vagliando le diverse ipotesi, il saper operare scelte adeguate tenendo conto dei dati di realtà, il saper cogliere e accogliere il punto di vista dell’altro, l’affrontare i problemi in modo creativo e fiducioso, l’essere consapevoli del proprio valore ma anche dei propri limiti e soprattutto l’accettare di stare nella complessità e nell’incertezza, attitudine questa molto difficile da sviluppare a ogni età, figuriamoci nell’adolescenza.

Dall’insegnamento all’apprendimento

L’altra urgenza educativa di cui troppo poco si parla, soprattutto nelle realtà scolastiche ad “alto rendimento disciplinare” (studenti performanti, pochissima dispersione scolastica), è il fatto di spostare l’attenzione dall’insegnamento all’apprendimento, ovvero l’urgenza di misurare il successo dell’insegnante non tanto dal valore, dalla profondità, dalla ricchezza della sua didattica, quanto dall’effettivo apprendimento dei suoi studenti e delle sue studentesse.
Questo slittamento di prospettiva apparentemente banale è ciò su cui si fondano le teorie del Visible Learning (VL) di John Hattie e del Visible Thinking (VT) di Project Zero. L’aggettivo visible, “visibile”, comune a queste due strategie di apprendimento (entrambe rifiutano l’appellativo di “metodologia”) è la chiave di volta del profondo cambiamento di prospettiva didattica richiesto da entrambe. L’apprendimento deve essere visibile non solo al docente (questa non sarebbe una novità), ma soprattutto al discente. Attraverso quali strumenti?

I criteri di successo

Prima di tutto, l’apprendimento diventa visibile attraverso l’esplicita e condivisa esposizione di quelli che Hattie chiama i “criteri di successo”, ovvero i livelli di prestazione che studentesse e studenti devono ottenere per dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi di apprendimento. In altre parole, i criteri di successo descrivono le caratteristiche delle prestazioni attese e stabiliscono i parametri per la valutazione della loro performance. Condividere con la classe, all’inizio di una lezione o di un’UDA, oltre agli obiettivi di apprendimento, i criteri di successo e i relativi criteri di valutazione consente a studentesse e studenti di focalizzare la propria attenzione su ciò che è importante e di lavorare in modo più mirato per raggiungere gli obiettivi di apprendimento prefissati.
Inoltre, definire i criteri di successo può anche motivare gli studenti a impegnarsi maggiormente nel corso della lezione, poiché li aiuta a vedere i risultati che possono raggiungere nell’immediato e a capire in che modo il loro impegno può portare a risultati concreti.
Costruire i criteri di successo non è compito facile, perché prevede un cambio di paradigma profondo per noi insegnanti, ovvero il passaggio da “cosa è importante che gli studenti sappiano” a “cosa devono essere in grado di fare per dimostrare di avere appreso”. Emerge così di nuovo la centralità dell’apprendimento e, al contempo, la necessità di definire che tipo di apprendimento stiamo chiedendo.

La comprensione profonda

A questo punto mettiamo a tema un altro concetto chiave del Visible Learning, ovvero l’idea di “comprensione profonda”. Rispetto alla tassonomia di Bloom che vede la comprensione come una delle varie fasi dell’apprendimento, per Wiggins e McTighe, creatori del modello Understanding by Design, la comprensione profonda è il punto di arrivo dell’apprendimento stesso. Ma le differenze non finiscono qui. Mentre la tassonomia di Bloom si concentra principalmente sui processi cognitivi necessari per comprendere, applicare e creare, Wiggins e McTighe enfatizzano il trasferimento e l'uso delle conoscenze in contesti nuovi, anche attraverso forme insolite di apprendimento, come l’empatia e la riflessione su di sé. Gli autori individuano, infatti, sei aspetti chiave (o "lenti") della comprensione profonda che sono:

  1. Spiegazione: essere in grado di fornire spiegazioni articolate e ragionate su un concetto.
  2. Interpretazione: interpretare idee e situazioni in modo personale e significativo.
  3. Applicazione: saper applicare conoscenze in situazioni nuove o non familiari.
  4. Prospettiva: essere in grado di vedere un concetto da diverse angolazioni o punti di vista.
  5. Empatia: comprendere i sentimenti e le esperienze di altri, considerando prospettive altrui.
  6. Autovalutazione: riflettere sul proprio apprendimento, riconoscendo punti di forza e debolezze e imparando dai propri errori.

Gli stessi autori si concentrano poi su ciò che lo studente dovrebbe saper fare in rapporto a ognuna delle sei lenti della comprensione, come spiegato in dettaglio nell’allegato Le sei lenti della comprensione profonda. Si tratta di un ottimo punto di partenza per la costruzione dei criteri di successo, che si completeranno poi quando, per ognuna di queste “azioni del pensiero”, verranno indicati agli studenti l’esatto contesto e gli eventuali strumenti attraverso cui ciascuno dovrà dimostrare di aver acquisito una specifica capacità.

→ Esempio

Prendiamo un capitolo dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, per esempio il capitolo 3. Tra i criteri di successo che permettono a noi e allo studente di verificare se è effettivamente in grado di “spiegare” come si sono svolti i fatti potremmo chiedergli di identificare quali sono i punti chiave del capitolo e poi, attraverso un riassunto, metterli in relazione con lo svolgersi della vicenda narrata fino a quel punto, giustificando la scelta.
Invece, per verificare se lo studente è in grado di “interpretare”, si potrà chiedere di descrivere il significato simbolico assunto da alcuni elementi presenti nello studio di Azzeccagarbugli (le gride, la toga consunta, il disordine…) o dal riferimento al dono portato da Renzo (i capponi), cercando di collegare i valori simbolici o le caratteristiche dei personaggi a vicende legate al momento storico attuale.

Modello SOLO

Un altro strumento, più facile da utilizzare per la creazione dei criteri di successo, è il modello SOLO (Structure of the Observed Learning Outcomes) di Biggs e Collins https://www.johnbiggs.com.au/academic/solo-taxonomy/. Secondo questo modello, l’apprendimento dovrebbe avvenire attraverso diversi step, ognuno dei quali con un livello di complessità maggiore rispetto al precedente. Ecco i quattro livelli previsti dal modello SOLO.

  1. Monostrutturale: il discente comprende solo alcuni aspetti del contenuto, ma la sua comprensione è limitata e frammentaria.
    Azioni associate: identificare, definire, descrivere semplici procedure.
    Esempio: il discente è in grado di individuare i personaggi principali del capitolo 3 dei Promessi sposi e in quali luoghi si svolge, sa che il capitolo è inserito all’interno della prima parte del romanzo, ma non riesce a collegare questo capitolo e le sue vicende a una visione più ampia o ai temi dell'opera.
  1. Multistrutturale: il discente è in grado di identificare e comprendere più aspetti del contenuto, ma li considera separatamente, senza collegarli tra loro. La comprensione è ancora frammentata.
    Azioni associate: associare, descrivere, elencare, classificare, spiegare procedure più complesse.
    Esempio: il discente è in grado di descrivere gli elementi presenti nella scena del dialogo tra Renzo e Azzeccagarbugli, il ruolo dei vari personaggi e il valore del riferimento ai capponi, sa associare questi elementi a un’interpretazione simbolica, ma non riesce a vedere come questi elementi siano integrati nel tema complessivo del romanzo.
  1. Relazionale: il discente è in grado di collegare i vari aspetti del contenuto tra loro, creando una comprensione più integrata e coerente.
    Azioni associate: analizzare, applicare, dedurre, spiegare, giustificare, confrontare, mettere in relazione, mettere in discussione.
    Esempio: da alcuni elementi presenti nella descrizione dello studio di Azzeccagarbugli, lo studente è in grado di dedurre il fatto che l’avvocato rappresenti un certo tipo di giustizia corrotta e al servizio dei potenti e sa mettere in relazione questo concetto con il valore simbolico dell’intera vicenda. 

  2. Astratto esteso: il discente è in grado di estendere la propria comprensione, applicando i concetti appresi a contesti più ampi e riflettendo in modo critico su di essi. A questo livello, lo studente può trarre generalizzazioni e valutazioni critiche che vanno oltre il testo specifico, collegando il contenuto a questioni universali o contemporanee.
    Azioni associate: creare, formulare, generalizzare, ipotizzare, riflettere, teorizzare.
    Esempio: lo studente è in grado di individuare i significati simbolici delle vicende narrate nel romanzo, che vanno al di là dell’interpretazione letterale, e riesce a rileggerli in chiave moderna (per esempio, interpretare la vicenda di Gertrude come un esempio di adolescente che deve fare i conti con un’educazione rigida, con una volontà negata o con scelte imposte dai genitori), trovando analogie nella letteratura successiva a Manzoni (per esempio con Il giovane Holden di J.D. Salinger o La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano o ancora L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio).

Le Thinking Routine

Un altro potentissimo strumento al servizio della comprensione profonda sono le Thinking Routine di Project Zero. Come dice il nome, sono di fatto “routine di pensiero” ovvero delle attività che si riducono per lo più a delle sequenze di domande o riflessioni da fare in classe ogni volta che:

  • si affronta un nuovo argomento;
  • si vuole esplorare meglio un argomento già trattato;
  • si vuole riflettere sulle diverse prospettive da cui un argomento può essere analizzato.

Il loro uso, che deve essere necessariamente continuo e regolare, mira a costruire degli automatismi di apprendimento che lo studente dovrebbe essere in grado di richiamare ogni volta che si trova ad affrontare un nuovo compito in autonomia.

In realtà, molte delle domande proposte dalle 83 Thinking Routine sono domande che già poniamo abitualmente in classe. Quello che rende queste stesse domande così potenti ai fini dell’apprendimento è proprio l’aspetto routinario, ovvero il fatto di scegliere una particolare routine, di utilizzare quella e solo quella routine in ogni frangente che lo richieda e il fatto di rendere tutta l’operazione un momento di lezione “manifesta”. Lo studente deve avere l’impressione di partecipare a una sorta di rituale didattico, come possono essere la verifica in classe, l’appello o le esercitazioni di gruppo.

L’uso delle routine abbraccia diverse attività del pensiero:

  • ragionare con prove;
  • creare connessioni;
  • scoprire la complessità;
  • cogliere l’essenza;
  • costruire spiegazioni;
  • descrivere i dettagli.

Tutte queste attività prevedono che studentesse e studenti imparino a porsi domande significative e ad ascoltare il punto di vista degli altri.

Due esempi di Thinking Routine utili per l’italiano: The 4 C’s - Layers

Per strutturare una discussione a partire da un testo, la routine The 4 C’s suggerisce, per esempio, di invitare gli studenti a rispondere alle seguenti domande:

  1. Connessioni (Connections): Quali collegamenti stabilisci tra il testo e la tua vita o le tue altre esperienze di apprendimento?                            
  2. Sfida (Challenge): Quali idee, posizioni o presupposti vuoi mettere in discussione o contestare nel testo?
  3. Concetti (Concepts): Quali concetti o idee chiave del testo ritieni importanti e degni di nota?
  4. Modifiche (Changes): Quali cambiamenti di atteggiamento, pensiero o azione vengono suggeriti dal testo, per te o per gli altri?

Altrettanto interessante per chi insegna letteratura italiana può essere la routine dal titolo Layers, che invita gli studenti a cogliere in un testo, in un video, in un quadro, in una foto i seguenti “strati”:

  1. il piano narrativo: la storia, la storia passata, la storia nascosta, il messaggio.
  2. il piano estetico: l'attrattiva, la ricompensa, l'abilità o padronanza, il nuovo/diverso/insolito.
  3. il piano strutturale: la tecnica, la forma, la struttura, le forme retoriche.
  4. la dinamica: la sorpresa, la tensione, l’emozione, il movimento.
  5. i collegamenti: ad altre opere (dentro e fuori il medium/genere), alla storia, a se stessi, ad altre opere dell'artista o alla sua vita personale.

Schede di progettazione

Per tirare le fila di tutti i modelli analizzati, proponiamo di seguito due schede di progettazione didattica secondo il modello SOLO:

  1. Storia: la Rivoluzione industriale, a cura di S. Annaratone e S. Dotti - Scarica l'allegato >> 
  2. Letteratura italiana: il Barocco, a cura di C. Piazzalunga e S. Annaratone - Scarica l'allegato >> 

Sono corredate della Thinking Routine più adeguata e di quella che il Visible Learning chiama “attività sfidante”, ovvero una forma di verifica, non sempre usuale, pensata in termini di leva motivazionale al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento da parte di studentesse e studenti. 

Referenze iconografiche: DOERS/Shutterstock

Silvia Annaratone

Laureata in matematica con un Dottorato di ricerca in Storia della Matematica e un Master in Comunicazione Scientifica. Parallelamente alla sua attività di docente nella Scuola secondaria di secondo grado e all'università, si è occupata per anni di comunicare la scienza attraverso diversi canali e ha pubblicato su importanti testate italiane, tra cui il “Corriere della Sera”, “Geo”, “Focus”, “Airone”. Da una decina di anni è formatrice; ha collaborato con il Politecnico di Milano per la creazione di progetti educativi destinati ai più piccoli e da quattro anni fa parte delle Équipe Formative Territoriali della Lombardia.